Donald Trump ha detto, senza mezzi termini o altri sotterfugi verbali: l’Europa (id est: l’Unione Europea non l’insieme dei suoi abitanti) è mia nemica e Bruxelles ha tremato.
Matteo Salvini ha solo accennato (peraltro molto timidamente) alla necessità di modificare le regole del gioco contenute nei Trattati Europei, non ha votato per il vertice (color rosa) dell’Unione Europea, voluto dalla Merkel e da Macron e ha dovuto lasciare il Governo in Italia, restituendolo, per il peso determinante di un redivivo Renzi, alla gauche “usa a ubbidir tacendo”.
I due effetti divergenti dipendono solo dalla diversa importanza dei due Paesi in conflitto (il primo palese il secondo solo embrionale) con i tecnocrati di Bruxelles o anche da altro? E’ questa la domanda che gli Italiani, amanti dell’indipendenza del loro Paese, devono porsi. Certamente, il “peso” diverso dei due Paesi ha avuto un ruolo decisivo;ma non è stato il solo. E’ la diversa statura politica dei due leader che ha fatto la differenza.
Già la reazione Salviniana con il discorso sulla rincorsa spasmodica alle poltrone da parte degli Italiani che si dedicano all’attività politica è stata molto riduttiva. In primo luogo, perché, se si tratta di una caratteristica deteriore della nostra classe parlamentare, la critica al “poltronismo” difficilmente può restringersi solo a una parte politica e non allargarsi anche all’altra. E ciò, anche se una prova contraria è stata offerta, in questa occasione dai leghisti (non si sa, però, con quanta, condivisa, spontaneità). In secondo luogo, perché se è vero, come il leader della Lega sostiene e come appare più che verosimile, che l’ordine di serrare le file contro il “sovranismo” (che rischiava di mettere in cirsi l’attuale assetto europeo con egemonia franco-tedesca) è arrivato da Bruxelles (come, si dice, con altrettanta verosimiglianza, avvenne già per il Governo Monti) ai parlamentari del Partito Democratico e del Movimento Cinque Stelle può imputarsi di essere ligi ai diktat perentori provenienti dalle forze economiche che sostengono gli uni e gli altri (come, in eguale maniera, sorreggono verosimilmente tutte le forze della sinistra occidentale: democratici statunitensi, laburisti inglesi, cristiano sociali e socialdemocratici tedeschi e così via, trovandoli, conseguentemente, sempre e senza eccezioni sulla loro linea). Utilizzare l’attaccamento alla poltrona è solo prendersela con il “companatico” del piatto per loro preparato.
La verità è che per promuovere una linea di attacco alla gestione economica asfittica dell’Unione Europea, ai tecnocrati di Bruxelles, mantenuti da noi ma diretti dai Paperoni di New York e di Londra, bisogna avere la tempra, piuttosto rara, di un Donald Trump. E bisogna avere anche la sua perspicacia e abilità di comunicazione politica. In Italia, pochi hanno capito che l’endorsment a Conte, come ho già scritto, è stato un colpo da Maestro: una polpetta avvelenata per il “professore”, offertagli in modo visibile e plateale per metterlo in cattiva luce presso i suoi protettori europei, e uno scappellotto a Salvini per la sua ingenuità e sprovvedutezza.
Trump non è lucidamente ateo, come lo era Winston Churchill (o per lo meno non dichiara di esserlo), ma è difficile immaginarlo concionare una folla, stringendo tra le mani un rosario, baciando voluttuosamente la croce metallica di quella catenina e invocare il Cuore Immacolato di Maria per farsi perdonare di attaccare (com’è nel suo diritto di governante laico e non confessionale al fine di difendere gli interessi del Paese che l’ha eletto) il Vaticano che è tra le maggiori potenze, straniere e finanziarie, dell’Occidente e un Pontefice argentino che, non a caso, è tra i maggiori fautori del traffico umano di mano d’opera a basso costo, certamente utile alle imprese claudicanti del Bel Paese per aiutarle a restituire i mutui e favorire, così, la crescita delle banche e del capitalismo monetario, ma che sta stravolgendo l’assetto sociale, faticosamente raggiunto dagli Italiani; quelli, cioè, che lo hanno preferito e mandato in Parlamento per le sue idee contro un’immigrazione selvaggia e clandestina.
