giovedì 21 Novembre 2024
In evidenzaAuschwitz e Birkenau, viaggio in auto tra ricordi e sensazioni.

Auschwitz e Birkenau, viaggio in auto tra ricordi e sensazioni.

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Due anni fa, ho organizzato una vacanza in Polonia di tre settimane con le mie due donne Lia e Flavia. E’ stata la vacanza più bella che io abbia mai fatto, per tre motivi fondamentali, ero con chi volevo essere, ho fatto un viaggio in auto scoprendo chilometro dopo chilometro paesi, paesaggi, persone, odori e sapori nuovi e inebrianti e la Polonia è una nazione che mai si sarei aspettato così come l’ho scoperta, moderna, nuova, quasi completamente in pianura ed in piena crescita economica.

Oggi stavo riguardando le foto perché nelle tappe finali di questo splendido viaggio, siamo stati a vedere Auschwitz e Birkenau, i due campi di concentramento fascisti che hanno lasciato una macchia indelebile nell’umanità e avrei voluto pubblicarle online cercando di fare la mia piccola parte per mantenere viva la memoria di tali atrocità nella speranza di non riviverle mai più.

Ho un ricordo limpido di quella giornata, minuto per minuto e vivo le stesse sensazioni ogni volta che ci ripenso, per questo vorrei provare a descrivervele.

Arrivando in auto ad Auschwitz, man mano che ci si avvicina, la sensazione di star per vivere un momento indimenticabile si fa sempre più reale. Il paese è piccolino e accogliente, ed il campo di concentramento si trova a pochi passi da abitazioni e zone industriali.

La sensazione iniziale non è piacevolissima o per lo meno non come uno si sarebbe immaginato dopo averne sentito tanto parlare. Ci accoglie un ragazzo e ci indica dove poter parcheggiare la nostra auto dopo aver pagato per la sosta.

Auschwitz e Birkenau

Prima cosa da fare, la fila per i biglietti. Già questo crea un’atmosfera surreale, non fraintendetemi, non che ci saremmo aspettati un ingresso immediato (soprattutto i primi di Settembre), ma essere circondati da persone che sembrano essere in fila per un museo o un parco qualsiasi non lascia una bella sensazione.

Finalmente, dopo circa un’ora di fila, con i biglietti in mano, cerchiamo di capire cosa fare. Due sono le possibilità, visitare subito il campo di Auschwitz e poi raggiungere quello di Birkenau (che dista circa 3 chilometri e si raggiunge con un bus navetta gratuito messo a disposizione) o il contrario.

Decidiamo di visitare prima Birkenau, perché l’atmosfera che abbiamo trovato qui, tra bar, ristorante, edicole etc non ci piace e magari più tardi troviamo una situazione a noi più congeniale per la visita di ciò che reputiamo un luogo da rispettare in assoluto silenzio. Per cui ci dirigiamo verso il bus navetta e via verso Birkenau.

L’arrivo a Birkenau è di quelli dirompenti. Dai finestrini del bus si intravedono le rotaie della ferrovia che corrono parallelamente a noi ed, alzando gli occhi, si perdono dentro le mura del campo di concentramento le quali fin dal primo sguardo danno una sensazione di paura e terrore. Il campo è stato costruito dove sorgevano vecchie fabbriche, immobili bassi e lunghi, tutti uguali, disposti in file perfette a perdita d’occhio, molti dei quali distrutti dagli stessi nazisti per provare a non lasciar traccia di tali atrocità.

Gli occhi si perdono non sapendo esattamente dove guardare, tutto è uguale, senza colore, silenzioso, e la continuità dei capannoni è interrotta solo dalle ciminiere e dalle rotaie che spezzano in due il campo di concentramento. Fin da subito la sensazione che si ha è di terrore e paura. Il pensiero va verso quelle povere anime che, una volta scesi qua, credo sapessero esattamente a cosa stavano andando incontro.

Abbiamo girato un paio di ore a Birkenau, scoprendo dove li facevano dormire, dove facevano i bisogni, dove li hanno massacrati e dove li hanno seppelliti (almeno i resti), vi risparmio i dettagli che sarebbero inutili ma che vi invito a vivere in prima persona, poi siamo usciti chiedendoci come sia stato possibile tutto ciò.

Tornati ad Auschwitz, la sensazione ritornava ad essere completamente diversa. Più gente, più confusione ed anche il paesaggio era diverso anche se a soli tre chilometri di distanza. L’ingresso di Auschwitz e la conformazione del campo (so che è assurdo da scrivere) sembrava anche accogliente. Piante, erbetta, casolari a due piani e se non fosse stato per il filo spinato lungo tutto il campo neanche sembrava di essere in luogo di strage e disperazione.

Durante il giro poi però vivi le atrocità, i ricordi, i resti, i luoghi, i dati, le foto e le sensazioni di quello che è stato il punto più basso della storia dell’umanità. Le camere a gas, le prigioni, le stanze di tortura, il muro dove venivano giustizianti alcuni di loro, il palo dove venivano impiccati, tutto lasciato così come era e conservato perché venisse ricordato e mai più ripetuto.

Oggi, per la prima volta, nonostante sia io che Lia, durante la vacanza in Polonia abbiamo scattato migliaia di foto, mi sono reso conto che dei due campi di concentramento abbiamo soltanto uno scatto. Nessuno dei due aveva la voglia di alzare la macchina fotografica o il cellulare forse per non perdersi neanche un istante di quelle sensazioni o forse per evitare di dissacrare il posto con inutili e futili ricordi che tanto vivranno per sempre nei nostri ricordi.






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