Intervista con Stefano Rolando (Cda “Fondazione Milano”) ispiratore dell’evento
Nei dilemmi riguardanti il mondo della scuola e della formazione che ci siamo portati dietro in tutto il tempo della pandemia (rotelle ai banchi comprese), la lezione dell’esperienza è sembrata sempre più chiara. Con i bambini il remoto è difficile sotto tutti i punti di vista; con i giovani (universitari compresi) l’adattamento della didattica a distanza può mantenere esiti positivi ma richiede molta attenzione alle specificità e quindi una condizione di continua sperimentazione.
Nel campo della formazione legata allo spettacolo (arte, teatro, musica, cinema, eccetera) – su cui agisce anche una delle condizioni di crisi più durature e pesanti – questo vale ancora di più. Pensando, al di là delle parti teoriche, che il grosso della didattica è molto legata a fisicità, corporeità, strumentazioni, tecnologie, eccetera.
Tra chi ha vissuto in modo reattivo il 2020-2021, vi è certamente il complesso delle Scuole Civiche (alcune di storia secolare) che su queste materie fanno capo al Comune di Milano e che da alcuni anni sono parte della mission di coordinamento affidata a Fondazione Milano, presieduta da Stefano Mirti, con la direzione generale affidata a Monica Gattini Bernabò e un cda che comprende Marina Messina, Sandra Mirti, Carlo Montalbetti e Stefano Rolando.
A quest’ultimo, tra le firme del nostro giornale, docente anche all’Università Iulm di Milano, abbiamo chiesto di rispondere ad alcuni interrogativi a proposito dell’evento convegnistico (anch’esso da remoto) che – con l’intervento della ministra dell’Università Cristina Messa in apertura – si svolge lunedì 17 maggio in due sessioni (dalle 11 alle 13 e dalle 15 alle 17) a cui si può partecipare su Zoom, senza prenotazione https://us02web.zoom.us/j/84293265300?pwd=WjBQUXV2cGxhM0k1Z3BwREhhTzJIUT09; o seguendo la diretta su Facebook https://www.facebook.com/fondazione.milano.
Dall’interessante programma – intitolato alla “scelta di interpretare il futuro” – si capisce che il momento è un po’ spartiacque tra una lunga sperimentazione di emergenza e una prospettiva che ancora ha molte incognite che gravano nel vostro affascinante ma anche difficile settore. A chi si rivolge questo convegno e con quali scopi?
Da un lato c’è la nostra comunità di docenti (per lo più professionali, anzi altamente professionistici, rispetto ai corpi docenti accademici del sistema universitario) e di studenti che hanno di fronte mercati del lavoro in trasformazione, con interrogativi rispetto ai quali la qualità del percorso formativo rappresenta per loro la prima essenziale risposta. Dall’altro lato c’è un sistema cultura-spettacolo nazionale (che coinvolge teatri, imprese, grandi media, istituzioni) che in Italia è parte di un’alta reputazione ma che vive con giustificata ansia la rottura delle esperienze collettive e del rapporto diretto con il pubblico, rispetto a cui ogni storia di reattività è un tassello dello spirito, che sta avviandosi, di “resilienza e riprogettazione”.
Sono le parole del PNRR. Quindi immaginate che sia necessario pensare a nuove risorse per sostenere questo sforzo riorganizzativo?
E’ evidente che senza investimenti non si fronteggiano crisi profonde. Ma ciò che anima la riflessione portata, in questa occasione, a confronto con molti protagonisti ed esperti esterni e operanti non solo a Milano, è intanto civile, culturale e metodologica. Le nostre Scuole non hanno fatto perdere l’anno agli studenti, la didattica è riuscita a tenere in piedi teoria e laboratorio, lo sguardo alle opportunità della ripresa è rimasto lucido, i conti si sono rivelati in equilibrio. Parlare di questo fa bene a tutti. Un contributo – parziale ma interessante – all’incoraggiamento di sistema che cova poi necessarie riorganizzazioni attorno a cui le risorse diventeranno essenziali. Ma l’occasione non è per fare baratti. E’ per ragionare.
Le Scuole Civiche milanesi portano nomi illustri del ‘900 culturale: il nome di Paolo Grassi per il teatro, quello di Claudio Abbado per la Musica, quello di Luchino Visconti per il Cinema e quello di Altiero Spinelli per la mediazione linguistica. Quanto contano le radici in questo momento?
E’ una domanda giusta e la risposta vale per tutti non solo per Milano. Se posso dire, vale molto anche per le persone. Di Paolo Grassi sono stato assistente in Rai, di Claudio Abbado sono stato amico (e vicino di casa), Altiero Spinelli è stato il riferimento del mio primo lavoro serio fatto per la Commissione europea e Luchino Visconti per più di una generazione è stato maestro d’arte. Ma in ogni angolo della vita culturale italiana le storie che vengono da lontano sorreggono visibilmente anche l’impegno degli operatori a “non mollare”. E sono segnali di fidelizzazione di pubblici competenti, sono la condizione per avere coerenza proprio quando si innova, quando si trova fiducia nella trasformazione digitale, quando si ragiona su nuovi linguaggi e nuove estetiche.
Quale è l’obiettivo più significativo ora dello sguardo al futuro?
Pur facendo tutti parte di un momento psicologico in cui prevale il tema della sopravvivenza, c’è da pensare che la privazione intellettuale, morale, cognitiva, critica, per un grande numero di persone, di riti che si svolgono stando insieme, genererà un rilancio della domanda. E quindi sarà la premessa di una modernizzazione necessaria, di una cooperazione intersettoriale (media-spettacolo-cultura) che ha bisogno di nuove volontà e – per quanto ci riguarda – di una rilanciata formazione in cui è evidente l’interesse delle città più moderne e delle istituzioni di riferimento di sostenere forme organizzative di livello superiore.
Con chi vi confrontate in questa intensa giornata?
Con le istituzioni (in apertura la ministra dell’Università Cristina Messa del cui settore AFAM le nostre Scuole superiori sono parte; in chiusura l’assessore alla cultura di Milano Filippo Del Corno; e ancora due direttori generali ministeriali, Nicola Borrelli alla Cultura e Gianluca Cerracchio all’Università). Con operatori di rilevanti ambiti (il direttore del Piccolo Teatro Claudio Longhi, il sovrintendente dell’Opera di Roma Carlo Fuortes, la presidente dei produttori Anica Francesca Cima). Con studiosi ed esperti di chiara fama (il rettore della Statale Elio Franzini, la prof.ssa Paola Dubini della Bocconi e il prof. Riccardo Fedriga dell’Università di Bologna) e con due figure del livello del prof. Massimo Galli per parlare del contesto di “convivenza” con la pandemia e del prof. Federico Butera per immaginare lo scatto riorganizzativo necessario. E ancora con chi ha amministrato il personale della Rai per decenni, Luciano Flussi, per parlare di trasformazione dei mercati del lavoro. Infine in campo il management della Fondazione e i direttori delle Scuole (Roberto Favaro, Musica; Tatiana Olear, Teatro; Minnie Ferrara, Cinema e Fabrizia Parini, Interpreti e Traduttori).