L’Oms istituita nel 1948 dalle Nazioni Unite è finanziata da 194 paesi membri in base al Pil e a contributi volontari. Lo scopo dell’Oms è migliorare il sistema sanitario mondiale attraverso il progresso della medicina e dei servizi sanitari e ospedalieri, raggiungendo il più alto standard di salute per tutti i popoli al mondo.
Il 31 dicembre Wuhan ha riferito il suo stato di emergenza Covid-19 all’Oms ma solo l’11 marzo, con 114 paesi in ginocchio, il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyus, ha dichiarato lo stato di pandemia. Il Covid-19 ad oggi ha causato 112.456.453 casi e 2.497.514 decessi in tutto il mondo.
Tutto questo rappresenta la punta dell’iceberg, “un campanello d’allarme”, come profetizza Michael Ryan, a capo del comparto emergenze dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che al fine di un briefing ha spiegato: ”Dobbiamo prepararci per qualcosa che in futuro potrebbe essere molto di più dell’attuale pandemia” invitando tutti a prepararsi per un futuro non troppo lontano.
Dati drammatici, ma con un tasso di mortalità ragionevolmente basso rispetto alle altre malattie emergenti. La pandemia ha messo in luce la debolezza dell’Oms in termini di risposta rapida alla minaccia alla salute correlate alla rapida diffusione di malattie infettive.
Il rafforzamento dei regolamenti sanitari non è avvenuto. Le misure raccomandate che prevedevano il contenimento e mitigazione, incluso il distanziamento sociale sono state maggiormente inapplicate al di fuori del continente asiatico.
In una società globalizzata la diffusione di malattie infettive rappresenta e rappresenterà la principale minaccia all’umanità. L’Oms deve svolgere un ruolo di coordinamento in virtù della legittimità che le deriva dall’essere un organismo tecnico.
Il processo decisionale dei singoli Stati Membri ha avuto un esito fallimentare, poiché in presenza di emergenze sanitarie transfrontaliere, l’unilateralismo produce solo pessimi risultati.
Alla luce di ciò che è accaduto, e in previsione delle future pandemie che potranno verificarsi successivamente al Coronavirus, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha intrapreso una collaborazione con la Banca Europea, Bei, la più grande banca pubblica internazionale al mondo.
La nuova partnership ha lo scopo di rafforzare la salute pubblica, la formazione agli investimenti in ambito di igiene, ridurre l’impatto sanitario e sociale delle future emergenze sanitarie accelerando i progressi verso una copertura sanitaria universale.
Grazie agli investimenti nelle infrastrutture di assistenza, al miglioramento delle risorse idriche e igieniche, si avrà la possibilità di contrastare la resistenza antimicrobica, una delle minacce sanitarie globali più importanti. L’Oms e Bei stanno lavorando ad un’iniziativa di 1 miliardo per fornire al mondo soluzioni di resistenza antimicrobica.
Al vertice di Berlino l’Oms ha dichiarato l’importanza di aumentare la capacità di sequenziamento genomico in tutto il mondo e la condivisione di informazioni con l’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite e degli altri paesi.
Agli Stati Membri, tenuti ad aggiornare e presentare ogni tre anni il loro piano pandemico, l’Oms ha chiesto preparazione e prontezza. Un piano che contempla le attività necessarie per ridurre il rischio delle malattie infettive e il loro impatto nel corso di una situazione di emergenza sanitaria pubblica. Pianificazione, coordinamento, diagnosi preventiva, valutazione, indagine. Esercitazioni periodiche e la necessità di predisporre di scorte adeguate di farmaci antivirali. La disponibilità di forniture annuali di vaccino contro l’influenza e una nuova riserva di farmaci antivirali durante la fase inter-pandemica.
La dichiarazione di pandemia è un’arma a doppio taglio per l’Oms, ma la futura superficialità di sorveglianza nei confronti degli Stati Membri, i ritardi, le omissioni, potranno causare in futuro ulteriori conseguenze disastrose a cui nessun vaccino saprà porre rimedio.