Alcuni amici, lettori delle mie note, più che limitarsi a fare dei commenti, mi hanno posto, questa volta, delle domande ben precise, cui tenterò di dare risposta. Uno di essi, Gianni, mi chiede, in buona sostanza, di contribuire a chiarire dove siano finiti, dove si siano nascosti i liberali in Italia. Testualmente (cito alla lettera) “dove sono a Roma, dietro casa, tra noi? Se ci sono, se esistono dove sono finiti? E se esistono perchè non si fanno vivi? Ed eventualmente, visto che sono rimasti la sola speranza per un futuro decente del popolo italiano, a chi si devono rivolgere? A quali referenti? In quali ambiti? Con quali modalità? Scusami, per questo piccolo sfogo, ma proprio perchè concordo pressochè integralmente con tutto quanto pensi, scrivi e condividi, sono non proprio politicamente depresso, ma decisamente perplesso, di certo. Se il pensiero liberale, almeno quì, è relegato tra gli over 75, popolazione intellettualmente ancora vivace ma operativamente in quiescenza, che speranza di rivoluzione culturale e politica hanno questo benedetto paese, noi stessi, i nostri figli ed i nostri nipoti?”
Fin qui, Gianni. Tento di dare una risposta esaustiva, evitando (da subito) un equivoco. E’ proprio tra gli over 75che un pensiero “autenticamente” liberale non c’è mai stato, non c’è e non può esserci. Il liberalismo non è una dottrina astratta, non è figlio di un’idea, non si pone un ideale vago, chimerico da perseguire: nasce dal bisogno di risolvere i problemi concreti dell’esistenza umana, sia personale sia collettiva, nel voluto rispetto, il più rigoroso possibile, della libertà dell’individuo. Si basa sull’esperienza e fa leva sul pragmatismo. In tempi lontani, si è nutrito dell’empirismo greco-romano, del permissivismo religioso pagano; in tempi più recenti, dopo la sua chiara divulgazione dovuta alla penna di Lucrezio Caro (idest: alla “scoperta” del De rerum natura) ha messo le sue radici nell’ Inghilterra di Hume, di Berkeley, di Locke, di Hobbes, favorito dal calvinismo anglicano di cui Somerset Maugham, nel Velo dipinto (The painted veil), fa dire a un suo personaggio: “Se appartiene alla Chiesa d’Inghilterra vuol dire che non crede quasi a niente”.
Domanda: Perché nell’Europa continentale dalle pretese radici giudaico-cristiane e dalle disconosciute origini greco-romane, il liberalismo non può nascere? E, difatti, perché non è mai nato? Perché gli Europei della terraferma continentale e non insulare oltre a subire l’assolutismo religioso professato e divulgato da due dei tre profeti del monoteismo mediorientale (i noti “malfattori” dell’umanità del Trattatodi Baruch Spinoza) hanno “sposato” anche l’assolutismo e l’autoritarismo di Platone che li ha convinti a credere nell’astrattezza dell’Idea, più che nella concretezza dell’esperienza. Li ha convinti, in altre parole, di credere più che nella realtà verificabile, nella fantasia e nei sogni (in altre parole: mondo iperuranio in aggiunta al regno dei cieli).
Ora se il liberalismo non vuole essere una dottrina che manchi di corrispondenze concrete o di controprove desunte dalla realtà che ci circonda, se vuole operare come un metodo per risolvere pragmaticamente i problemi dell’individuo e della società, della polis, se non vuole rifugiarsi nell’irrazionale, abbandonando la logica, non può basarsi sull’idealismo astratto sia esso religioso o filosofico. Checché ne dicano i suoi fanatici fautori, gli “ideali”, sconnessi dal “reale”, si rivelano sempre ingannevoli, spesso utopici e irrangiungibili, e altrettanto spesso ( specie negli ultimi tempi) falsi e truffaldini.
Ora, se gli aspiranti liberali eurocontinentali hanno assistito al massacro della libertà che le ideologie, religiose e filosofiche, hanno compiuto nel corso di due millenni; se sono consapevoli delle distruzioni reciproche interreligiose, dei genocidi compiuti in America Centrale (e non solo), del terrore, delle ghigliottine e delle decapitazioni eseguite coram populo, in nome di un ideale (e ciò, dopo la temporanea “vampata” di un illuminismo che, a dispetto del propagandistico nome, ha spento le luci per l’umanità anziché accenderle , come sostengo ne “Le luci spente dell’illuminismo”), dell’idealismo post-hegeliano che ha generato i due mostri del secolo breve (fascismo e comunismo)… come possono sperare che un liberalismo possa nascere nella terra che da due millenni soggiace al fideismo religioso e al fanatismo politico più endemico, senza l’ombra di un pensiero veramente libero e non condizionato da dogmi di varia natura? Un pensiero servente e servile può essere posto a base della “Libertà”?
Fermiamoci all’Italia. Quando Giacomo Leopardi conobbe a Firenze “gli ideali risorgimentali” dei liberali dell’epoca rimase allibito. Oggi sappiamo che erano al servizio degli interessi inglesi e francesi e dei Sabaudi, gli unici regnanti (sul mercato degli acquisti) disponibili a sposare, senza riserve, l’idea di contribuire a contenere, con aiuti più o meno velati, la potenza dell’Austria nel Continente. Erano quelli i liberali di cui oggi avvertiamo la mancanza, caro Massimiliano?
E quale è stato il contributo dei liberali italiani nel dopoguerra se non quello di porsi al servizio acritico di una Confindustria che poi ha subito il calo produttivo nazionale derivante dalla politica dell’Unione Europea e dalla moneta unica, senza cercare neppure di capirne le ragioni e protestare?
