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sabato 27 Aprile 2024
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Il Nobel a Peter Handke e la confusione nella cultura politica dell’Euro-Continente

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Peter Handke è il romanziere austriaco che ha vinto il premio Nobel per la letteratura 2019 “per il suo lavoro influente che con abilità linguistica ha esplorato la periferia e la specificità dell’esperienza umana”.

La motivazione è indicativa dell’incertezza di una giuria considerata il non plus ultra del gauchisme mondiale nell’assegnazione di un premio a uno scrittore che non ha mai nascosto di nutrire simpatia per Slobodan Milosevic e per i Serbi, da lui paragonati agli ebrei, in relazione al conflitto jugoslavo.

In realtà, Peter Handke rappresenta uno degli esempi più chiaro della confusione esistente nella cultura politica dell’Eurocontinente, divisa tra cristiani (soprattutto cattolici), fascisti e comunisti, che hanno tutti la stessa fonte ispiratrice nell’assolutismo ideologico (come aveva intuito Juan Peron che li aveva uniti e fusi, tutti e tre, nel suo movimento). L’origine di un groviglio così caotico di idee merita di essere ricordata.

Peter Handke
Peter Handke, premio nobel per la letteratura 2019.

Dopo il tramonto dell’era e della potenza micenea (nel tempo, cioè, in cui all’epoca del bronzo succedeva quella del ferro) l’alba del nuovo Uomo Occidentale, più distante e meno dipendente dagli umori e dai misteri degli Dei, nasceva luminosa ma con un destino di vita breve.

Le caratteristiche più salienti della nuova civiltà greca (che sarà assimilata, poi da quella romana) erano molteplici e tutte di grande rilevanza: spirito speculativo libero da rappresentazioni fantastiche e mitiche, razionalità al massimo della sua purezza, disgregazione della sovranità assoluta ed eliminazione dei privilegi monarchici, trionfo del logos e della scienza astro-fisica, creazione di città-stati indipendenti, sano individualismo ma al tempo stesso chiara coscienza della necessità di un raggruppamento nella polis. Il destino di vita breve è segnato dal dominio ideologico giudaico-cristiano che comincia due millenni fa (e tuttora perdura).

L’idea della fratellanza universale degli abitanti della Terra, tutti figli di un unico Dio, provoca nell’essere umano un desiderio (astratto) di ricongiungimento di ogni individuo alla totalità universale degli abitanti del Pianeta e determina un distacco del medesimo dalle cose concrete dell’esistenza (sua personale e della polis di cui fa parte). L’universalismo entra nella vita dell’Occidente.

A dargli una mano è anche Platone. Dopo il dileggio di “accademica” perfidia dei presocratici (Diogene con la lanterna alla ricerca dell’uomo; gli stoici abbracciati alle colonne gelide; Epicuro tra crapule e lascivie varie) e con sapienza anch’essa di tipo religioso (non priva di echi orientali) il filosofo ateniese costituisce (e anche ciò dura fino ai tempi attuali), l’unico punto di riferimento, una sorta di stella-cometa per tutti i filosofi e pensatori, successivamente “iscritti” a tutti gli idealismi succedutisi nei secoli. Egli contribuisce, con le sue affermazioni indimostrabili, a rafforzare l’idea del dogma, della verità che trova la sua ragione di inattaccabilità nella parola se non più di Dio in quella di venerati Maestri del pensiero.

A differenza dell’Europa insulare, (erede, attraverso Lucrezio, della saggezza pre-socratica, empiristica e pragmatica) quella continentale resta ancorata: a) a due delle religioni monoteistiche mediorientali; b) alle filosofie metafisiche dominate da un’Idea Universale che sovrasta gli individui.

L’Ecumenismo e il globalismo rappresentano il punto di incontro delle due religioni mediorientali e delle filosofie idealistiche; le une e le altre, tese a immaginare un Bene da estendere, oltre i confini della polis, agli abitanti dell’intero Pianeta. Oggi, la situazione del pensiero contemporaneo euro-continentale sembra ancora del tutto immobile e ferma. V’è chi sostiene, però, che non sia così: qualcosa, nel profondo, avrebbe cominciato a muoversi. In che modo?

E’ diffusa nelle giovani generazioni la sensazione di una perdita progressiva di mordente delle due religioni, quella giudaica e quella cristiana. Almeno sul piano della speculazione teorica e della ricerca intellettuale (disincagliata dalle falsità accademiche e riguardante anche l’historia) sia l’ebraismo, sia il cristianesimo (soprattutto cattolico) stanno ricevendo duri colpi alla loro credibilità. Molte “verità” e regole di vita da loro propagandate suscitano perplessità; molti loro collegamenti con il mondo della Finanza appaiono alquanto sospetti. Per effetto della nuova “comunicazione” legata alla diffusione della “cultura” del tutto libera dei serial cinematografici e televisivi anglosassoni e del web, molti luoghi comuni cominciano a cadere, a cominciare da quello della famiglia e dell’amore globale di tutti per tutti.

Si può, quindi, ipotizzare, con una certa dose di ottimismo, che un’Europa, (organizzata, però, in maniera diversa da quella attuale e quindi più libera) possa riuscire a bloccare il tentativo, ben visto dal Pontefice cattolico e verosimilmente patrocinato dai banchieri ebraici di Wall Streete della City, d’islamizzazione del vecchio Continente. Sono sempre in maggior numero quelli che si oppongono a “rinverdire” la religiosità sopita degli Europei, aprendo, con la complicità dei tecnocrati-bancari dell’attuale Unione Europea, le porte degli Stati membri ai fedeli seguaci di Maometto. E ciò anche al fine (non dichiarato, ma intuibile) di mantenere in vita precaria gli industrali manifatturieri: clienti principali degli Istituti di credito.

V’è anche chi ritiene, però, che l’eventuale, probabile tramonto dei credi religiosi mesopotamici non sarà paragonabile al declino del pensiero mitico dei tempi antichi e non potrà produrre una nuova era di razionalità e che la caduta delle fantasie e delle utopie religiose non riuscirà a travolgere quelle filosofiche (fascismo e comunismo), pure avendo esse stravolto l’Occidente nel cosiddetto “secolo breve”.

La teoria ebraica della predilezione divina per un popolo (o per un individuo, nella variante del calvinismo cristiano) e quella cristiana dell’uguaglianza degli esseri umani di tutto l’ecumene sembrerebbero destinate a permanere, entrambe, attualizzate ai nostri giorni dai filosofi, rispettivamente, della Destra e della Sinistra post-hegeliane. I due “universalismi filosofici” (ugualmente astratti come quelli religiosi) non lascerebbero spazio alla razionalità, alla concretezza e alla necessaria limitazione dell’attività umana alla polis.

Domanda: Le generazioni future (molto future, comunque), liberate dalle ritualità di Chiese e Sinagoghe, sapranno liberarsi anche dai feroci contrasti tra fascisti e comunisti, opposti-uguali, fratelli-serpenti, figli, con caratteri diversi, dello stesso papà-filosofo, seguaci degli “impostori laici” dell’umanità?

Conclusione: Solo se una tale inversione di tendenza avvenisse, come accadde nella Ionia (e nulla esisterà che non sia physis e conoscenza di essa) la Natura, spogliata di ogni maestà e di qualsivoglia mistero mitico o mistico, riprenderebbe lo spazio che merita, e ciò, per conseguenza, andrebbe, finalmente, nell’interesse e a beneficio dell’Uomo.






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