Di Carmine Di Sevo
Il cambiamento suggerisce l’idea di attesa di qualcosa che deve avvenire o che può avvenire anche spontaneamente. Alcune cose, però, credo di averle già capite difendendo me e le persone che amo dalla minaccia di questo nemico invisibile e insidioso.
Mi riferisco alla prova luminosa di coraggio e altruismo dei medici e degli infermieri impegnati in prima linea e che rischiano in prima persona nella guerra contro la malattia.
Mi riferisco alla straordinaria impresa della costruzione di un ospedale in meno di dieci giorni a Bergamo e, cosa non meno straordinaria, con mano d’opera completamente gratuita offerta, insieme, da operai, alpini e ultras dell’ Atalanta.
Ripenso alle bandiere tricolore ed ai cartelli “andrà tutto bene” esposti alle finestre di un popolo che non è affatto superficiale e indifferente ma che di fronte alla chiamata alle armi della responsabilità risponde, compatto: presente.
Provo orgoglio e fierezza nel vedere come i miei genitori tutelino i miei nonni aiutandoli nella spesa o nell’ assicurazione delle medicine necessarie, ma privandosi del piacere di intrattenersi con loro e di abbracciarli. Ho capito che il rispetto è più forte dell’affetto e ho pensato ad Enea che fugge da Troia in fiamme con l’anziano padre sulle spalle.
Ho visto il mio Paese additato nel mondo per il coraggio delle misure che ha adottato nell’emergenza della pandemia, perché ha scommesso su di noi, mandandoci a scuola senza farci uscire di casa. E noi?
Noi, quelli fragili, quelli deboli, quelli superficiali, quelli per i quali essere veramente preoccupati?
NOI ABBIAMO RETTO ALL’URTO e stiamo studiando e ci stiamo incontrando e ci stiamo vedendo, come già sapevamo fare da sempre e trasformando in arma vincente il motivo per cui “i grandi” ci hanno sempre criticati. Ho visto iniziative solidali di gente in difficoltà che aiuta gente con difficoltà ancora maggiori, perché non può permettersi più la spesa quotidiana.
Ho visto la generosità di un un popolo “in carcere” che dona soldi e materiale medico. Ho avvertito, forse per la prima volta davvero, che gli Italiani si sono sentiti vicini e stretti. Ho capito che non posso e non devo aspettare alcun cambiamento.
Il cambiamento si provoca e si persegue, non si aspetta. Il cambiamento è già in atto e, soprattutto, ora so che ne siamo assolutamente capaci.