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Prima pagina del 05/04/2018

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Corriere della Sera
Balzo M5s, il governo è un rebus
Massimo Franco: «Si possono solo analizzare, dunque, le tendenze di elezioni che stanno delineando una situazione simile a quella del referendum costituzionale del 4 dicembre del 2016: nel senso che sanciscono l’affermazione delle forze estremistiche schierate allora per il No, e umiliano quelle di governo. La grande «periferia» dell’Italia, sociale, politica, economica, bussa rumorosamente alle porte di un potere che non è stato in grado di vedere quanto stava accadendo. E ora lo subisce. Si avverte l’esigenza di scongiurare irrigidimenti tali da prefigurare un «tanto peggio tanto meglio» gonfio di incognite: e non solo da parte dei Cinque Stelle. L’annuncio di un Pd tramortito di voler andare all’opposizione, è un primo segnale di arroccamento contro le ipotesi di dialogo con Di Maio. Eppure, la prospettiva di un governo tra M5S e Lega sembra poco verosimile».

la Repubblica
L’Italia dei 5stelle. Affonda il Pd
Stefano Folli: «Il nuovo equilibrio torna a essere bipolare, con una novità lacerante: i due poli sono il centrodestra, ormai condizionato in larga misura dalla Lega nazionalista, e i Cinque Stelle nella nuova versione “ istituzionale” avviata da Di Maio. La terza gamba, ossia il centrosinistra, è relegata a un ruolo minore e subordinato. Prosciugata, si potrebbe dire, dai “grillini” mentre la Lega ha tenuto il contrafforte di destra. Non è alle viste una grande coalizione di taglio europeista. Meglio prepararsi al peggio. Ossia nessuna maggioranza per adesso possibile, nessun accordo trasversale accettabile sul piano politico, il rischio che nello stallo emerga la tentazione di dare qualche spallata alle istituzioni. Di Maio vuole sedersi al governo in un modo o nell’altro. Stiamo descrivendo uno smottamento drammatico che proietta i partiti cosiddetti “ populisti” ( M5S, Lega, in parte FdI) al di là del 50 per cento dell’elettorato e dunque — sul piano strettamente numerico — del prossimo Parlamento».

La Stampa
Vince Di Maio, Italia ingovernabile
Marcello Sorgi: «Il populismo, sconfitto dappertutto in Europa, qui ha vinto: o riuscirà a governare, o sarà in grado di inceppare il sistema. Pensioni, assunzioni, sussidi, redditi di sopravvivenza, tempo pieno nelle scuole, raddoppio degli insegnanti, lavoro a domicilio, manuale – altro che robot! -, e basta emigrazione. È esattamente con questo modello, alternativo all’indispensabile adeguamento alla modernità propugnato da Renzi e dai governi a guida Pd, che Luigi Di Maio ha stravinto al Sud, raccontando, da rinato Masaniello, agli orfani della stagione democristiana, un sogno irrealizzabile che ricorda i film di Massimo Troisi e Checco Zalone, anche se non c’è niente da ridere.
Chi non ha votato per i 5 stelle, sempre al Sud, ha scelto Salvini. Questa è la seconda sorpresa uscita dalle urne: il leader di un partito nordista, tradizionalmente arroccato nel Settentrione, dove ha sfondato i suoi record storici, che conquista percentuali ragguardevoli anche nelle regioni meridionali, e sommandole conquista il primato nel centrodestra, con il diritto di proporre se stesso come candidato premier. Sul tappeto, è inutile nasconderlo, c’è anche la possibilità che Di Maio e Salvini provino a convergere, in nome di un programma minimo: abolizione della legge Fornero, riscrittura dei trattati con l’Europa, blocco dell’immigrazione clandestina».

Il Sole 24 Ore
Trionfo M5S, exploit Lega: forze populiste oltre il 50%. Crolla il Pd. Centro-destra il più votato
Vito Lops: «Se c’è una cosa che i “mercati” temono più di tutte da qualsiasi governo dell’Eurozona è che possa mettere in discussione i trattati o addirittura l’euro. Ed ecco perché l’ipotesi di una futura alleanza tra Lega e M5S, al momento fantapolitica ma non del tutto escludibile stando alle proiezioni, potrebbe innervosire gli investitori. Lo si è visto chiaramente nella notte quando i primi future sul Ftse Mib di Piazza Affari – elaborati da Ig sulla base di un algoritmo che scandaglia i mercati aperti – hanno evidenziato un cambio di rotta dagli exit polls (che lasciavano presagire lo scenario preferito dai mercati, ovvero quello di un “hung parliament”, un “parlamento sospeso”) alle proiezioni (che hanno invece messo in dubbio l’ipotesi delle larghe intese). I future in pochi minuti sono passati da +0,8% in rosso».

