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mercoledì 24 Aprile 2024
Il Pensiero LiberoE’ tempo di dire: Basta?

E’ tempo di dire: Basta?

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Come ne “L’angelo sterminatore”, il bel film di Luis Bunuel, in via meramente teorica, gli Italiani potrebbero uscire dalla sala occupata, devastata e scombussolata dalle mille stranezze, dalle beghe e dai contrasti di cui sono protagonisti esponenti dei vari partiti (Democratico, Lega, Movimento Cinque Stelle, Italia Viva, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Liberi ed Uguali e quanti altri di altrettanta fantasiosa denominazione) e dall’irruzione di tante pecore che compaiono e spariscono, ma qualcosa impedisce loro di essere liberi e varcare la soglia della porta.

Nella metafora del grande regista spagnolo, il muro invisibile che impedirebbe alla “borghesia” (i servitori della casa, sono scappati per tempo, prima dell’inizio del misterioso “blocco”) di uscire da quella stanza sarebbero le stesse Istituzioni da essa create. Mutatis mutandis, ma restando nella metafora, nel Bel Paese a restare intrappolati nella gabbia da matti della politica attuale non sono solo i borghesi, vittime delle loro stesse Istituzioni (che ostacolano, eccome, l’uscita dal caos!), ma l’intera società italiana, prigioniera e del tutto incapace di uscire dall’afonia.

Eppure, una presa di coscienza decisa, energica e risoluta che possa fare sentire la sua voce e il suo disagio acuto, pur nel rispetto del metodo democratico, diventa di giorno in giorno, più urgente e indilazionabile. Fuor di metafora, i tempi sembrano maturi perché gli elettori riflettano sui problemi veri del Paese e la politica ritorni in mani competenti.

D’altronde, quasi tutti gli abitanti dello Stivale sono, ormai, consapevoli che, rebus sic stantibus, le scelte degli uomini politici, selezionati dagli attuali capi-partito in ragione della fedeltà a essi dimostrata e destinati al governo della res publica sono tutte, senza eccezioni, estremamente rischiose per la stessa sopravvivenza nel Paese di una liberal-democrazia, orientata, come avviene (quando avviene) altrove, a fare il bene della polis.

Il panorama degli “aspiranti al soglio” si presenta, per una ragione o per l’altra, tristemente “squallido” (e ciò, in pari misura, a sinistra come a destra, passando per un centro di cui ogni tanto si parla, ma che sembra più prossimo all’aborto che alla nascita).

Alcune manifestazioni di revisione storica diretta a sottolineare il valore di personalità del passato, eliminate dalla scena politica per iniziative giudiziarie di protervi censori e di provinciali inurbati, certamente unidirezionali e secondo alcuni opinionisti etero-dirette, la dicono lunga sull’insoddisfazione crescente degli Italiani, per gli attuali leader politici che li hanno cacciati, con sistemi elettorali truffaldini, in vero e proprio “buco nero”, da cui (come dalla stanza di Bunuel) non riescono a uscire.

La vera difficoltà, per sfuggire al rischio di esserne inghiottiti senza vie di campo, è di individuare quale delle forze politiche, esistenti o future (in via, cioè, di eventuale, augurabile gestazione) tra quelle che si presenteranno in competizione (se e quando agli Italiani sarà consentito di andare, finalmente, a votare) possa dare un minimo di garanzie per attuare un serio e profondo programma di cambiamento attraverso adeguate riforme. Per gli abitanti dello Stivale è giunto il momento di dare, anche con l’indicazione di alcune linee direttive, una svolta decisa al proprio destino di popolo; sempre che i medesimi vogliano effettivamente evitare il naufragio.

I “pannicelli caldi” proposti dai leader che aspettano dai sondaggi le indicazioni per le proprie iniziative; che tengono conto delle percentuali dei sondaggi per decidere la felpa da indossare, gli anatemi da lanciare o i simboli da esibire; che ignorano le lezioni della Storia e non sanno neppure dove stia di casa la filosofia; non bastano più per creare entusiasmi che siano espressione di una vera e profonda “rivolta interiore” dei votanti contro l’andazzo che ci sta travolgendo.

Gli Italiani, dovranno ribellarsi, senza giungere agli eccessi dei cugini francesi, ma anche senza mostrarsi schizzinosi come pseudo intellettuali che ostentano la “puzza sotto il naso” verso quel salutare “voto di pancia”, che hanno espresso gli Inglesi, con la Brexit,e dei Nord-americani con le prime elezioni presidenziali non pilotate dal sistema mass-mediatico in mano alle Banche.

Se vorranno veramente salvarsi e sottrarsi alle spire del capitalismo finanziario, dovranno individuare le deformazioni interessate di chi pensa a utilizzare il consenso degli elettori solo per “tirare la paga per il lesso” al servizio di chi può garantirglielo. Dovranno votare, sempre che vi sia, solo per chi, senza paraocchi ideologici, religiosi o politici (di destra o sinistra post-hegeliana) s’impegni prioritariamente e pragmaticamente a portare il Paese fuori dalle secche in cui l’hanno condotto, prima, decenni di clerico-fascismo e poi molti lustri di catto-comunismo.

La Repubblica Italiana deve entrare nel novero – dove forse non è mai stata – degli Stati che osservano il principio della divisione dei poteri in modo rigoroso e di vera e sostanziale parità.
E’ questo il primo dei quattro punti che dovrebbero essere sottoposti all’approvazione dei votanti da una forza politica liberale e “conservatrice del bene prezioso della democrazia”; bene, cui sono “allergici” tutti i fautori di concezioni teocratiche o ideologiche.

