Momenti di gloria. Lo sport fa sentire grande l’Italia.
È necessario sottolineare “momenti”.
La vera gloria è rara, quindi non può che essere episodica e improgrammabile.
Certo, secondo logica essa è il coronamento di un faticoso percorso, pieno di intralci e cadute, fatto di impegno, metodo, caparbietà, costanza.
Nonostante ciò, appare sempre improvvisa e inaspettata.
Il numero di mezzi di comunicazione e la quantità di tempo che dedichiamo loro fanno crescere la tendenza a moltiplicare i fatti “straordinari”, a sviluppare eventi, a inventarsi nuove sfide imperdibili.
Ma sulla straordinarietà dei fatti non possiamo barare con noi stessi. Sappiamo benissimo distinguere quali siano le circostanze uniche ed eccezionali.
L’Italia è reduce da una stagione di successi internazionali: l’Eurovision festival (di cui confesso di aver sottovalutato l’importanza), gli Europei di calcio, gli ori per i cento metri e il salto in alto.
Credo che i primi due possano essere considerati soddisfazioni ripetibili in un tempo medio.
Mentre l’exploit in atletica sarà da ricordare per molto tempo.
In fondo tutte le sfide sportive mettono alla prova le peculiarità dell’uomo: talento, resistenza, coraggio, intelligenza, controllo delle emozioni.
Ma in questo caso siamo in pieno evoluzionismo. Stiamo parlando dei limiti della specie: velocità e salto.
Le attività più basiche dell’uomo, apparentemente ormai insignificanti alla luce delle moderne tecnologie.
Ma sono proprio i limiti “naturali” gli unici che permettono di valutare i progressi dell’umanità.
Immagino lo stupore del mondo che ci guarda. Proprio perché siamo preceduti dagli abituali pregiudizi (approssimativi, inaffidabili, poco motivati) riusciamo sempre a spiazzare.
Ma i più sbalorditi sono gli Italiani stessi.
I risultati vengono quando sono maturi, punto e basta.
Ma la percezione nel pubblico è diversa.
La nazione vive la rinascita dopo l’abisso, sente di essere un esempio e di dimostrarsi all’altezza delle aspettative generali.
Questi trofei e medaglie sono le prime dimostrazioni che siamo tornati, più forti di prima.
Mattarella e Draghi (che non hanno ovviamente alcun merito) sanno però dare, dall’alto della loro neutralità, un senso più completo e identitario alle vittorie.
E si congratulano con gli atleti prima che lo possano fare le loro stesse mamme.