Il Giornale
Guai in vista
Alessandro Sallusti: «A occhio non sarà una crisi breve né indolore e un nuovo governo non sembra essere dietro la porta. Colpa della nuova legge elettorale? Io direi che è soprattutto colpa degli elettori che non hanno premiato fino in fondo nessuno dei contendenti rimandando così la palla nelle stanze della politica. Può essere, ma lo sapremo nelle prossime trentasei ore, che ancora una volta si lavori su una maggioranza e un governo non indicati dagli elettori».

Il Messaggero

Centrodestra avanti, exploit M5s
Alessandro Campi: «Il destino dei movimenti politici di protesta è di logorarsi nel ruolo di oppositori verbali di un sistema che non si riesce mai a conquistare e a cambiare, sino a determinare nei propri seguaci prima frustrazione e poi abbandono.
Di Maio, smentendo l’immagine che voleva i grillini arroccati a difesa della loro purezza ideologica e indisponibili a qualunque accordo o compromesso, ha invece puntato dritto al palazzo del potere ricorrendo ad ogni astuzia tattica: nel Sud ha arruolato pezzi significati del vecchio notabilato esperto in clientele, ha tranquillizzato investitori e mondo delle imprese con i suoi modi cortesi, ha cercato il dialogo con le cancellerie internazionali, ha lanciato più di un amo verso il mondo delle burocrazie pubbliche senza la cui collaborazione nessuno governa, ha costruito un’ipotetica squadra di governo pescando tra specialisti e professionisti che potessero smentire la fama di incompetenti che i grillini si portano dietro.
Questa strategia di legittimazione e accreditamento si è sommata virtuosamente con l’onda lunga di un disagio sociale, di una ripulsa anti-politica e di una voglia di cambiamento che gli altri partiti non hanno saputo affrontare in alcun modo. E il risultato è quello che vediamo».

Libero
Di Maio in peggio
Pietro Senaldi: «A questo punto di fronte al leader grillino si aprirebbero due strade. La più probabile è quella che ipotizza da settimane sulle colonne di questo giornale il nostro direttore editoriale, Vittorio Feltri, secondo il quale si andrà incontro a un’alleanza tra grillini, Liberi e Uguali di Grasso e Bersani e Pd. Un governo che durerà fino a quando i suoi esponenti non si manderanno al diavolo. Nel frattempo, il debito pubblico galopperebbe, le spese si moltiplicherebbero e le imprese fuggirebbero. L’alternativa, se si confermerà il buon risultato della Lega e dei patrioti di Fdi, sarebbe un governo anti-Europa, sostenuto nei numeri da un elettore su due. Un’ipotesi che può reggere sulla carta ma che conviene solo a Di Maio, mentre Salvini e Meloni, come alleati di minoranza, rischierebbero di bruciarsi. Più conveniente per loro attendere un giro e puntare a prendersi tutto il centrodestra».

Il Fatto quotidiano
Cambia tutto
Marco Travaglio: «E meno male che Grillo aveva chiuso l’èra del Vaffa. Ieri gli italiani, eroicamente in fila al freddo, anche per ore, nel tentativo di votare con la legge elettorale più demenziale del mondo, hanno urlato un gigantesco, supersonico Vaffa all’Ancien Régime che per mesi aveva tentato di convincerli a restarsene a casa, tanto non sarebbe cambiato nulla e ci saremmo ritrovati il solito governo Gentiloni. Invece a votare gli elettori ci sono andati eccome, a dispetto di tutto e di tutti, come già al referendum costituzionale. Hanno ignorato la propaganda terroristica dei “mercati”, che ancora una volta volevano insegnarci come si vota e soprattutto per chi (i soliti). Hanno smascherato i doppiopesismi di chi per tre mesi è andato a cercare le pagliuzze nell’occhio dei “populisti” e intanto copriva le vergogne degli altri al punto da riabilitare un vecchio arnese come Berlusconi. E hanno affondato, si spera definitivamente, questo sistema marcio dalle fondamenta. Ma al contempo hanno preso in mano la bandiera della Costituzione, della democrazia e della sovranità popolare, da tempo ammainata da un e s t a b li sh me nt geneticamente golpista. E hanno scompaginato i giochetti che il sistema, con i suoi mandanti internazionali e i suoi media a rimorchio, credeva di aver già concluso nelle sue segrete stanze, all’insaputa degli elettori»






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