La caduta degli dei si avvicina. Non si può evitare di citare Richard Wagner di fronte alla crisi che, in Germania, ha investito la leadership di Angela Merkel e della Cdu, il partito cristiano-democratico che, a partire dal dopoguerra, ha quasi sempre governato il paese con personalità del calibro di Konrad Adenauer, l’artefice della ricostruzione, e di Helmut Kohl, il padre della riunificazione.
A Berlino la terza ondata del coronavirus si è trasformata in una crisi politica che ha portato ad una forte contrapposizione tra Governo centrale e Laender, tanto che la cancelliera Merkel ha dovuto, prima di Pasqua, fare clamorosamente marcia indietro sulle annunciate chiusure ed ora, per superare lo stallo, intende strappare ai governi regionali alcune competenze in materia sanitaria.
Ma il segnale più preoccupante è il calo dei consensi del partito egemone, la Cdu, in vista delle elezioni politiche che si terranno il prossimo settembre e che coincideranno con il ritiro politico di Angela Merkel dopo 16 anni alla guida della Germania.
Sebbene i cristiano-democratici continuino a essere primo partito nei sondaggi, le rilevazioni dei principali istituti sono concordi nel mostrarli sotto la soglia del 30%, percentuale non certo soddisfacente per chi, prima della pandemia, era stabilmente al 40%. Al tempo stesso continua l’ascesa dei Verdi, ormai staccati di pochissimo nei sondaggi dalla Cdu tanto che alcuni pronosticano addirittura un sorpasso.
E’ una situazione di crisi che nasce da dinamiche che intersecano la pandemia, ma che ha anche altre motivazioni.
In primo luogo, la transizione post-Merkel. Il nuovo leader della Cdu, il presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia Armin Laschet, non sembra godere di particolare consenso presso l’elettorato, e le elezioni locali tenutesi recentemente in Renania-Palatinato e in Baden-Württemberg hanno rinforzato questa visione. Per giunta, nella strada verso la candidatura a Cancelliere è insidiato da Markus Soeder, Presidente della Baviera e della bavarese Csu, partito-fratello della Cdu.
Entrambi, però, devono fare i conti con gli scandali che riguardano i loro partiti. Prima di tutto, l’affare delle mascherine che vede parlamentari Cdu e Csu accusati di aver guadagnato a titolo personale dalle trattative del governo per la fornitura di mascherine, fungendo da intermediari per favorire alcune aziende. Vi sono poi altri casi, sempre in casa Cdu e Csu, di politici che avrebbero fatto lobbying per Paesi terzi o partiti stranieri.
Come se non bastasse, c’è l’attuale situazione tedesca legata alla pandemia: se nella prima ondata la Germania ha avuto numeri molto positivi rispetto a quelli di altri Paesi europei, adesso la situazione è peggiorata e la Germania e’ in difficoltà nella lotta al Covid. Una situazione che sembra creare diversi problemi alla Cdu, in quanto principale partito di governo e che per giunta esprime il ministro della Salute.
In questa situazione si inseriscono facilmente i Verdi che contendono da tempo consenso ai cristiano-democratici, anche per effetto del centrismo merkeliano che ha portato alcune fasce di elettorato a essere contendibili da formazioni più progressiste.
La loro candidata a settembre sarà Annalena Baerbock attuale co-segretaria dei Verdi. Unica donna tra i partiti maggiori (una circostanza non di poco conto per un Paese che viene da anni di merkelismo), Baerbock esprime inoltre una leadership giovane, autenticamente europeista e alternativa al bipolarismo Spd-Cdu.
I Verdi, quindi, saranno con ogni probabilità la vera sorpresa delle elezioni di settembre in Germania e a farne le spese sarebbe prima di tutto la Spd, i socialdemocratici, fermi al 15% nei sondaggi, che rischiano in questo modo di perdere la loro funzione di alternativa anche per effetto degli ultimi anni di larghe intese. Qualora però il loro consenso aumentasse in campagna elettorale, questo potrebbe aprire all’ipotesi di dialogo con i Verdi, marginalizzando ulteriormente i cristiano-democratici.
Altre incognite sono poi rappresentate dai liberali della Fdp (attualmente intorno all’8%, percentuale che potrebbe risultare utile sia ai cristiano-democratici che ai Verdi) o dalla Linke, un partito diviso tra le due anime di lotta e di governo ma che vuole provare a incidere spostando a sinistra l’asse della politica tedesca.
C’e’, infine, chi punta il dito sulle responsabilita’ di Angela Merkel e del suo stile di Governo tanto che in Germania “merkelismo” è essenzialmente diventato sinonimo di centrismo esasperato, temporeggiamento estremo, scarsa iniziativa.
Alcuni sketch televisivi satirici dipingono il “merkelismo” come una patologia che porta a non prendere mai una decisione chiara, a non scegliere mai da che parte andare
Secondo molti commentatori economici, Merkel non ha mai affrontato con decisione i problemi di fondo del Paese.
Al di là della pandemia, la Germania al momento deve confrontarsi con tre questioni sostanziali.
–la Germania è all’opposto rispetto al resto del mondo, che si sta sempre di più spostando verso i servizi a scapito dell’industria. Una tendenza che penalizza la Germania, che eccelle nei settori automobilistico, chimico e dei macchinari.
–La demografia penalizzerà sempre più la crescita tedesca. Dopo decenni di tassi di nascita bassi (1,59 figli per donna nel 2019), la popolazione in età lavorativa diminuirà. Si prevede che questo sviluppo peggiorerà ulteriormente le difficoltà di assunzione delle aziende e peserà sui consumi e sugli investimenti e le imprese saranno meno incentivate a investire.
–Gli investimenti pubblici hanno rappresentato solo il 2% del Pil tedesco nel 2019, rispetto al 3% nell’Eurozona e all’oltre 3,5% in Giappone. Questo potrebbe portare a un degrado delle infrastrutture, che probabilmente si tradurrà in bassi incrementi di produttività. L’abbandono del dogma di bilancio è un buon inizio, ma gli sforzi del futuro governo dovranno essere, secondo gli economisti, più sostanziali.