di Rachele Botte
Nel buio di pece regalatoci (si fa per dire) dal Coronavirus, possiamo scorgere un barlume di speranza, di positività. La famiglia, intesa nel modo più autentico possibile, è uno di quei valori a cui, talvolta inconsciamente, non diamo il giusto peso e che (sbagliando), consideriamo come banale, scontato, quasi superfluo, qualcosa di dovuto e basta.
Costretti a stare rinchiusi per un mese, ci ritroviamo, inevitabilmente tutti insieme “vicini vicini” ‘Non mi scocciare, non ho tempo‘ la tipica frase detta da noi giovani per mandare i genitori via dalla nostra stanza. È come se vivessimo, in un certo senso, con degli sconosciuti.
È tardi per rimediare? No, non lo è mai. Allora cosa aspettiamo? Sbrighiamoci, abbattiamo i muri interni, quelli del nostro cuore e dialoghiamo.
Penso a mia sorella lontana e a tutti coloro che, per un motivo o per un altro non possono godersi il tepore della propria famiglia, non possono muoversi dal posto in cui si trovano. Sono intenerita dalle preoccupazioni di mia madre che continuamente le ripete al telefono: ”mi raccomando, non uscire!, spero che tutto ciò finisca al più presto, non vedo l’ora che ritorni.
Forse, sono proprio questi i momenti in cui si comprende l’importanza degli affetti, dell’unità familiare. Forse, è proprio quando senti il mondo intorno a te crollare, che cominci a dare più valore alle cose ritenute delle banali certezze indiscutibili.
Dunque mi chiedo: dovevamo davvero arrivare così in basso, per capire cosa realmente conta? E soprattutto, adesso che possiamo goderci al meglio un valore così grande, perché siamo così stupidi e continuiamo a lamentarci? Smettiamola di crogiolarci nel mondo delle futilità, del non necessario, dell’artificioso. Facciamo nostra la “lezione degli antichi”, sono loro ad averci insegnato a riconoscere i valori fondamentali, no?
Facciamo sì che il Coronavirus diventi un’occasione, un maestro di vita.
Dalla Rubrica “Diario di una Quarantena”: