Pochi giorni fa (ve lo ricordate?) pareva che una stretta proibizionista stesse per abbattersi sulle droghe leggere. Poi che solo qualche rivendita di cannabis non in regola con questo o quel regolamento rischiasse provvedimenti. Poi forse nemmeno quello. Poi non se ne è parlato più per niente. Pareva una polemica decisiva, di quelle che “il governo sta per spaccarsi”, è stata una breve fiammata, il tempo di qualche tweet, di qualche voce raccolta al telefono o nei dintorni dei Palazzi, di qualche rettifica, di un paio di schermaglie sui giornali, poi si è passati ad altri argomenti.
Che cosa sia effettivamente cambiato (ammesso che qualcosa sia cambiato) nella disciplina delle droghe leggere, lo sa solo — forse — qualche sottosegretario o qualche funzionario ministeriale o qualche parlamentare molto specializzato, o cronista molto scrupoloso. Il resto è solo fumo, rumore vuoto, propaganda, allarme, spavento, casino. Così, esattamente così funziona la politica vociante dei nostri giorni, i tre quarti dei lampi non annunciano veri temporali, solamente i lampi stessi. Perfino gli umori peggiori, l’astio, la paura, le minacce di repulisti, in larghissima parte non introducono a cambiamenti pesanti; e nemmeno a cambiamenti leggeri.
La materia stessa della politica — le leggi strutturali, le campagne che durano mesi, i programmi che aggiustano o rompono, gli ideali di lungo respiro — è come svanita.
Ci si domanda se gli artefici di questa politica tonante eppure inconsistente si rendono conto di quanta poca politica ci sia, nella loro politica.
Michele Serra (La Repubblica)
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