Da sei giorni sono impalato davanti alla tv. Prima stupefatto, poi allibito, ora con un permanente malessere.
Do’ per scontate tutta una serie di considerazioni (che magari così scontate non sono) a partire dalla follia di invadere un paese indipendente e sovrano nel momento in cui è avviata -a livello di capi di stato e di governo- una intensissima trattativa diplomatica.
Gli specialisti di politica estera (che hanno finalmente sostituito gli immunologi) sostengono che siamo all’inizio dell’era multipolare, in cui gli antichi combattenti devono convivere con nuovi protagonisti, agguerriti e moderni, che hanno due caratteristiche: hanno sostituito alla ideologia e alla religione la fede cieca nel mercato e che abiurano la democrazia non per “tirannide” ma per efficientismo.
Per vincere sul mercato devi essere il più veloce, scaltro, spregiudicato. Non puoi permetterti i formalismi della democrazia quali il consenso della opinione pubblica, la divisione dei poteri, le critiche dei media.
Parliamo ovviamente della Cina, in attesa dell’India e, successivamente dell’Africa.
Quindi -per seguire gli esperti- Putin, in questa prospettiva, cerca di presentarsi al mondo nuovo con il massimo del territorio e del potere.
Il suo paese è già storicamente illiberale e monocratico ma non è certamente dinamico e competitivo a livello economico.
Pensa di rafforzarsi facilmente a danno del suo avversario più debole (perché democratico): l’Europa.
Una guerra utile a rendere più compatto, coeso e valutabile il suo biglietto da visita.
Peccato che per ora abbia ottenuto l’esatto contrario.
Ha rivitalizzato l’immagine di Biden dopo il disastro dell’Afghanistan. Il presidente americano è stato il primo a capire le vere intenzioni della Russia, forse perché egli stesso è un “vecchio arnese” della guerra fredda.
L’Europa è “esplosa” in un inedito protagonismo (già intravisto in occasione della pandemia). Tutti d’accordo, determinati, proattivi. Forse perché questa volta le nazioni dell’est, di solito le più recalcitranti, sono quelle che si sentono più in pericolo.
Putin rischia di avere svegliato l’Unione europea dal suo sonno beato. L’impressione è che il vecchio continente si sia reso conto che l’America e la NATO non bastano più. Che deve prendere in mano il proprio destino.
Vedo nelle operazioni militari di questi giorni (l’invio di armi agli Ucraini e di militari ai confini continentali) il prologo di un esercito europeo.
Analogamente i 27 stanno capendo che devono diminuire la loro dipendenza energetica, onde non essere continuamente ricattati. E che questo è possibile solo cooperando tutti ad un unico progetto.
Valuteremo anche l’efficacia delle sanzioni economiche, quando queste vogliono essere davvero cattive. Per intanto assistiamo ad un inedito nervosismo degli oligarchi, vera base del potere del presidente russo. Per altro, da quelle parti, come ai tempi dei Borgia, quando tradisci ti avvelenano.
Il silente e rassegnato popolo russo, che dovrebbe inorgoglirsi della mastodontica campagna di conquista del suo Zar, non solo si trova in guerra contro un territorio amico (anche “parente” considerati i milioni di incroci famigliari) ma scopre un isolamento internazionale spontaneo e “sentimentale” nel campo dello sport, dello spettacolo, della cultura. Assiste anche incredulo ai siparietti televisivi in cui Putin strapazza il suo capo dei servizi segreti (che dovrebbe essere l’uomo più misterioso al mondo) e in cui ordina a una coppia di generali, intimiditi e confusi come scolaretti (talmente spaventati che potrebbero schiacciare il pulsante sbagliato), di alzare il livello di allerta nucleare.
Per di più, l’autocrate russo, bisognoso com’è dell’appoggio cinese, rischia di passare come il Lukashenko di XI Jinping.
Finisco dicendovi la mia poco documentata impressione. Credo che siamo più modestamente di fronte all’ultimo rigurgito della vecchia nomenclatura “bipolare”, nostalgica della comoda e confortevole guerra fredda, che divideva il mondo in due “certezze”, in due fedi che fronteggiandosi si completavano, che minacciandosi si legittimavano.
Penso che Putin si sia spinto troppo in là per tutti e che pagherà il prezzo in tempi brevi, ad opera del suo stesso paese.
Queste gigantesche questioni mi riportano ad una dimensione personale minima e banale che affrontiamo ogni giorno. Ricordiamoci che la libertà, collettiva o individuale, ha sempre un prezzo.