Da una ricerca condotta da Excellence Consulting risulta chiaro come le operazioni straordinarie fra istituti di credito (M&A merger and acquisition, ovvero fusioni ed acquisizioni ndr) non sempre aumentano efficienza e redditività.
Frequentemente nei casi di operazioni straordinarie si conclude sostenendo che, oltre alla necessità di semplificare processi e procedure, di riqualificare-ridurre il personale, di razionalizzare la rete degli sportelli, c’è la necessità di consolidare il settore. Ma attenzione: le fusioni non sono necessariamente sinonimo di aumento dell’efficienza e della redditività. Anzi, le operazioni straordinarie hanno portato si ad un aumento dimensionale delle banche che ne sono state protagoniste, ma non sempre hanno generato benefici, sia in termini di miglioramento dell’efficienza operativa, sia in termini di redditività per gli azionisti.
Dei gruppi nati per M&A solo i due più grandi (Intesa Sanpaolo e Unicredit) hanno sperimentato un miglioramento di efficienza in termini di cost to income, che scende rispettivamente del 10,5% e del 7,1%. Miglioramenti più modesti registra invece Banco Bpm (-4,5%), mentre Mps, Ubi e Bper il valore cresce del 4,3%, 4,1% e 1,7%.
A fare da contraltare a questa situazione le banche che non sono state oggetto di M&A come Credem, Popolare di Sondrio e Creval: sono riuscite a ridurre il cost to income dello 8,7%, del 2,8% e del 3,2%.
Tra le banche meno grandi che hanno scelto la crescita organica Bper è l’unica del panel analizzato a registrare un aumento del ROE, tra il 2004 ed il 2018 +1,4%.