Pollicino semina briciole di pane nel bosco per ritrovare la strada di casa, Cappuccetto Rosso, invece, si mette in cammino verso la casa della nonna con un cestino colmo di prelibatezze. E poi ancora Hansel e Gretel e la casetta di marzapane della strega cattiva o Alice nel Paese delle Meraviglie che festeggia il suo ‘non compleanno’ insieme al Cappellaio Matto tra torte, pasticcini e fontane di te.
Che venga usato come mezzo o come metafora, il cibo è tra gli elementi chiave di tante fiabe, un filo conduttore simbolico che accompagna i protagonisti nel bene e nel male. Non ultimo il caso della Bella Addormentata nel Bosco, dove la principessa rischia la morte per non aver assegnato ad una fata un posto a tavola, o alla fatidica mela avvelenata offerta all’ignara Biancaneve.
Frutta, dolciumi e pane, ma anche legumi e pesce, fanno capolino nelle favole. Sarà, infatti, un piccolo e verde pisello a far scoprire alla famiglia reale il volto della vera principessa, mentre è grazie a una piantina di fagioli che Jack riuscirà ad assicurare una vita migliore alla sua famiglia.
Nelle Avventure di Pinocchio, non è un caso che la cena con il Gatto e la Volpe sia all’Osteria Gambero Rosso. Cibo che riesce a ben sottolineare le differenze di ceto sociale. Se la ricchezza nelle favole è simboleggiata da tavole imbandite con cacciagione e vino, quelle dei poveri sono descritte con tozzi di pane raffermo e minestre di legumi.
“La fiaba per gli adulti è la rottura con il regime alimentare coatto”, spiega all’Ansa Alberto Capatti, tra i più importanti studiosi di gastronomia italiana, che parteciperà il 25 agosto alla decima edizione del Festival dei Sensi in Puglia a Valle D’Itria, per approfondire il rapporto tra fiabe e cibo.
“Rovesciando ogni valore medico o economico – precisa ancora l’esperto – il cibo nelle favole permette di fare della trasgressione immaginaria una nuova libertà. Per questo, più che i bimbi, i veri destinatari della fiaba sono gli adulti stessi alla ricerca di una dismisura a regola d’arte”.