Nel Nuovo Testamento c’è un magnifico libro chiamato Gli Atti degli Apostoli dove si racconta dei primi tempi della Chiesa dopo la Risurrezione e Ascensione di Cristo. Gesù aveva promesso che il Padre avrebbe inviato “il Consolatore, lo Spirito Santo che v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto (Giovanni 14)”. Nel giorno della Pentecoste questa promessa viene mantenuta: gli Apostoli si trasformano. Da timidi diventano sfrontati: parlano chiaro e tutti li capiscono. Tremila si fanno battezzare.
Nell’Antico Testamento si parla dello Spirito Santo: aleggia sulle acque al momento della creazione, mentre nel Nuovo Testamento è il protagonista dell’Annunciazione. Creazione e redenzione. Lo Spirito Santo dà vita e imprime una svolta nella vita degli uomini.
Gli Atti degli Apostoli sono imbevuti di Spirito Santo. «È parso bene allo Spirito Santo e a noi» (At 15,13) affermano gli Apostoli dopo il primo concilio, quando si doveva decidere la linea di condotta con i pagani convertiti.
Lo Spirito Santo fa intendere chiaramente a san Paolo dove deve andare e dove deve fermarsi. È il grande regista che governa la nascita della Chiesa. Gesù lo aveva promesso.
Maria è la sposa dello Spirito Santo e lo porta con sé facendo sobbalzare Giovanni Battista nel seno di Elisabetta, che a sua volta è ispirata quando dice: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno» (Lc 1,42). Maria c’insegna ad ascoltare la Sua voce meditando nel proprio cuore gli avvenimenti. Lo Spirito Santo prorompe in modo infuocato il giorno di Pentecoste mentre gli Apostoli sono con Maria.
Mi è stato sempre chiaro che lo Spirito Santo non è una divinità a sé ma è una persona divina in relazione col Padre e il Figlio. Ha un ruolo proprio. È il dolce ospite dell’anima, colui che posso ascoltare nel momento della preghiera silenziosa e nel ringraziamento dopo la Comunione. Quanti errori avrei evitato ascoltando meglio lo Spirito Santo e quanto lo devo ringraziare per il percorso della mia vita. Cerco di meditare queste cose assieme a Maria che è il grande scrigno dello Spirito Santo.
So che Dio Padre è onnipotente e mi rivolgo a Lui quando ho bisogno della Sua potenza. So che i meriti di Gesù sono sovrabbondanti e perciò prego con la Chiesa: «Per Gesù Cristo nostro Signore». Chiedo lumi allo Spirito Santo tutte le volte, e sono molte, che sento il bisogno di capire cosa devo fare. In più c’è la sposa dello Spirito Santo, Maria, figlia di Dio Padre e madre di Dio Figlio che è l’onnipotenza supplicante. Colei che è piena di Spirito Santo mi illumina ed è Lei stessa la madre a cui ricorrere. Mi pare, in conclusione, che della Trinità so abbastanza per avere un rapporto vivo con Dio e sentirmi in missione per conto Suo. «Come il Padre ha mandato me così io mando voi» ha detto Gesù. Sono concetti fondamentali: mi aiuta molto tornarvi sopra e fermarmi su di essi. Sono figlio di Dio Padre, fratello di Gesù, contenitore dello Spirito Santo e protetto da Maria. È tanto…
Lo Spirito Santo, dolce ospite dell’anima, più intimo a me di me stesso, come diceva Agostino, è il sostegno nostro e di tutta la Chiesa: non è soltanto un sostegno personale ma di tutta la comunità umana. Diciamolo pure: senza lo spirito cristiano la civiltà decade inesorabilmente. Un esempio sotto i nostri occhi: la Comunità Europea è nata prevalentemente a opera di cristiani convinti come De Gasperi, Schuman (per entrambi è in corso il processo di beatificazione) e Adenauer. Dopo i primi anni la cultura tecnocratica si è imposta generando un’entità tecnica in cui è difficile riconoscersi. È solo un esempio, che richiama il racconto biblico della Torre di Babele. Quando gli uomini pretendono di creare un’opera comune prescindendo da Dio, il risultato è la confusione e la divisione. Nella Pentecoste non si realizza un’unità organizzativa bensì un’unità sostanziale che nasce dalla comunione dei santi, pur nelle differenze di lingue e culture. C’è poco da fare: la nostra civiltà nasce dall’inabitazione dello Spirito Santo nei cuori. Senza di Lui, nulla.
