Tutto ciò che possiamo scrivere oggi, è stato già scritto. Nihil novi sub sole, ammonivano i Romani. In pieno Rinascimento, Niccolò Machiavelli sosteneva che il male degli Italiani è nella “debolezza dei capi; perché quelli che sanno non sono obbediti e a ciascuno pare di sapere”.
Questa lapidaria frase dello scrittore fiorentino dovrebbe suggerire al CENSIS un’altra indagine, oltre quella già fatta sul “rancore” che serpeggia tra gli Italiani: un’inchiesta sulla “invidia individuale”.
Non su quella “sociale”, quindi, che, pur egualmente perniciosa, costituisce un terreno abbondantemente arato dai sociologi, ma quella riconducibile a una singola persona in rapporto con un’altra che diventa oggetto di un sentimento di ostilità e di rabbia.
In altre parole, l’invidia individuale è quella che si sviluppa soltanto contro chi si ritiene che possegga qualcosa che il soggetto invidioso desidera avere, ma avverte o sa di non possedere. L’impossibilità di identificarsi con un “soggetto ideale o idealizzato” congiunta all’assenza di ogni speranza di trovare aiuto in chicchessia dà luogo all’invidia.
Non c’è rimedio: l’invidioso attacca, con la volontà di distruggere. E’ verosimile, dando uno sguardo al quadro politico italiano, che quel sentimento di invidia individuale abbia toccato negli ultimi anni il suo livello più alto.
Quelli che sanno non sono obbediti, come diceva Machiavelli, e, per converso, ricevono ossequio quelli che non sanno. Inoltre, la corsa a comandare è diventata forsennata , perché a ciascuno pare di sapere.
Il “Circo Italia” in questi giorni di Coronavirus sta offrendo uno degli spettacoli più suggestivi di sempre: perché quelli che non sanno(ovviamente ciò che dovrebbero sapere nel posto in cui stanno) sono presenti in tutti i luoghi di comando e i loro ordini, da ignoranti e incompetenti, incrociandosi caoticamente, mandano tutto allo sbando.
Naturalmente gli esempi di destrezza, d’ingegno, di coraggio, d’abnegazione dei singoli “soldati” si contano a iosa; ma come dice sempre Machiavelli gli “eserciti non compariscono”. Probabilmente vi sono, ma, abbandonati a se stessi, come in un perpetuo Otto Settembre del 1943!
Intanto, il popolo-gregge sta attaccato alla TV e cerca, invano, di capire.
Gli uomini politici che dovrebbero dirgli sino a quando dureranno i suoi “arresti domiciliari” tacciono per il timore di perdere consensi elettorali. Vorrebbero comunicare parole di ottimismo ma insicuri e tentennanti, quali sono, non si sbilanciano più di tanto.
In loro vece, parlano (e farebbero bene, invece, a tacere su questo punto) i “virologi”, gli “esperti di epidemia e di immunologia” (per la maggior parte degli Italiani degli “illustri anonimi”) che sadicamente e senza preoccupazioni di voto, minacciano “chiusure in casa” degli incolpevoli cittadini sino all’estate inoltrata, incuranti di altri effetti che non siano quelli della diffusione del virus.
I medici, giustamente orgogliosi del grande spirito di sacrificio dei loro colleghi, per una fuorviante e spesso anche prudente e politicamente orientata “carità di patria”, tacciono delle disfunzioni del sistema sanitario nazionale e delle sue articolazioni regionali (è l’esercito machiavellico che non c’è) e si sforzano di non vedere i danni provocati alla salute degli Euro-continentali, per non incolpare la “matrigna” Unione Europea dei suoi tagli “interessati”, più utili alle Banche che non ai cittadini della “malcapitata Europa”.
I funzionari amministrativi sono quelli che sono e dicono quello che possono, costantemente attenti a mantenersi bene attaccati alla poltrona.
Questo è lo scenario.
Allo Stato italiano mancano, tra gli attuali governanti, individui dotati di competenza, capacità, abilità e soprattutto determinazione e forza personale che possano tirarci fuori dal “dopo coronavirus” che si preannuncia più tragico della stessa pandemia.
Occorrerebbe guardarsi intorno e invocare il motto latino: Salus rei publicae suprema lex esto!
Certamente ciò sarebbe possibile (e la storia recente è ricca di episodi in cui quella massima è stata invocata per ricorrere a uomini che, purtroppo ma anche prevedibilmente, si sono dimostrati un rimedio peggiore del male!) ma non bisogna dimenticare che l’invidia individuale, italico male, è sempre in agguato.
Nessuno del gregge è disposto a fare spazio e largo a chi ha veramente i numeri (e ve ne è) per sollevare il Paese dai miasmi della fogna in cui, senza sua colpa, è precipitato. Guai a fare nomi che non siano quelli della mediocre classe politica che per un truffaldino sistema elettorale ci rappresenta e che si è votata, per sopravvivere, a un taciturno servilismo verso i burocrati di Bruxelles (fingendo di tanto in tanto di emettere gridi di ribellione che sono solo “rantoli” prima di cedere e morire).
Immediatamente, si evocano fantasmi di un nostro passato non molto lontano.
E ciò, dimenticandosi che se Mussolini e i suoi gerarchi sono da tempo sotto terra, l’Europa dei tre assolutismi (uno religioso e due politici) è sempre in grado di generare i suoi Orban!
Quella scuola di autoritarismo non ha mai chiuso i suoi battenti.