«Torna ma solo per le grandi aziende, oltre i 1000 lavoratori, il maxiscivolo per la pensione. Lo prevede un emendamento presentato dai relatori del decreto Crescita alla Camera, Giulio Centemero (Lega) e Raphael Raduzzi (M5s) presso le commissioni Bilancio e Finanze, e che potrebbe già essere votato oggi. Grazie al “contratto di espansione”, che dovrà essere concordato con i sindacati, le imprese potranno mandar via i dipendenti a sette anni dalla pensione, versando però loro un’indennità «commisurata al trattamento pensionistico lordo» maturato al momento in cui si conclude il rapporto di lavoro.
Se invece il lavoratore è vicino alla pensione anticipata «il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto, con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa a seguito» del licenziamento.
Le aziende potranno utilizzare questa norma solo nel caso in cui stiano per avviare o abbiano avviato processi di reindustrializzazione e riorganizzazione, e quindi si trovino di fronte all’esigenza di «modificare le competenze professionali in organico».
Per cui potranno assumere nuovi lavoratori sia licenziando i più anziani (garantendo loro quanto prevede la legge) che riducendo gli orari degli altri. In questo caso la riduzione, che può essere concordata anche fino al 100%, potrà essere integrata da Cig e Cigs ma fino a 18 mesi anziché 24. Nel contratto andrà indicato anche il numero di nuove assunzioni a tempo indeterminato o con il contratto di apprendistato»
[Amato, Rep].
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