Mi ha sempre colpito il racconto della discesa dello Spirito Santo su Maria e i discepoli come si legge nel capitolo secondo degli Atti degli Apostoli. Avviene qualcosa di scenografico: il rombo di un vento impetuoso e lingue di fuoco sul capo di ciascuno. Ma ciò che mi meraviglia e mi fa pensare è il fatto che già da tempo gli Apostoli avevano visto e sentito cose meravigliose, come i miracoli di Gesù e soprattutto la sua Risurrezione. Tommaso aveva messo la sua mano nelle piaghe, avevano visto Gesù risorto mangiare per chiarire che non era un fantasma ma un vero corpo (glorioso). Ciononostante non escono gridando per le strade, rimangono silenziosi e riuniti a pregare. Solo quando arriva lo Spirito Santo c’è l’esplosione apostolica: parlano alle genti e una gran folla si converte. Perché il Signore ha disposto così le cose? Evidentemente per farmi capire che da solo non sono capace di trasmettere il Vangelo. Solo con lo Spirito Santo si può svolgere un’azione efficace, si possono toccare i cuori. Mi lascia interdetto questa collaborazione fra Dio e l’uomo. Specialmente nella nostra epoca, con la cultura del farsi da sé, mi sento portato a progettare grandi strategie per far conoscere Gesù, e invece il Signore mi dice: «Stai quieto, prega e le cose andranno da sé e avrai la certezza che è la grazia di Dio che agisce. Piuttosto cerca di essere umile e possibilmente allegro perché la gioia è la prima conseguenza della presenza dello Spirito». Quand’è che mi muovo bene? Quando ho il fuoco dentro e il fuoco l’accende lo Spirito Santo. Se penso alla banalità della mia vita se non avessi incontrato Gesù… E riesco a capire Gesù se è lo Spirito Santo che me lo fa comprendere.
Il dono dello Spirito Santo, che compendia in sé tutti gli altri doni, è la serenità. Ciò che viene da Dio porta serenità. Me lo disse il sacerdote quando per la prima volta tornai a confessarmi. È una verità confortante. La serenità del cristiano è un dono per chi convive con lui. Una persona serena è più desiderabile di una efficiente, perché non basta fare cose, occorre farle diffondendo pace. La serenità non viene dal «pensare positivo» all’americana, ma dalla certezza di essere amati da Dio. I percorsi di Dio non sono quelli mondani: il successo, il denaro, la sensualità, il chiasso, la popolarità. Dio comunica col profeta Elia non nel fuoco, nel vento o nel terremoto (1Re 19), ma col soffio leggero; per venire fra noi sceglie il grembo di un’umile fanciulla, nasce in una stalla, conduce una vita nascosta, poi fa cose meravigliose spiegandone il significato a dodici persone non eccezionali, muore soffrendo, abbandonato da tutti eccetto sua madre e l’adolescente Giovanni. È un Dio silenzioso capace di confortare chi soffre perché lo precede e l’accompagna. Il credente sa che le contrarietà hanno un valore che ci sarà svelato al compimento della vita e sa che non deve inseguire vanità. È sereno e porta il buon odore di Gesù anche se non se ne accorge. Il cristiano non rinuncia ai diritti di cittadino, ma non pone in essi la sua speranza. Sa che è in missione per conto di Dio («Come il Padre ha mandato me così io mando voi», Gv 20,21), ma sarà Dio stesso a dargli l’efficacia apostolica. I santi soffrono, come Gesù, ma sono sereni perché lo Spirito Santo li sostiene.