Il terreno della politica italiana è paragonabile, per usare il linguaggio dei vulcanologi, a un melange tettonico, un aggregato di materiale complesso e caotico in continuo movimento: vi si aprono brecce e fratture molto frequenti e sono visibili tagli vistosi in un materiale prevalentemente sedimentario ma molto deformato. Come i sismologi e i geologi anche i politologi italiani dovrebbero essere in costante allerta per cogliere i primi segnali di movimenti pericolosi. E, invece, almeno, non sempre è così.
Fuor di metafora, sul terremoto provocato da Matteo Renzi, non sono state neppure tentate “spiegazioni adeguate”. Eppure esso può essere visto come il gesto disperato di un leader alla ricerca di un’arma di ricatto contro chi, in stanze ovattate e lontane, lo vuole “scaricare” (maggiori info sull’articolo “L’impennata imprevista (?) di Matteo Renzi”) ma anche come il prodromo, programmato con calma a tavolino, di una ricostituzione di quella democrazia cristiana rimasta soffocata nell’abbraccio nel Partito Democratico con i comunisti.
Naturalmente, tale operazione presupporrebbe necessariamente un altro incontro, anzi, in gergo, una vera e propria OPA sui democristiani travestiti da liberali presenti in Forza Italia, plasmati da vecchie volpi andreottiane (che non hanno mai dimenticato il loro passato, pure essendo, insieme al loro lider maximo sul viale del tramonto). Se una tale previsione dovesse realizzarsi, la tripartizione degli schieramenti politici italiani ritornerebbe a configurare il panorama politico complessivo del Bel Paese, contrapponendosi all’attuale (molto imperfetto) bipartitismo.
Vi sarebbero, cioè:
- a) un’ala di sinistra post-comunista che, conservando il nome di Partito Democratico insieme ai post-comunisti delle generazioni anziane ancora rimasti, raccoglierebbe i resti frantumati, sparsi e spaesati del Movimento Cinque Stelle con la sua piattaforma mediatica Rousseau (cui non bisognerebbe cambiare neppure il nome);
- b) un partito di centro costituito dagli ex democristiani renziani e berlusconiani (o lettiani);
- c) una formazione di destra definita, come nel resto dei Paesi compresi nell’Unione Europea, “ultra”, per evidente utilità polemica dei suoi avversari che tenderebbero a definire “fascista” ogni conato d’indipendenza dei Paesi membri dell’Unione Europea dall’egemonia asfittica di Bruxellese dei mandanti di Wall Streete della City.
Se così fosse, l’Italia diventerebbe “omogenea” al resto degli Stati membri dell’Unione: con i suoi cristiano-sociali o democristiani (di vecchio stampo) uniti, in coalizione falsamente egualitarista, ai democratici gauchiste anch’essi alla prima maniera e con la contrapposizione di tali forze a quelle definite sovraniste, euroscettiche, contrarie al capitalismo finanziario e ancor più allo schiavismo del terzo millennio.
Non avrebbe alcun ruolo, se non aggiuntivo e caudatario, un eventuale raggruppamento di liberali, privo di proprie istanze, diverse e autonome da quelle dei partiti di massa della gauche con riflessi rosati (com’è peraltro da decenni nella tradizione euro-continentale) e destinato a scomparire del tutto, in tempo piuttosto breve, dal novero delle forze politiche vive del Paese e dell’Europa continentale. E ciò, per la sua incapacità di cogliere il fermento vivo e palpitante di una quarta fase dell’indipendenza italiana: non più dall’Austria prevaricatrice e oppressiva, ma dai subdoli gnomi della Finanza insediati ai vertici dell’Unione Europea.
In tali frangenti, non si sa se per ironia della sorte o a causa della più completa inconsapevolezza di ciò che può avvenire, i politici italiani riprendono a parlare di sistemi elettorali, offrendo un altro aspetto del degrado dell’etica politica in Italia. C’è chi immagina di poter disegnare un nuovo sistema elettorale anche in tali condizioni. D’altronde, una tale manìa di cambiare continuamente le “regole del gioco” è il frutto più evidente del degrado progressivo dell’etica politica in Italia. Quando si entra nel vivo delle scelte del sistema elettorale da adottare, persino la tradizionale ipocrisia dei leader politici frana: non v’ alcun pudore e ciascuno di essi, apertis verbis, enumera i vantaggi o gli svantaggi che avrebbe la sua forza politica con l’uno o con l’altro sistema (che diviene frutto di ignobili contaminazioni di quelli tradizionali, tranquillamente in uso da decenni e decenni in altre liberal-democrazie). I consueti “furbi” (che sullo Stivale sopravanzano nettamente gli “intelligenti”) cominciano a immaginare “premi” (nell’immaginario italico presenti fin dalla “mitica” era degasperiana in cui quel tentativo ci appare persino commovente per la sua “onestà”: dopo tutto, i democristiani di allora tentatavano soltanto di aumentare le chanche di governo per una maggioranza già acquisita).
La vera messe di premi di maggioranza truffaldini e decisamente “bizantini” è iniziata dopo le iniziative dei magistrati di “moralizzare” la vita politica italiana: chi era eletto era disposto a fare triplici salti mortali per di restare sempre al potere, nella speranza di evitare, arginare o contenere gli avvisi di garanzia. I furbetti politici Italiani hanno pensato che stravolgere le regole della democrazia, attribuendo il governo del Paese non a una maggioranza parlamentare ottenuta al voto ma a una minoranza che per effetto di una bacchetta magica, (come quella posseduta, nel noto fumetto degli anni Trenta, da Mandrake) era premiata e diveniva maggioranza fittizia poteva risultare utile per mantenersi a galla. Facendosi un “pasticcio” tra proporzionale e premio di maggioranza (che non c’entra niente con il meccanismo maggioritario) si consente a una “minoranza” di prevalere sul resto della popolazione che resta “contraria” e rappresenta, sia pure divisa, la vera maggioranza della popolazione.
La cosa diventa evidente graficamente se si disegna un cerchio e si vede che un suo spicchio, minore della somma degli altri spicchi, ottiene il governo del Paese, senza avere alcuna reale maggioranza in Parlamento che gli è offerta soltanto dall’artificio “bizantino” del premio. Dato che ora il problema, in una alla riduzione del numero dei Parlamentari, sembra essere tornato sul tappeto, ne sentiremo “delle belle” da parte di uomini politici improvvisati che, in un contesto socio-politico diverso e soprattutto meno inquinato, avrebbero fatto tutt’altro mestiere.
Sentiremo parlare a ruota libera di “sistemi alla… (e via l’elenco dei Paesi)” e nessuno ci spiegherà perché non si riduce la scelta ai sistemi classici e consolidati, che com’è noto sono il proporzionale e il maggioritario, alterandoli, eventualmente, solo nelle forme già sperimentate e consolidate e non con marchingegni truffaldini che negano la sopravvivenza della democrazia.
In Italia nel “decennio nero” degli Italiani (che s’avvia a diventare un “ventennio”, come l’altro, di triste memoria) dal Porcellum al Rosatellum sono stati escogitati sistemi di votazione che rappresentano una vera vergogna e che hanno indotto molti italiani a disertare le urne elettorali. Dei sistemi elettorali, però, scriverò in seguito. Se, ovviamente, le forze politiche non s’arresteranno nel proporre il tema, capendo che sia il caso di attendere prima l’esito dell’OPA di Renzi sui seguaci di Berlusconi!