venerdì 22 Novembre 2024
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Homo Sapiens?

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Antropologia dell’inquinamento

Homo habilisHomo erectusHomo sapiensHomo inquinans. Abbiamo appena aggiunto un tassello alla teoria evolutiva antropologica ufficiale, una nuova specie che ha almeno duecentocinquant’anni (sicuramente presente durante la Prima Rivoluzione Industriale, alla fine del Settecento) e che ha colonizzato il pianeta soprattutto nell’ultimo secolo, dominando incontrastata dal boom economico degli anni Cinquanta. Abbiamo volutamente omesso la specie Homo insipiens, coeva del sapiens di cui detestava l’esistenza, preferendo in questa sede soffermarci sull’inquinatore, suo diretto discendente. 

In passato la sua presenza sulla Terra non è stata considerata così influente. Solo in tempi recenti, indicativamente a partire dagli anni Sessanta, alcuni esponenti del sapiens hanno seriamente cominciato a preoccuparsi delle conseguenze del suo comportamento. È del 1961 la nascita in Svizzera del World Wildlife Fund (Fondo Mondiale per la Natura, noto a livello internazionale con l’acronimo WWF), l’associazione ambientalista più famosa, alla quale sono seguite molte altre in tutto il mondo. Agli inizi degli anni Ottanta la preoccupazione era già un grido di allarme, ma si sa, Cassandra rimane inascoltata fino all’attuarsi della tragedia e spesso, persino in tali frangenti, interviene il potere della negazione a minimizzare e lasciare le cose esattamente come sono. 

Tuttavia il sapiens ha proseguito nel tentativo di mostrare quello che era già tanto evidente, rimpinguando costantemente la lista dei pericoli come realtà divenute o in divenire: incidenti petroliferi, scarichi industriali, mari insozzati, buco nell’ozono, effetto serra, rifiuti nucleari e tossici, danni da combustibili fossili, livelli impressionanti di anidride carbonica e altri gas nocivi nell’aria, estinzioni di specie animali e vegetali, accelerazione delle conseguenze del cambiamento climatico e plastica, tanta plastica, plastica ovunque, con effetti devastanti sugli ecosistemi e sulla nostra salute, quella di tutto il genere Homo. Uno scenario asfissiante, di nome e di fatto, perpetrato solo per una ragione, che di ragionevole ha poco o nulla: progresso e crescita economica a oltranza, di pari passo alla crescita esponenziale di una popolazione disarmonica e, in verità, sempre più povera pur nel plastic way of life

Homo Sapiens

Ed ecco che ultimo della lista, ma non ultimo, si presenta lui: il Covid-19. Non per sottrarci a un’analisi delle sue origini, comunque frutto di qualche sconsideratezza, consideriamolo ora solo dal punto di vista delle conseguenze sull’ambiente, quale ennesima grande occasione per l’inquinans di manifestare il proprio comportamento, segnando il territorio e gli habitat con il consueto, flagellante passaggio. Se da principio la mascherina, in quanto presidio medico, poteva avere il ruolo di soluzione alla diffusione del virus, è evidente come oggi sia divenuta anche problema, rifiuto mal gestito da disseminare in ogni dove, insieme ai tanti resti di guanti monouso così incivilmente mono-usati e gettati per terra, nel verde, nel mare. Al massimo saranno cibo per qualche animaletto sfortunato, penseranno con noncuranza i carnefici dell’andrà tutto bene ingenuamente osannato che, diciamola tutta, se pensassero sarebbero sapientes.

Hai voglia a gridare al corretto smaltimento, per taluni così faticoso, per altri totalmente ignorato (a proposito, guanti e mascherine vanno nel bidone dei rifiuti indifferenziati). L’inquinans non vede e non sente al di là delle proprie impellenti necessità e butta dove capita perché risponde a un istinto, è il suo genoma che glielo chiede. Lo stesso genoma che, proprio come quello di un virus, si riproduce infestando la specie ospite. Occorre una cura per debellarlo, il prima possibile. E un cambiamento di rotta per ripristinare e tutelare la biodiversità, l’ecosistema, la salute e l’antica ragionevolezza che ha contraddistinto la civiltà e spinto gli antropologi a chiamare l’essere umano sapiente: colui che sa, ma anche colui che è disposto a imparare.






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