Secondo un recente rapporto di Reuters Institute for the Study of Journalism ed University of Oxford il 76% degli italiani si informa utilizzando la Rete, il 21% lo fa usando prevalentemente i socialmedia (Facebook 50%, WhatsApp 30%, YouTube 20% ed Instagram 15%).
Mentre chi si informa tramite Facebook e WhatsApp “mixa” testate ed amici (gente comune), su YouTube ci si divide quasi equamente tra testate ed influencer. Poi c’è Instagram, in cui gli influencer rappresentano la fonte d’informazione quasi esclusiva.
Considerato l’utilizzo ed il tasso di crescita di Instagram tra i giovanissimi non c’è da meravigliarsi a leggere i dati di una ricerca Nielsen 2020, secondo cui il livello di credibilità degli influencer è al 77% quando parlano di prodotti e servizi, ma passa all’83% quando posta messaggi di carattere sociale.
Secondo un report di Buzzoole nel 2020 sono stati oltre 110.000 i post pubblici degli influencer italiani su temi sociali (+35% rispetto all’anno precedente, stimati per difetto, sfuggendo all’analisi i contenuti delle storie, non rintracciabili perché durano solo 24 ore).
Ora avete capito perchè quando domandiamo ai nostri figli cosa vogliono fare da grande la prima risposta è l’influencer o lo YouTuber? Perchè in pratica sarebbero esperti di comunicazione, marketing, testimonial, giornalisti, imprenditori e… politici, con buona pace di tutte le categorie citate.
Sul fatto che sia un bene od un male ognuno avrà la sua idea, la mia è che se non spieghiamo loro che le competenze sono fondamentali, difficili da acquisire e che ognuno di noi dovrebbe argomentare su cose di cui è competente la vedo dura per i prossimi anni.