giovedì 21 Novembre 2024
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L’enigma della Corona

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E’ stato presentato ieri, nella prestigiosa sede del Circolo Canottieri Aniene di Roma, alla presenza di Enrico Vanzina, Regista e Scrittore e di Candida Carrino, Direttore dell’Archivio di Stato di Napoli, “L’Enigma della Corona. Carlo III di Borbone e i diamanti Farnese”, curato da Annamaria Barbato Ricci e Ciro Paolillo, per i tipi di Gangemi Editore International.

Un libro che si legge con estremo interesse, non solo perche cerca di fare luce sulla misteriosa scomparsa della Corona Borbone, creata per l’incoronazione di Re Carlo III° a Palermo nel 1735 su progetto dell’orafo Claude Imbert, incaricato da Elisabetta Farnese, madre del neo-sovrano,  e conservato nel Fondo di Casa Reale dell’Archivio di Stato di Napoli.

Corona

Ma soprattutto perchè grazie a Ciro Paolillo, docente di gemmologia investigativa e studioso di fama internazionale, è stato possibile ottenerne una fedele e straordinaria riproduzione, realizzata con una complessa operazione che intreccia oreficeria tradizionale e progettazione con sistemi avanzati, col supporto professionale di orafi come Armando Arcovito-responsabile per le analisi degli smeraldi nei Musei Vaticani a Roma e Consulente per il Museo del Tesoro di San Gennaro a Napoli-e di Claudia Romano per la modellazione al computer attraverso un moderno software.

Fu proprio con questa corona che Carlo di Borbone fu incoronato il 3 luglio 1735 nella cattedrale di Palermo. Voluta dalla madre di Carlo, Elisabetta Farnese, regina di Spagna, era considerato il gioiello più prezioso dei suoi tempi, con oltre 300 diamanti di varie dimensioni, dai dieci al mezzo carato che ne facevano risaltare il più impressionante di tutti, il diamante violetto Farnese, 42 carati di un colore mai sperimentato prima.

Il periodo contrassegnato dal regno di Carlo di Borbone-sul trono di Napoli per ben 25 anni, dal 1734 al 1759, quando poi, a causa della dipartita del padre Filippo V, dovette tornare in Spagna, dove regnò fino alla sua morte avvenuta nel 1788-segnò l’ascesa della città a vera e propria Capitale di rango europeo diventando-come giustamente ricordato da Pierluca Impronta, Presidente MAG Italia Group che ha sostenuto la pubblicazione del libro-”un volano di cultura in tanti settori:qui fiorirono grandi menti giuridiche, filosofiche, storiche; qui arte e architettura trovarono grande fulgore; qui sorse la prima cattedra di economia e nacque un punto di riferimento della ricerca archeologica, grazie alla scoperta di Pompei ed Ercolano; Gaetano Filangieri, illustre pensatore partenopeo, fu persino ispiratore della Costituzione Americana”.

Della Corona si era persa ogni traccia durante il regno del figlio di Carlo, Ferdinando IV°.

Si ipotizza che avesse seguito la famiglia reale con una quantità incalcolabile di beni preziosi, durante il trasferimento a Palermo sulla nave ammiraglia inglese Vanguard, di cui era al comando Orazio Nelson.

Ritornati i reali a Napoli, dopo che le soldataglie al seguito del Cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria repressero nel sangue la Rivoluzione partenopea del 1799, non si ebbero più notizie della Corona Borbone.

Da oltre 300 anni risulta sparita e nessuno, salvo che non se ne rintracci il sembiante in ritratti d’epoca o in riproduzioni pittoriche di maniera, l’ha mai più vista.

Se ne era persino persa la memoria, se non fosse stato per quel foglio contenuto in una busta d’archivio.

Ogni fogliolina cesellata, ogni pietra di taglio antico, compreso l’enorme diamante Farnese di rarissimo colore “violetto” da 42 carati, ogni elemento che arricchisce questo prezioso gioiello sono stati magistralmente ricostruiti con l’ausilio di pietre simulanti di sbalorditivo effetto

Intorno a un oggetto antico così prezioso, avvolto nel mistero, Annamaria Barbato Ricci e Ciro Paolillo hanno messo insieme in un volume gli scarsi indizi sulla vicenda, che farebbe risalire la sua sparizione alla fuga a Palermo di Ferdinando IV di Borbone e a certe perdite al gioco di diamanti dell’Ammiraglio Orazio Nelson. Costui fu pupillo della regina Maria Carolina insieme alla sua compagna Emma Hamilton e comandante della flotta che condusse la famiglia reale e la Corte da Napoli a Palermo e, per tale motivo, destinatario di un’ immensa gratitudine da parte dei sovrani.

Molte le ipotesi e le congetture proposte nel libro: disfatta, monetizzata per pagare le spese reali o l’impresa di riconquista di Napoli del Cardinale Ruffo; o ancora, per donativi a Nelson, autore del trasferimento della famiglia reale a Palermo.

La replica realizzata da Ciro Paolillo è in argento dorato, con oltre 300 “cubik zirconia” taglio antico, simulanti i diamanti bianchi, e un’ametista quadrata, anch’essa tagliata stile XVIII secolo.

La corona copia perfettamente il disegno di Imbert, conservato nell’Archivio di Stato di Napoli, nel ricco Fondo della Casa Reale Borbone.

“La corona rinata – afferma la Direttrice dell’Archivio di Stato, Candida Carrino – è la prova di come la ricca messe documentale che custodiamo nei 70 chilometri di scaffali dipanantisi nei 24mila metri quadrati della nostra sede sostanzi continuamente importanti ritrovamenti che non finiscono mai di stupire”.

Un noir perfetto, questo “L’Enigma della Corona”, in cui tutti gli elementi concorrono a tenere alta l’attenzione del lettore, come scrive Annamaria Barbato Ricci nella sua puntuale Introduzione al libro: “un oggetto d’immenso pregio, sia nel valore venale che in quello simbolico; re e regine con i loro vizi e virtù, perchè la pruderie non guasta mai; l’amore di una madre potente che trama e intriga per dare un trono al suo potente figlio e, dalla posizione raggiunta iure nuptialis, si comporta come una sorta di deus ex machina persino per fargli realizzare la corona più bella fra tutte quelle delle case allora regnanti”.

Enigma della corona

All’indomani dell’incoronazione di un altro Re Carlo, quello d’Inghilterra, “L’Enigma della Corona” è una storia vera che supera ogni fantasia, e soprattutto una quanto mai piacevole riappropriazione del nostro passato e della nostra identità, in un periodo in cui sembrano prevalere i sinistri pifferai della cancel culture.






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