giovedì 5 Dicembre 2024
Il Club del LibroIntervista ad Ada Balzan, autrice di "L'impatto zero non esiste"

Intervista ad Ada Balzan, autrice di “L’impatto zero non esiste”

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Buongiorno signora Balzan.

La ringrazio per aver accettato questa Intervista tramite Linkedin. E ringrazio il network grazie al quale, in particolare Fausto Turco e Sebastiano Zanolli, sono venuto a conoscenza del Suo lavoro e del libro “L’impatto zero non esiste” e Le do il benvenuto nella Rubrica. Ma veniamo alle domande.

Per prima cosa Le chiedo di raccontarci qualcosa di sé? 

Nasco nella sostenibilità 25 anni fa con una delle prime tesi di ricerca in Italia sulla misurazione del valore della sostenibilità sugli aspetti sociali, del territorio e anche come ritorno economico. In Italia all’epoca sostenibilità erano dei principi astratti, di correttezza etica da rispettare nelle organizzazioni. Non si parlava assolutamente di misurazione e di nuova economia improntata su questi principi.

Infatti il mio professore della tesi di laurea ho cercato più volte di farmi cambiare idea, il mio focus all’epoca era stato sul turismo sostenibile e ricordo che per depositare il titolo della mia tesi alla fine ho dovuto accettare il compromesso e mettere eco turismo e non turismo sostenibile, perché appunto turismo sostenibile non era una terminologia ancora presente.

E invece per me era quella la parola giusta in quanto non guardavo nella mia analisi solo ad aspetti ambientali ma proprio la correlazione fra essi con i temi sociali la governance e gli aspetti economici, la valorizzazione del territorio anche attraverso il fatto che queste economie sostenibili evitavano la desertificazione sociale dei territori più periferici.

Il mio è stato un un percorso molto lungo e sfidante ma anche estremamente arricchente lato personale. Oltre ad essere fondatore e Presidente di ARB società benefit per azioni,  ricopro diversi ruoli tra cui docente e coordinatrice scientifica a contratto in varie università e business School e sono presente in diversi comitati scientifici e tavoli di confronto nazionali e internazionali su queste tematiche.

Per quanto riguarda il libro invece comincerei proprio dal titolo che è sicuramente d’impatto. Può spiegarci il perché di questa scelta?

Il titolo nasce in modo provocatorio per dare subito un messaggio forte di consapevolezza che l’impatto zero scientificamente non esiste. Dobbiamo essere consapevoli che ogni nostra scelta ha degli impatti non solo ambientali ma anche sociali. Per il solo fatto che esistiamo li generiamo e noi dobbiamo essere responsabili e minimizzare gli aspetti negativi e ovviamente massimizzare quelli positivi.

Su questo le nuove generazioni hanno sicuramente molto da insegnare in quanto non sono solo nativi digitali ma anche nativi sostenibili.

l'impatto zero non esiste

A chi si rivolge questo libro?

Questo libro è pensato per fare chiarezza su un tema ormai presente nel nostro quotidiano ma dai contorni e contenuti spesso ancora poco chiari. La maggior parte delle persone, soprattutto nel contesto italiano, associa ancora a questo termine nella maggior parte dei casi quasi esclusivamente tematiche ambientali. Nel libro accompagno il lettore a comprendere che cosa sia esattamente la sostenibilità sottolineando che il tema ambientale in realtà è interconnesso ai temi sociali, economici e di governance. Le “quattro C” che definisco nel libro come i fondamentali:  capire, costruire, concretizzare, comunicare, sono una bussola per chiarire  cos’è la sostenibilità, come si costruisce un percorso corretto e coerente, come si concretizza con azioni pratiche e misurabili e solo dopo aver fare tutto aver fatto tutto questo come si comunica in maniera adeguata evitando di cadere nel greenwashing e social washing.

In che relazione stanno i concetti di sostenibilità, ESG e SDGs?

In stretta interconnessione, come nell’organismo umano il sistema di circolazione che collega e alimenta tutto.

