venerdì 27 Dicembre 2024
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Caso diplomatico tra Italia e Francia

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Teresa Castaldo, ambasciatrice italiana a Parigi, è stata convocata dal ministero degli Esteri francese per chiarimenti sulle dichiarazioni fatte dal vicepremier Di Maio e dall’ex deputato Di Battista riguardo al franco Cfa (Colonie Francesi d’Africa), la moneta francese in vigore in 14 paesi africani che secondo il M5s favorirebbe l’immigrazione verso l’Italia.

La convocazione dell’ambasciatore al Quai d’Orsay è un gesto senza precedenti. Dopo l’incontro dal ministero degli Esteri francese è trapelato questo commento: “È una campagna elettorale permanente, fatta da chi in Italia ha responsabilità di governo. Le dichiarazioni del vicepremier Di Maio sono inaccettabili. La convocazione dell’ambasciatrice Castaldo è un atto forte, senza dubbio. Abbiamo espresso il nostro scontento per frasi inaccettabili e aggressive verso la Francia”.

Domenica Di Battista aveva parlato del franco Cfa durante Che tempo che fa di Fabio Fazio, dicendo: «Finché non avremo risolto la questione del franco Cfa, la gente continuerà a scappare dall’Africa». Ieri Di Maio è arrivato a chiedere che l’Ue applichi sanzioni contro Parigi: «Nelle prossime settimane ci sarà un’iniziativa parlamentare del M5s che impegnerà sia il governo italiano sia le istituzioni europee, sia tutte le istituzioni diplomatiche sovranazionali, a sanzionare quei paesi che non decolonizzano l’Africa».

Il capogruppo democratico Marcucci si chiede su twitter se il governo abbia un ministro degli Esteri, Renzi ha commentato: «Il bisogno grillino di crearsi nemici sta ridicolizzando 70 anni di politica estera italiana». Forse è significativo il silenzio di Salvini, mentre si segnalano preoccupazioni di Mattarella. Il francese Pierre Moscovici,  commissario Ue agli Affari economici, ha definito le parole di Di Maio «prive di senso». Roberto Bongiorni sul Sole 24Ore: «Tra i vantaggi derivanti dall’adozione di questa valuta vi è senza dubbio una sorta di scudo contro la svalutazione. Il Cfa ripara anche dalle impennate inflattive che sovente scuotono l’Africa e rappresenta una garanzia anche in termini di integrazione regionale, facilitando gli scambi tra i Paesi che lo utilizzano. Non mancano gli svantaggi. Il più evidente è di costituire un potenziale freno allo sviluppo di questi Paesi. A farne le spese sono soprattutto i produttori africani desiderosi di esportare i loro beni in Europa. Il cambio fisso rende molto costose le loro merci e agevola gli agricoltori francesi ed europei. Ma accusare la Francia di tassare questi 14 Paesi africani, investendo il 50% delle loro riserve (custodite presso la Banca centrale) in titoli di Stato francesi, al solo fine di finanziare la spesa pubblica, è fuorviante. Stiamo parlando di circa 10 miliardi di euro depositati complessivamente. L’impatto è marginale. Se fossero tutti investiti in titoli di Stato, non supererebbero lo 0,5% del debito francese».

I dati del ministero dell’Interno italiano smentiscono una relazione diretta tra gli sbarchi in Italia e la politica monetaria delle ex colonie francesi che adottano il franco Cfa. Secondo il sito del Viminale nel 2018 la maggior parte dei migranti giunti in Italia con i barconi proviene dalla Tunisia, dove la moneta è il dinaro. Poi ci sono l’Iraq, l’Eritrea, il Sudan, il Pakistan, la Nigeria: tutti paesi al di fuori della sfera francese. Il primo paese Cfa per numero di arrivi è la Costa D’Avorio (1.064 sbarcati, all’ottavo posto nelle tabelle del Viminale), seguita dal Mali (876).

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