Il sistema mass-mediatico, gestito o rigorosamente controllato in misura prevalente dal mondo della Finanza occidentale, ha sempre definito dispregiativamente “voto di pancia” il consenso che ha portato alla vittoria referendaria sulla “Brexit”, all’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti d’America e a quella di Boris Johnson in Gran Bretagna.
Certamente, quel voto è nato da un diffuso malcontento delle popolazioni (inglese e nordamericana).
I due Paesi anglosassoni sotto la guida degli Obama e dei Cameron, e prima di essi dei Bush, dei Clinton, dei Blair (e quindi senza alcuna differenza e incidenza del colore politico di quei leader politici) avevano perseguito una politica definita con termine efficace, anche se aggressivo, “imperialistica”; con maggiore precisione, gli Stati Uniti in misura definibile “piena”, la Gran Bretagna, in modo riflesso, per la sua condizione di partecipe all’azione, tendente alle medesime finalità espansionistiche, dell’Unione Europea.
Essa era suggerita all’intero mondo Occidentale dalle centrali finanziarie di Wall Street, della City (e di Bruxelles) ed era volta: a) alla globalizzazione dell’economia, b) a un’attenzione particolare all’attività (anche disastrosa) degli istituti del credito, c) a una delocalizzazione degli opifici industriali fuori dai propri confini, d) a una visione e a una versione monetaristica del capitalismo, favorita da allarmi ecologici contro l’inquinamento delle fabbriche, sostenuti e promossi, dai Finanzieri, con risorse adeguate.
In particolare, gli Stati Uniti e qualche Stato-membro dell’Unione Europea più condizionato dal sostegno della potente industria pesante delle armi da guerra, avevano inviato anche proprie truppe al costante massacro di esseri umani (mal tollerato all’interno dei rispettivi Paesi), al fine dichiarato (e ritenuto sempre meno credibile) di “garantire una pace” in luoghi dove da duemila anni, lobby potenti e nascoste delle tre religioni più bellicose e aggressive dell’intero Pianeta non facevano altro che accendere focolai di scontri terribilmente distruttivi. E ciò, non tanto per necessità di un insensato proselitismo (pure evidenti) quanto per un calcolato interesse economico.
Quella protesta popolare, percepibile e diffusa, aveva trovato in entrambi i Paesi leadere forze politiche “pensanti” capaci di trasformare il “voto di pancia” in “voto di testa”.
Donald Trump e Boris Johnson avevano intuito e colto nella protesta popolare la preoccupazione che l’abbandono della “civiltà industriale” per quella “monetaristica” perseguita dalle Banche avrebbe avuto solo effetti negativi per la crescita di una progressiva povertà, corrispondente, per converso, a una smisurata ricchezza delle banche.
E in più avrebbe posto gli stessi leaderpolitici alla mercé dei tycoon della Finanza, con la conseguente fine di ogni possibilità di vita democratica, autonoma e indipendente.
Il capitalismo industriale, nella visione dei due leader anglosassoni, andava preservato, curato e salvato dai pericoli che stava correndo: non condannato a morte.
E ciò, anche a costo di rivedere alcuni principi del liberalismo economico, divenuti veri mostri sacridella civiltà, prima occidentale e poi mondiale.
Se, infatti, le condizioni in cui erano stati pensati ed enunciati quei principi erano cambiate, occorreva rivederli senza sacrificare le attività produttive. E ciò segnatamente in materia di libertà di scambio (di uomini ma soprattutto di merci).
Sulla strada tracciata dai due Statisti, la ripresa della produzione stava segnando progressi notevoliche soltanto la pandemia del Corona virus ha rimesso in discussione.
L’Unione Europea, per effetto della crisi economica determinata dalla diffusione dell’epidemia, è diventata ancor più l’ultima spiaggia del monetarismo bancario. Con i suoi addentellati gauchiste (di origine cristiana o marxista), nelle logge massoniche, nelle lobby ebraiche e negli ambulacri vaticani, l’alta Finanza si appresta a prendersi la sua rivincita.
Particolarmente delicata e importante appare la situazione dell’Italia.
Nell’emergenza, le forze politiche falsamente prevalenti nel Paese (ripetutamente sconfitte nelle ultime prove elettorali) e uomini politici inseriti nell’establishment istituzionale hanno potuto muoversi per “racimolare”, in una realtà pubblica sgangherata, un gruppo di persone, prevalentemente incolte e diffusamente incompetenti, per costituire un governo raccogliticcio che si è trovato ad essere favorito dall’emergenza morbosa.
Ora, a pandemia quasi finita, è difficile che i tecnocrati di Bruxelles non si ricordino della necessità di sostituire gli attuali governanti con delle “teste d’uovo” (alcune anziane, ma ancora viventi) su cui contare per dare una parvenza di maggiore decenza a governi, che in una fase così delicata, dovrebbero essere ancora più solerti nella osservanza delle loro direttive.
A ciò che sembra, l’Unione non sembra neppure intenzionata a rispettare il motto oraziano dell’est modus in rebus.
Il “benservito” a Conte non gli è stato offerto su un piatto d’argento ma di ruvida ceramica. L’avvocato di Foggia ha capito, dove portavano i conciliaboli palesi ed occulti dei giorni scorsi e ha tentato di cambiare subito rotta (apriremo tutto ciò che si può; mi scuso per i ritardi e via dicendo).
Per arrivare alle elezioni in modo meno rischioso, i tycoon della Finanza hanno bisogno di un governo che si dimostri efficiente e rassicurante per il futuro del Paese: in altre parole di gente amica.
Basterà per evitare un crack elettorale del gauchisme ,in modo sempre più palese servente gli interessi dei ricchi?
Sta di fatto che in Italia, il capitalismo monetario più che sull’appoggio di forze adeguate può contare sull’assenza (desolante) di forze e di leader politici capaci di raccogliere l’eventuale “voto di pancia” degli elettori e trasformarlo in un “voto di testa” pensante e operante.
Un secondo “piano Marshall” degli “Alleati” (quelli del tempo della seconda guerra mondiale) dovrebbe fornire al “Bel Paese” quantitativi ingenti di idee di vero e puro liberalismo: quello coltivato e cresciuto all’ombra dell’illuminismo inglese, empiristico, pragmatico e profondamente razionale per sostituire quello “fasullo” degli allievi italiani della filosofia idealistica tedesca, genitrice di assolutismi tirannici (fascista e comunista) e non di vere liberal-democrazie.