E’ del tutto naturale che, agli occhi di un repubblicano convinto, un monarca sia soltanto un individuo (raramente migliore, spesso uguale ma a volte anche peggiore degli altri) che accentra in se stesso un potere che si definisce supremo (anche se non è sempre assoluto, perché condiviso, in vario grado, con altri organi rappresentativi dei sudditi).
Un sincero fautore di forme di governo fondate sulla rappresentatività popolare disdegna che la designazione di un sovrano alla direzione di un Paese avvenga per successione ereditaria (in famiglie che in un lontano passato si impossessarono del potere per un’asserita volontà divina) o per scelta di ristrette oligarchie.
Così come è assolutamente normale che l’autorità di un sommo capo di una qualsiasi religione, per quanto ammantata di orpelli e rivestita di sontuosi abiti rituali, resti circoscritta nell’ambito dei cosiddetti “fedeli” e non riceva alcun riconoscimento e tanto meno ossequio dai non credenti (agnostici, scettici o atei che siano).
E’ da ritenere, quindi, che come era già avvenuto con l’incontro con il Papa in Vaticano, il recente episodio della mano offerta per il bacio dalla Regina d’Inghilterra, Elisabetta II, al Presidente degli Stati Uniti d’America e da questi abilmente rifiutato con una vigorosa stretta ha costituito solo il pretesto per il prevedibile (e per molti scontato) sdegno di tutti i “pigmei” mondiali di fronte al “watusso” Donald Trump, un leader politico di grande tempra e lucidità, a capo di un Paese che proprio grazie alla perspicacia delle sue intuizioni e dell’energia della sua opera politica sta divenendo nuovamente forte e potente; a fronte di un Occidente, fatto malamente fuori, sul piano produttivo mondiale, da Cina, India, Indonesia, Coree e via dicendo.
In visita ad un altro Stato, amico e alleato da sempre, ma bisognevole del suo aiuto, soprattutto per uscire a testa alta da un’Unione di burocrati bancari che l’aveva messo quasi knock-out, condannandolo ad una suicida austerity, il Presidente Statunitense, forte delle sue sane convinzioni repubblicane, non fa il “baciamani”, ripetendo un uso di secoli passati, e non impone inchini e riverenze alla sua consorte, dinnanzi a una donna che non ha certamente un potere reale pari al suo e le cui scelte politiche, peraltro, non sempre sono andate nella direzione ritenuta giusta (la sua idiosincrasia, neppure tanto velata, per Margareth Thachter non è piaciuta anche a molti sudditi inglesi).
In realtà, ai nostri notisti e osservatori politici della carta stampata e della radiotelevisione, il mancato baciamano di Donald Trump ha offerto soltanto l’ennesima occasione propizia per scatenare tutto l’odio, tipico degli uomini mediocri, per chi eccelle in intelligenza e dimostra anche un’indubbia capacità operativa. Purtroppo per i tanti elzeviristi del nostro disastrato Paese, la loro prevalente militanza in partiti che hanno fatto del femminismo e della parità dei generi un cavallo di battaglia non ha consentito neppure di invocare, come motivazione del preteso ossequio e della richiesta genuflessione rituale, il sesso dell’anziana Regina.
Trump, secondo le più moderne tendenze di pensiero, non ne ha tenuto conto. Come non si era preoccupato, tempo addietro, dell’anello pastorale di Papa Francesco, che, peraltro, consapevole del mutamento dei tempi, non aveva pensato neppure per un istante di mostrarglielo. Piaccia o non ai nostri servili cronisti, non si può imporre ad un convinto repubblicano e a un miscredente sia pure tiepido, di salutare in un modo più ossequioso di quello rappresentato da una paritaria stretta di mano una persona cui non si è disposti, bene a ragione, a riconoscere la natura di un essere superiore.
Spiace, quindi, che gente vecchia e abitudinaria, che non intende accettare i cambiamenti intervenuti (e che continuano a susseguirsi) in quella parte del Pianeta chiamata Occidente, non riesca ad abbandonare i luoghi comuni della più vieta e inveterata ipocrisia. Quel segno di paritario saluto ha avuto un’eco notevole nel nostro sistema mass-mediatico che ha dato l’impressione d’ignorare che il vero potere nelle democrazie moderne non ha origini, nè dirette nè indirette di natura divina e che, essendo conferito dal popolo, può anche repentinamente crollare con il risultato negativo di un voto elettorale.
Il potere teocratico e quello monarchico, ancora esistenti in alcuni Paesi dell’Occidente sono soltanto residui di un passato che per ragioni varie, alcune persino comprensibili, non è stato ancora destinato all’oblio. La cosa, almeno laddove vige la libertà sia di parola sia di circolazione delle idee, ha un carattere di eccezione e non di regola.
In realtà, Sommi Capi religiosi e Monarchi, per la mancanza di un potere politico vero e reale, non riescono a ottenere un ossequio permanente e soprattutto indiscusso neppure da parte di masse emotivamente stimolate. Un certo loro “carisma” residua soltanto dalla popolarità mediatica di cui godono. Le moltitudini sono, infatti, ancora sensibili alla “notorietà” che deriva dall’essere “uno” rispetto ai “molti”, e affollano, ancora a dismisura, le piazze, dove tali personaggi si concedono “bagni di folla”; attenzione, però, soprattutto al fine di farsi “selfie” per dire a parenti, amici e conoscenti: ”io c’ero”.
Domande inquietanti: Perché la gente, anche se adusa ad adagiarsi nella tranquillità del luogo comune, non riesce a rendersi conto dei cambiamenti intervenuti nel costume dei popoli che si ritengono democratici; né sempre s’impone di accettarli? Sogna, forse, la fine della democrazia e l’instaurazione di regimi dittatoriali, dove la sottomissione all’autorità dev’essere pronta, cieca e assoluta? E’ questo il loro desiderio nascosto? Un ritorno alle esperienze reali e concrete del Papa-Re, del Duce del Fascismo o a quelle mancate e sognate di Baffone e del bolscevismo? Fuori dall’Occidente è così. E c’è chi attribuisce a ciò il sorpasso produttivo dei Paesi non liberi.
Prima di trarre tali affrettate conclusioni “nani e ballerini” di “formichiana memoria” diano fiducia a Donald Trump: forse l’Occidente, come lui ha ben capito e altri no, è sotto dittatura del potere finanziario e il problema è soltanto quello di sottrarlo a un tale giogo costrittivo e impeditivo di ogni sviluppo che non sia di carattere monetaristico. L’abbiamo detto più volte, ma repetita iuvant!