Lei è un demografo. Dall’ultimo rapporto Istat sul tema, la popolazione diminuirà di 1,6 milioni di persone entro il 2045 e 6,5 milioni entro il 2065. Qual è il futuro demografico dell’Italia?
«Distinguiamo ciò che è già avvenuto da ciò che può succedere. Se andiamo a vedere l’andamento della popolazione residente in Italia negli ultimi anni, scopriamo che nell’arco di un quadriennio sono spariti circa 400 mila residenti. Siamo di fronte a una popolazione che già si è ridimensionata, e questo nonostante la forza dell’immigrazione. È una diminuzione di popolazione che si ritrova solo nel 1918, ai tempi della Prima guerra mondiale e dell’epidemia di spagnola, in un momento molto particolare e drammatico. Un secolo dopo, in un mondo decisamente più florido, stiamo dunque assistendo a una perdita di popolazione simile. E se ci spingiamo a formulare proiezioni sugli scenari futuri, è evidente che con questi andamenti e con i fattori che li determinano non potremo che avere, a meno di apporti migratori straordinari e sempre difficili da gestire, una popolazione che andrà a diminuire».
Questo è il semplice dato numerico, ma cosa implica?
«Meno popolazione significa minore consumo, minore forza produttiva e potenzialità. È chiaro che il numero non dice tutto. Parliamo di qualche milione di persone in meno in un contesto in cui, e va rimarcato, i cambiamenti rispetto alla struttura per età saranno enormi e potranno diventare molto problematici».
Insomma, siamo un paese già vecchio e che sempre più invecchia.
«Siamo di fronte a una situazione in cui ogni anno, dai primi anni 90, i morti superano i nati. Anche quando si cresceva, ciò era dovuto esclusivamente al contributo dell’immigrazione. Con il calo della natalità e l’allungamento della sopravvivenza, è in atto da tempo un progressivo invecchiamento della popolazione, il che vuol dire sempre più anziani e quindi più bisogno di welfare, sanità e pensioni. Qualche dato eloquente: oggi ci sono 700 mila persone con almeno 90 anni e tra 40 anni ce ne saranno 2,5 milioni. Ci sono 16 mila ultra centenari e tra 40 anni ce ne saranno 120 mila. Non a caso l’Istat, in occasione del prossimo censimento demografico, cercherà di capire se e quanto le abitazioni hanno un accesso all’esterno, uno scivolo per la carrozzina, e chi ci abita. A quel punto potremo sapere quante sono le persone anziane confinate in casa, così da tenere sotto controllo un fenomeno che già oggi è presente e che, in prospettiva, sarà sempre più rilevante. La statistica e la demografia, attraverso la rilevazione di questi fenomeni sociali, possono aiutare a migliorare la qualità della vita».
[Giancarlo Blangiardo, presidente dell’Istat, a Luciano Capone, Foglio].
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