Elenchiamoli:
1 – Riconduzione del potere giudiziario nel suo alveo naturale.
Occorre trovare la forza e il coraggio di togliere, con una riforma costituzionale complessa e variegata, da una posizione di supremazia su ogni altro potere dello Stato l’ “Ordine giudiziario”, rimuovendo una posizione di autonomia e d’indipendenza assoluta che giudici e, soprattutto, pubblici accusatori (nella stessa carriera, per giunta) non hanno in nessun Paese democratico del mondo, fatta eccezione per Israele. Solo in tal modo, eliminando quella che da molti è ormai considerata la “finta” obbligatorietà (e la “sostanziale” discrezionalità) dell’azione penale (con il conseguente sospetto, magari infondato, di un uso politico degli avvisi di garanzia), si potrà ottenere che a occuparsi della res publicasiano esponenti autorevoli della società civile e non soltanto nullafacenti e incompetenti (magari dopo essere stati dichiarati inidonei a vincere un pubblico concorso per essere assunti come impiegati dello Stato).
Naturalmente, non manca chi ritiene che l’attuale strapotere dei magistrati andrebbe contenuto anche escludendo del tutto la presenza di giudici togati nella composizione della Corte Costituzionale (ovviamente, insieme a quelli di nomina presidenziale altra italica aberrazione, stanti le modalità di elezione del Capo dello Stato) e limitandola fortemente persino nel Consiglio Superiore della Magistratura.
2 – Crescita zero e ripresa della sovranità strettamente necessaria per riprendere in mano la cura dei nostri interessi.
L’Italia era assurta ai fasti di grande potenza industriale del mondo ma ora è diventata un fanalino di coda nella produzione di manufatti; aveva creato infrastrutture di riguardo che oggi, però (almeno nel caso delle autostrade e dei viadotti) cadono a pezzi.
La situazione è drammatica: a causa del blocco negli investimenti produttivi, imposto dall’Unione Europea, gli imprenditori si vedono costretti a ricorrere al prestito delle banche e all’aiuto di scafisti e caporaliper avere mano d’opera a basso costo e sopravvivere nonostante la concorrenza dei prodotti di Paesi Autoritari e/o ancora dilaniati da un’endemica povertà.
A tale stato delle cose solo i Paesi Anglosassoni hanno avuto la forza di opporsi, sulla spinta di un “voto di pancia” che ha indotto gli eletti a dire: no, basta! a un’egemonia di molti decenni delle Banche sui governi, statunitensi e britannici, solo apparentemente democratici, negli ultimi anni (gli incarichi di consulenza finanziaria di molti leaderpolitici del passato sono molto eloquenti!)
Gli Stati Euro-continentali non possono seguirne l’esempio perché “ingabbiati” in un’Unione Europea, sostanzialmente governata da tecnocrati legati ai banchieri di Wall Street e della City.
Per rivedere trattati che sono divenuti ( o sono sempre stati)
“asfittici”, occorrono persone di adeguata competenza e di provata incorruttibilità.
3- Rifiuto del “perdonismo diffuso ed endemico”, utile alla Chiesa per recuperare anime destinate al Regno dei Cieli ma certamente disastroso per la sicurezza dei viventi sullo Stivale.
Gli Stati “seri” si fondano su una giustizia penale rigorosa, dal momento della decisione a quello della sua esecuzione. Il “perdonismo” diffuso nell’ Italia di Porta Pia (dove, secondo alcuni, la breccia vera la fece il Vaticano per impadronirsi dell’intero Stivale e non il Regno Sabaudo per occupare Roma) ci confina più nell’ambito dei Paesi permissivi del Sud-America che in quello delle liberal-democrazie dell’Occidente.
Per riformare la nostra giustizia penale occorre procedere ab imis: da quelle riforme costituzionali che incidano sulla natura stessa della pena, che non può essere raffigurata, come avviene in altri contesti, alla stregua di un “perdonabile” peccato.
4- Scuola e abolizione dei “diplomifici” ex art.33 Cost. che hanno favorito il ’68 e regalato al Bel Paese gli incompetenti e gli incolti che lo governano.
La formazione culturale (aliasl’educazione, alias l’istruzione) non può essere affidata in maniera paritaria (id est: finanziata dallo Stato) a strutture religiose o a speculatori privati con il pelo sullo stomaco che promettono di elargire (a caro prezzo, dicono i “beneficiati”) “diplomi” non meritati. La tesi che l’articolo 33 della Costituzione vada riscritto ponendo un’attenzione particolare al pensiero libero e non condizionato da fattori intellettualmente inquinanti è da prendere in seria considerazione.
V’è chi sostiene che solo un pensiero non deviato da verità indiscutibili dettate da concezioni fideistiche o da fanatisni politici può perseguire obiettivi concreti e pragmatici di buon vivere comune.

Conclusione: L’elenco delle riforme da attuare per il riscatto del Bel Paese da una posizione umiliante e “servile” nei confronti di Autorità estranee al nostro Paese o sedenti in luoghi fuori dai nostri confini, va ben oltre quello descritto: è molto lungo. Le riforme indicate (ripristino della parità tra i poteri dello Stato, crescita zero, negazione del perdonismo diffuso e assetto diverso della scuola) sono, però, quelle che possono considerarsi “prioritarie”. Rappresenterebbero una buona presentazione (e un avvio necessario anche se non del tutto sufficiente) per una forza politica che abbia il coraggio di proporsi come profondamente innovatrice e dichiaratamente ostile al bla bla bla di partiti e movimenti, comunque asserviti a interessi che non sono quelli del popolo italiano.






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