Il leader leghista dovrebbe anche pensare alle compagnie di cui pensa di avvalersi per la scalata al potere. E ciò senza la fretta di quella “gatta” che fece i figli ciechi! Fratelli d’Italia ha (mai negati, peraltro) trascorsi fascisti e il selfie di Salvini con un mitra in pugno ha preoccupato, non poco, gli Italiani per le eventuali inclinazioni del leader cisalpino verso un autoritarismo di cui nessuno, tranne i fascisti, ha nostalgia in Italia. In Forza Italia, le presenze di consulenti non soltanto della deprecata Goldman Sachs ma di molte altre strutture finanziarie e internazionali di pretesa, neutrale osservazione degli eventi mondiali, sono più che sufficienti per fargli ritenere che quel partito potrebbe avere solo un ruolo di “quinta colonna” nello schieramento che lui vagheggia. D’altro canto, le ultime dichiarazioni dei vertici di quel partito sono chiaramente “anti-sovraniste” e vicine più a quelle del partito democratico degli ex democristiani (residui soprattutto andreottiani) e dei post-comunisti che non a quelle della Lega.
La mancanza di un partito liberale di stampo anglosassone, non caudatario com’è oggi in tutta l’Europa continentale, di democristiani e di sociademocratici è un altro handicap per la sua azione. L’errore dell’intesa con tali liberali, alle ultime elezioni, non ha giovato alla chiarezza e nitidezza né della sua azione politica né di quella liberale, rimasta incerta e confusa, come sempre.
La verità è che la strada per lui (o per chi, eventualmente, in sua vece prenderà la bandiera della quarta guerra d’indipendenza italiana) è ancora in salita ed è stata dannosa per l’irruento leader leghista la speranza di essere vicino alla meta. Non vi era. Sono ancora pochissimi gli Italiani consapevoli del danno che arreca agli abitanti del Bel Paese la permanenza nell’Unione Europea alle attuali condizioni di “servaggio” nei confronti dei Francesi (che li hanno spogliato di tutte le catene commerciali, dai generi alimentari a quelli di lusso) e dei Tedeschi (che hanno preso tutto ciò che era possibile acquistare a prezzi di svendita).
In conclusione e in sintesi, v’è per il leader leghista la necessità:
- a) di liberarsi molto di più di quanto non abbia finora già fatto (ed è stato tanto, in verità) dal becerismo iniziale di un movimento che fondava sul “celodurismo” e sulla “canotta” il suo appeal, ignorando volutamente e con ingiustificato disprezzo, di doversi rivolgere per un vero successo anche a Italiani istruiti e coltivati;
- b) di approfondire, all’interno del suo stesso Movimento, le ragioni profonde e inconfutabili delle istanze “sovraniste”, senza farsi tentare né dai nazionalismi fascisti né dai “buonismi” cattolici che hanno ben altri (e solo apparentemente opposti) obiettivi di illiberalità;
- c) di insistere ripetutamente sul discorso della necessità di un’indipendenza italiana dall’egemonia Europea (e in prevalenza franco-tedesca) portandolo a un livello alto, scientifico e ben documentato (ove possibile, ovviamente) come finora non è mai stato fatto.
Fondi per studi adeguati non dovrebbero essere negati da quei leader politici come Donald Trump, Boris Johnson e tutti gli statunitensi e britannici che non hanno tollerato che l’Occidente, per le mire espansionistiche del capitalismo meramente monetario delle Banche, precipitasse dalle prime posizioni del mondo produttivo ai livelli attuali di crescita prossimi allo zero.
Ora che la loro ripresa economica è certa per gli Stati Uniti d’America e molto probabile per il Regno Unito di Gran Bretagna (non più in preda alle incertezze della May) i due Paesi anglosassoni, empiristi e pragmatici, dovrebbero avere tutto l’interesse a salvare anche l’Occidente Eurocontinentale, sottraendolo all’abbraccio mortifero degli anonimi occupanti delle stanze con ampie vetrate di Wall Street, della City e dei palazzi dell’Unione Europea.