Tutti noi tendiamo a prenderci troppo sul serio e a sopravvalutarci ma il Presidente del Consiglio e Matteo Renzi a volte esagerano.
Soffrono di una permanente ansia da prestazione che, immagino, gli rovinerà la vita.
Non si capisce perché, visto che entrambi hanno già conquistato un ragguardevole successo.
Bruciare le tappe partendo da outsider assoluti dovrebbe essere già una bella soddisfazione. Ma forse scatta l’idea che se è andata bene fino ad ora, tanto vale insistere.
Che siano entrambi uomini della provvidenza? Di una provvidenza recentemente così avara da offrirci -come “ristoro”- due eroi contemporaneamente?
Sembrano così diversi ma hanno molti tratti in comune. Una vera e propria ossessione per la comunicazione che dovrebbe essere foriera di consensi (per la verità uno è in calo rispetto alla spettacolare performance di inizio pandemia, l’altro è crollato dopo aver raggiunto il record del 42%).
Intelligenti ambedue ma di una intelligenza molto tattica e poco strategica.
Anche coraggiosi. Il toscano ha sfidato, con la riforma costituzionale, il fisiologico conservatorismo di tutte le istituzioni patrie. Il pugliese, dopo aver fatto con grande modestia il vice dei suoi vice nel governo giallo verde, è passato con la massima disinvoltura al governo giallo rosso, avendo archiviato i precedenti vicepresidenti.
Il più giovane non sa fermarsi, anche quando sarebbe prudente farlo, l’altro non si decide mai a decidere, scegliere, partire. In questo è anche vittima (volontaria) della permanente e irrisolvibile crisi dei 5Stelle, suo partito di riferimento.
Renzi ha compiuto due capolavori di sveltezza e caparbietà (che sono le sue doti migliori): ha rimontato l’annuncio di crisi con cui Salvini metteva fine al primo governo Conte e ha dimostrato a dei democratici e pentastellati rassegnati (che si avviavano mestamente alle elezioni) che si poteva ribaltare la situazione.
E recentemente ha fatto rifare il piano per l’utilizzo degli aiuti europei che, a detta generale, era modesto e raffazzonato. Dopo aver costretto il Premier a rimangiarsi tutto, non si è accontentato di incassare il successo -apprezzato da tutti- ma ha continuato ad infierire sull’operato di Conte e sulla sua idoneità a svolgere il ruolo, aggiungendo -fatto più grave- le dimissioni delle sue ministre.
L’aspettò più incomprensibile del recente passato è l’immobilismo del PD che si è visto soffiare da sotto il naso -ad opera di Renzi- i punti programmatici che aveva inutilmente e pavidamente rivendicato per mesi.
In realtà sono tutti in attesa della dissoluzione dei pentastellati. Se sarà una deflagrazione il partito democratico spera di recuperare molti dei suoi ex voti finiti a Beppe Grillo, mentre Conte si muove per raccogliere gli stessi consensi in modo ordinato e “legittimo” nel suo nuovo partito (arricchito dalla possibile gamba centrista).
La conseguenza è che entrambi gli aspiranti eredi devono far buon viso verso tutte le “credenze”, le mitomanie, i tabù e le paturnie dei grillini, al fine di ingraziarsi i loro votanti.
La politica mi ha sempre interessato per essere il luogo della mediazione degli interessi legittimi, della ricomposizione delle diversità, della scelta delle priorità, della proiezione sul futuro. Per questo mi iscrissi alla neonata facoltà di Scienze Politiche.
Era la parola “scienza” che mi affascinava.
Come poteva essere scientifica l’attività umana più ipocrita, egoistica, assetata di potere, indifferente alle regole (visto che le può cambiare quando vuole) che esista?
Mi aiuteranno le materie di studio, mi dicevo. Il diritto, la storia, la sociologia, la statistica, l’economia. Dei “saperi” forti e condivisi, che permettano di costruire una equilibrata e giusta “oggettività” di fronte ai complessi casi del mondo.
Solo dopo ho capito che la disciplina fondamentale da studiare per capire la politica e, soprattutto, i politici è la psicologia.
La baldanza, la vanità, l’egocentrismo, l’esibizionismo, la permalosità sono le componenti fondamentali del mestiere, con quelle devi fare i conti.
Ricordate! È molto utile qualche saggio di psicologia.
Innanzitutto “psicologia delle masse” per capire il perché del totale asservimento a internet dei politici. Una classe dirigente dovrebbe guidare, orientare, spiegare non inseguire ed adeguarsi ai sempre più primordiali istinti della rete.
A seguire viene psicologia “infantile”, utile a comprendere il vittimismo degli onorevoli che si considerano sempre perseguitati dalla giustizia, dalla Europa, dagli immigrati, da Soros e gli ebrei.
Rimanendo in attesa, se continua questo clima di odio e di delegittimazione generale, di dotarsi di qualche competenza anche in psicologia criminale.