Con uno scritto on line, Roberto Buffagni descrive e illustra “due diversi stili strategici di gestione dell’epidemia” mettendoli “a confronto”.
Non lo seguirò nella individuazione da lui fatta dei Paesi che, a suo giudizio, avrebbero seguito l’uno o l’altro modello, perché mi sembra che la confusione sia “sovrana” in Italia ma almeno “principesca” altrove (almeno in Europa). Seguirò l’analisi nella sua valenza astratta e teorica.
Buffagni, dopo avere precisato che possono enuclearsi due distinti e diversi stili strategici fin qui seguiti dalle Nazioni, fa seguire all’esame di entrambi le sue considerazioni di natura etica e politica.
E così, in sintesi, procede:
Stile n. 1. Non si contrasta il contagio e si punta tutto sulla cura dei malati.
Considerazioni: la scelta è ispirata al calcolo costi/benefici e conduce al “sacrificio” di una parte della propria popolazione (più o meno ampia, secondo le capacità di risposta del proprio servizio sanitario nazionale); evita i costi economici elevati che il contenimento impone; allevia i costi del sistema pensionistico (per i defunti anziani) e dell’assistenza sanitaria e sociale nel medio periodo; innesca un processo economicamente espansivo grazie alle eredità (sempre dei defunti anziani), favorendo i giovani; accresce la potenza economica dei paesi che l’adottano a danno degli altri.
Sul piano delle libertà, questo modello non richiede alcuna misura di restrizione personale nella vita quotidiana, corrispondendo a uno stile strategico squisitamente bellico in cui gli altri sono ritenuti non avversari ma nemici (e si sa che la guerra è quella che è!)
Stile n.2. Si contrasta strenuamente il contagio, contenendolo il più possibile con provvedimenti energenziali di isolamento della popolazione.
Considerazioni: la scelta è ispirata al carattere spiccatamente comunitario dei vari paesi, al dichiarato profondo rispetto per i vecchi, alla sensibilità contadina per la famiglia assorbita dal cattolicesimo controriformato, al pacifismo delle sinistre comuniste, del mondo cattolico oltre che delle dirigenze liberal-progressiste dell’Unione Europea, nonché alle preoccupazioni elettorali accentuate dalla proliferazione dei centri decisionali (Stato, Regioni, Comuni), alla forma mentis che induce a scegliere sempre la linea di maggior favore popolare, soprattutto se indotta dalla paura.
Sul piano delle libertà, l’applicazione di misure severissime, vicine a quelle dittatoriali (quasi da forze armate) comporta una grave restrizione delle libertà personali.
Fin qui l’articolo di Buffagni che, però, contiene anche sua personale assegnazione dei vari Paesi all’uno o all’altro dei due stili strategici. Mentre al primo “stile” egli assegna, senza esitazioni, il Regno Unito di Gran Bretagna; al secondo con molte differenziazioni assegna la Cina, la Corea del Sud e gli Stati membri dell’Unione Europea.
Il lettore che si chiede quale sia la scelta dell’autore trova questa frase conclusiva:
“Concludo dicendo che sono contento che l’Italia abbia scelto di salvare tutti i salvabili. Lo sta facendo goffamente e non sa bene perché lo fa: ma lo fa. Stavolta è facile dire: right or wrong, is my country”.
Il Rebus per il lettore non può dirsi, quindi, per niente sciolto e il dubbio sulla validità maggiore dell’uno o dell’altro “stile” permane più forte di prima.
La mia opinione: Se è indiscutibilmente vero che nessuno è in grado, al momento, di dare una risposta razionalmente convincente su quale sarà lo “stile” vincente, alcune cose, però, possono dirsi, facendo leva su di un elementare buon senso.
La prima è che mentre lo spirito di libertà, di autonomia e d’indipendenza degli Inglesi è a prova di Storia, come la dimostrazione del loro coraggio nell’affrontare le maggiori avversità (Winston Churcill e seconda guerra mondiale docent) altrettanto non può dirsi né della Cina di Mao e dei suoi successori né dell’Europa continentale che nel “Secolo Breve” ha prodotto le dittature più orrende dell’umanità e la paura giù capillarmente diffusa tra le popolazioni. Si aggiunga che, mutatis mutandis, oggi è succube di tecnocrati (mai da alcuno votati) che riescono a imporre agli Stati membri dell’Unione Europea restrizioni che impediscono loro, con le loro regole finanziarie di blocchi e austerità, di avere servizi sanitari soddisfacenti; così come altri servizi e strumenti infrastrutturali, propri di un Paese evoluto e civile.
La seconda è che le misure che stiamo subendo sulla nostra pelle per bloccare un contagio che, invece, continua in modo imperterrito a crescere hanno risvegliato tutti gli italici assolutismi di cui paradossalmente il più blando sembra essere quello cattolico (il Papa che passeggia, violando le regole, a via del Corso ne è una prova!) se è vero, come è vero che i comunisti sembrano avere recuperato la loro fama di “duri e puri” e i tra i nostalgici di passati rigori c’è la minaccia di instaurare il “coprifuoco”!
Conclusione: Quando tra qualche mese (o ancora di più) avremo consapevolezza di quale dei due stili sarà risultato il migliore, anche Buffagni potrà decidere se cantare God save the queen o Lasciatemi cantare con la chitarra in mano di Toto Cotugno.
Dalla Rubrica “Il Pensiero Libero”:
“Usciranno dal caos del coronavirus gli Stati Uniti d’Europa?“
“Il coronavirus e la faziosità italiana“