Tra Luna Rossa e me c’è di mezzo il mare. Nel senso che non potremmo essere più distanti. Benché il sole, il caldo e l’acqua siano gli elementi che amo di più.
Non sono tuttavia avventuroso e nelle situazioni estreme non mi eccito per niente.
Ma, all’apparenza, l’acqua c’entra pochissimo. Luna Rossa più che una barca, assomiglia a un galeone volante.
Anzi, se tocca la superficie del mare le cose si complicano e perde la gara.
A me piacciono i paradossi e qui raggiungiamo la perfezione.
Siamo di fronte al massimo di applicazione tecnologica per sfruttare l’elemento più basico e spontaneo presente in natura: il vento.
Materiali e leghe inventate di sana pianta per raggiungere la totale “inconsistenza”.
La pesantezza di una lunga e costosa ricerca scientifica ed industriale, idonea a raggiungere la più sofisticata leggerezza.
Una “potenza” enorme ma muta, silenziosa, sibilante.
In passato vedevo equipaggi correre in ogni direzione e sbilanciarsi pericolosamente fuori dallo scafo. Oggi paiono immobili, fissi sui computer, un poco bionici.
Sui loro schermi passano i bollettini meteorologici di mezzo mondo e gli algoritmi tracciano la rotta ma alla fine conta l’istinto che ti fa inseguire un impercettibile refolo per guadagnare qualche metro.
Per un popolo di calciofili consiglio la partenza: altroché dribbling con finta!
Che impressione vedere una barca italiana svillaneggiare e ridicolizzare americani ed inglesi, che sono non solo gli inventori della specialità ma da sempre i padroni dei mari e degli oceani.
E qui arriviamo inevitabilmente alla morale della favola.
Come hanno notato migliaia di letterati di ogni epoca e latitudine, l’Italia non è una nazione ma una portaerei adagiata sul mare, un ponte a cavallo del Mediterraneo.
Una piattaforma chiusa e prigioniera di una barriera insuperabile di montagne a nord (che per ripicca abbiamo riempito di buchi, trafori, tunnel) ma libera verso gli enormi spazi che i mari ci aprono a ovest, ad est, a sud.
Ma contrariamente a quanto dice la Storia (con le sue Repubbliche marinare, i suoi Marco Polo, i nostrani scopritori di terre sconosciute), per secoli gli Italiani non hanno avuto dimestichezza con il mare.
Da adolescente rimanevo impressionato dal numero di persone che non sapevano nuotare. Una specie di analfabetismo parallelo.
Ora è un fiorire di porticcioli gremiti di barchette e gommoni. Un proliferare di scuole di vela.
Le avventure di navigatori solitari pareggiano ormai quelle degli scalatori di ottomila.
Tante novità hanno aiutato questa nuova confidenza e disinvoltura del Paese verso le sue rive: anche tra loro opposte come le crociere di massa e le regate d’élite.
Non so come finirà tra qualche giorno la ardua se non impossibile sfida contro il defender di Coppa America ma imprese come Luna Rossa ci hanno riportato a interrogarci sulla nostra identità.
E ai signori Prada un ringraziamento. Non basta essere ricchi, anzi ricchissimi, per provare per più di un ventennio a vincere un trofeo che sarebbe oltre che una soddisfazione anche un risarcimento di tante umiliazioni guerresche del passato.