All’ amico Massimiliano che mi chiesto perché non ci poniamo in linea con il liberalismo europeo, rispondo che i nostri liberali anti-sovranisti sono sulla stessa, identica linea servile (nei confronti dei cristiano-sociali, democristiani, socialdemocratici e comunisti) di Germania, Francia e via dicendo. Come loro, sostengono (anzi, probabilmente, senza alcun tornaconto e per pura ingenuità politica) lo strapotere delle banche, lesivo sia della libertà economica della nostra collettività (cui si nega di fare investimenti) sia di ciascun individuo legato alla propria storia, ai propri usi e costumi (che non vuole vedere stravolti da un’immigrazione selvaggia, diretta a mantenere in vita industrie moribonde che, senza nuovi schiavi a bassa paga, non riescono a pagare i ratei dei mutui che sono stati indotti a stipulare con istituti di credito).
La speranza, allora, è che un diverso, nuovo, opposto liberalismo, senza alcun legame con gli “Idealisti” della nostra tradizione cosiddetta culturale (e senza alcuna vicinanza ideologica nè al Cristianesimo, ritenuta la più pura delle dottrine morali, né al Comunismo, soprattutto gramsciano), possa nascere e diffondersi tra i giovani. Questi, anche per ragioni anagrafiche e per i benefici di una cultura storica non più soltanto accademica e cinematografica non più dominata dalle major ebraiche, possono mettere in discussione sia i dogmi della cosiddetta “fede” (collegandola all’origine dello IOR e del suo gigantesco potere finanziario) sia le “verità salvifiche” dei fanatismi ideologici (fascisti e comunisti, i cui profitti di regime non rappresentano una novità per nessuno).
Il liberalismo, è ora di ammetterlo senza finzioni, non può essere che laico, concreto, a-ideologico e pragmatico. I cattolici-liberali sono una contraddizione in termini: amare la libertà di pensare fino quando un Mistero insondabile, una Verità indiscutibile, perchè rivelata (nientedimemo che) da Dio ci tappi la bocca e oscuri la mente è un puro non sense. Come lo è l’utopia politica, cibo per menti e anime sofferenti, perché ammalate e bisognose di fantasie. La realtà è quella che è ed è su essa che un uomo libero deve operare: non sulla credenza di popoli che si ritengono uber allesper predestinazione divina né sui sogni di un’umanità di eguali. Sulla propaganda degli imbonitori della politica, veri “Dulcamara” di droghe pericolose quanto quelle vendute dai pusher, si creano solo castelli di carta che crollano al primo soffio di vento.
Ciò che maggiormente sorprende, nel Paese che pure fu di Machiavelli, di Galilei e di Leopardi (a tacer d’altri), è la meraviglia degli Italiani di fronte all’ovvio. Il loro pervicace rifiuto di applicare il raziocinio e la logica è sconcertante. “La produzione industriale è ancora in calo”: titolano, oggi, nella loro stragrande maggioranza, i giornali del Bel Paese, senza che gli autori delle note si diano carico di spiegare che senza investimenti la crescita modestissima dei manufatti e dei servizi è una conseguenza del tutto inevitabile; e che la mancanza di trasformazione del risparmio italiano in capitale produttivo deriva dall’alta tassazione e dalla destinazione del denaro, sottratto alle tasche dei contribuenti, a garantire il pareggio di bilancio e le misure di austerity, imposteci dall’Unione Europea, vero capestro per tutti gli Stati-membri.
Gli Stati caduti sotto l’influenza politica e, per così dire, “culturale” di aree non rispondenti, politicamente, a quelle direttamente volute e votate dalla popolazione – e che un tempo si definivano “colonizzati”- non hanno mai avuto vita facile e la loro ribellione è stata sempre resa difficile dalla soverchiante potenza di chi li governava attraverso i “missi dominici”; che, sempre tempo addietro si chiamavano “vicerè” e che, oggi, data la diarchìa femminile imperante a Bruxelles, nel Reame dell’Unione Europea si dovrebbero chiamere “viceregine”).
Conclusione: Non crederò mai nella vocazione “anti-sovranista” di un liberale, perché chi ama veramente la libertà vuole che il suo Paese sia libero e non schiavo di poteri occulti e ingovernabili. La dipendenza servile della collettività cui appartiene si ripercute anche sulla sua libertà personale. E non v’è anelito alla libertà né liberalismo in chi accetti di dipendere da decisioni di uomini che non sono l’esprssione di una sua scelta.
Non furono anti-sovranisti (come i liberali dell’Eurocontinente attuale) Winston Churchill e Margareth Thatcher, non so lo sono Donald Trump e Boris Johnson, tanto liberali e sicuri delle proprie idee da rivedere le regole di un antiquato liberalismo ottocentesco.
Essere rispettosi della nostra sovranità, per me liberale non ortodosso del liberalismo italiano, è un must…non un optional! Il vero problema, per noi Italiani (e forse anche per gli Europei) è di evitare che la battaglia sovranista cada tra le spire dell’Ultradestra. Occorre capire che, se ciò avviene, è perché i liberali e la classe colta italiana non si assumono la leadership di una battaglia che la gente reclama e ancor più pretenderà quando la crescita andrà anche al di sotto dello zero. E’ necessario che la gente in doppio petto e diploma di laurea appeso alle pareti di casa smetta di farsi rappresentare solo dagli uomini delle felpe, dei selfie romantici, dei mitra giocattoli. Si può pensare al bene della propria collettività anche con vuoti della mente e non solo con quelli di pancia! Gianni, Alfonso, Massimiliano ho trascurato qualcosa?