Quando si usa il termine sostenibilità si sottintendono sono compresenti tutti questi aspetti perché la parola stessa li include tutti i criteri ESG  e  i 17 obiettivi delle Nazioni unite traducendosi nelle misurazioni dei 232 indicatori sottesi ad essi. L’interconnessione è fondamentale, infatti si sottolinea spesso soprattutto parlando degli obiettivi di sviluppo sostenibile di non fare Cherry picking e sceglierne solo alcuni ma di considerarli sempre nella logica d’insieme.

Nella diretta live con Sebastiano Zanolli hai parlato di un algoritmo che hai sviluppato per misurare il livello di sostenibilità di un’impresa.  Le va di raccontare agli amici e alle amiche del Club del Libro e di Moondo di cosa si tratta, da dove nasce e se è qualcosa che solo le grandi aziende possono utilizzare oppure no?

SI Rating, sustainability impact rating, nasce in realtà proprio quando lavoravo alla mia tesi di ricerca, per me la sostenibilità è una scienza esatta ed era necessario avere criteri di misurabilità  ma come già detto invece all’epoca veniva vista più come un principio etico astratto, corretto da seguire di rispetto dei valori umani , ma  non certo con un approccio di strumento di gestione delle organizzazioni. Si rating ha messo insieme tutti gli strumenti internazionalmente riconosciuti, a seconda del settore di appartenenza ed in collaborazione ufficiale con SASB che ha riferimento mondiale dell’analisi dei rischi finanziari proprio per consentire dalla micro azienda alla grande di poter avere le proprie analisi del sangue e quindi dei dati su cui costruire un percorso di miglioramento. Viene fornito uno strumento che anche la micro e piccola impresa può utilizzare in modo agevole, in quanto tutte sono coinvolte in questa evoluzione di economia sostenibile perché la maggior parte di esse sono inserite in catene di fornitura e quindi anche a loro vengono richiesti dei criteri di misurazione della sostenibilità. Non solo, gli stakeholder stessi te lo richiedono, il mercato, ancor di più se internazionale, il mondo della finanza adesso chiede queste misurazioni.

È una piattaforma che consente in poco tempo e sempre con il supporto dei nostri analyst di intraprendere un percorso virtuoso di misurazione della propria sostenibilità e quindi di ottenere un report delle proprie performance e di contributo ai 17 obiettivi delle Nazioni Unite.

Come è cambiato, se è cambiato, l’atteggiamento delle imprese italiane verso la sostenibilità?

Cambiato soprattutto dopo il covid c’è una nuova consapevolezza ma anche necessità e urgenza di andare in questa direzione e ciò riguarda tutte le aziende non solo quelle grandi che erano già soggette a obblighi di legge.

La vera rivoluzione è che il nuovo linguaggio parla di economia sostenibile, finanza sostenibile, termini che sembravano diametralmente opposti e difficilmente abbinabili e che quando ne parlavo ancora durante il mio percorso di laurea in sociologia mi dicevano che era utopico pensare che l’economia e la finanza utilizzasse indicatori di sostenibilità.

Nel libro vengono presentati vari case studies, ce n’è qualcuno in particolare che li rappresenta e/o che Le sta particolarmente a cuore?

Sono tutti progetti a cui tengo molto per il valore, l’impegno e la tenacia che hanno avuto questi imprenditori nell’intraprendere un percorso anticipando talvolta i tempi nel loro settore.

Difficilmente ci vediamo solo come fornitori di servizi in ARB, entriamo nell’azienda e ci sentiamo parte di essa, protagonisti di questo cambiamento insieme a chi ci lavora giornalmente. Quindi in  ognuno di questi casi, ma anche dei tantissimi altri che non ho potuto inserire nel libro, ho soprattutto verso l’imprenditore tanto rispetto e  gratitudine perché ha creduto nel valore che questo  percorso di sostenibilità portava non solo a sé, all’azienda, ma che diventava un valore condiviso sul territorio per tutti gli stakeholder.

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