Le aziende italiane sono a rischio di shopping da parte delle concorrenti straniere? Sull’argomento interviene Maurizio Primanni, CEO di Excellence Consulting e collaboratore del nostro giornale, con una bella intervista di cui ne riportiamo i punti salienti:
- In Italia i settori più appetibili sono quelli già a rischio prima della crisi Covid-19: turismo, ristorazione, alcuni servizi, la moda. Questi comparti sono nel nostro paese più frammentati che all’estero, spesso a conduzione familiare, quindi deboli e a rischio di shopping da gruppi stranieri;
- Il coronavirus sta colpendo tutte le economie europee (calo -25%/-35%). Prevedo aggregazioni e fusioni tra aziende italiane e europee, per un reciproco rafforzamento. Le banche già in difficoltà potrebbero essere indotte in tale direzione, e anche il settore agro-alimentare italiano;
- Il governo dovrebbe varare un piano industriale, puntando su made in Italy, manifatturiero, tele-lavoro, farmaceutica, medical device, logistica;
- Il debito pubblico e’ importante, ma l’Italia è un Paese con grande risparmio privato (+4.000 miliardi);
- Non bisognerà nazionalizzare le banche, ma metterle nelle condizioni di supportare gli imprenditori;
- Per ricostruire il paese serviranno investimenti pubblici e privati, ma anche imprenditori che accettino di assumersi dei rischi, come i medici che operano negli ospedali.
“Il coronavirus – afferma Primanni – nella sua drammaticità sta colpendo tutte le economie allo stesso modo e anche la capitalizzazione dei mercati finanziari ha registrato un calo piuttosto similare in tutti i paesi europei (da -25% no al – 35%). Per i nostri campioni nazionali vedo piuttosto un altro fenomeno, quello delle aggregazioni e delle fusioni con pari aziende sia italiane che europee, per un reciproco rafforzamento della situazione
patrimoniale e del modello di business. Alcuni operatori bancari ad esempio, già in difficoltà nella capacità di generare ricavi, potrebbero essere indotti in tale direzione. Stessa tendenza potrebbe verificarsi nell’agro-alimentare italiano”.
“Il nostro governo sul fronte industriale è troppo timido. Al momento abbiamo verificato solo la volontà di salvare i cosiddetti ‘tesoretti’ italiani, voler proteggere rafforzando i poteri della golden share le aziende strategiche del paese come Eni, Telecom, Finmeccanica, le quali a mio avviso, nell’ottica di una congiuntura che come dicevo accomuna tutti i paesi, hanno le carte in regola per fronteggiare questa crisi e uscirne bene. Questo governo dovrebbe dar prova di maggiore coraggio. Dare vita a un nuovo piano industriale, di quelli che il nostro paese non fa da diversi anni, scommettendo sui migliori settori del made
in Italy, del manifatturiero e su quelli che stanno dando ottima prova delle loro qualità come il tele-lavoro, la farmaceutica, il comparto dei medical device, la logistica. Non dimentichiamo che cosa successe dopo la Seconda guerra mondiale. I nostri nonni fecero la
Repubblica, la Costituzione, la nazionalizzazione delle grandi banche, la ricostruzione industriale attraverso l’Iri. E’ vero che oggi abbiamo un debito pubblico importante, ma anche allora non credo che potessimo contare su grandi risorse. E comunque l’Italia è un Paese con grande risparmio privato, oltre 4.000 miliardi di ricchezza finanziaria e 5.000 di
ricchezza immobiliare”.
“Questa volta – osserva Maurizio Primanni – non avremo la necessità di nazionalizzare le banche, ma dovremo metterle nelle condizioni di supportare gli imprenditori. Sarebbe auspicabile che a livello europeo, come si è rivisto il Patto di stabilità, si intervenga anche su alcune normative che nell’immediato futuro potrebbero essere penalizzanti, penso ad esempio a Basilea 3, in condizioni normali uno strumento utile per evitare la produzione di sofferenze, ma troppo prudente in una fase di emergenza come questa. Per la ricostruzione del paese – suggerisce – sarà necessario puntare su investimenti pubblici e privati, su imprenditori determinati e ambiziosi e su banche che accettino di assumersi qualche rischio in più rispetto al passato. Fare impresa infatti significa di norma assumersi dei rischi e gli
imprenditori e manager che saranno ricordati nel futuro saranno quelli che oggi riusciranno a rischiare in modo profittevole”. “Si può fare e si dovrà fare – rimarca – magari prendendo spunto da quanto medici e personale sanitario stanno facendo negli ospedali in queste settimane rischiando la propria vita”