Seduta sulla sabbia, jeans, le mie inseparabili scarpe da ginnastica, canotta bianca, ancora non fa l’effetto voluto, la mia pelle è pallida… niente sole, niente calore, poche emozioni.
Appoggiata ad una barca rovesciata, cerco di cancellare un periodo assurdo.
La barca è di legno, con qualche sverniciatura qua e là, ma si intravede ancora un nome “Stella”.
Chiudo gli occhi.
Le mani poggiano sulla sabbia tiepida, ruvida, stringo i pugni corrucciando la fronte cercando di strizzare via i miei pensieri, i miei dubbi.
Il vento porta l’odore di alghe e di cucina, pesce alla brace credo.
Dovrei mangiare ho fame.
Stella…
Stella chi sei? Cosa hai fatto per farti amare così?
Quali carezze, cose dette, quali sguardi hanno fatto innamorare così quest’uomo.
Ho sempre pensato che poche altre cose eguagliano il romanticismo di un nome di donna, della TUA donna, sullo specchio di poppa di una barca, la tua.
Ci penso, provo a trovare qualcosa di altrettanto dolce, rude e romantico, ma non mi viene in mente niente.
Chissà Stella se sarai ancora la sua stella.
Chissà se ti porgerà ancora la mano per farti salire, chissà quante volte avrete navigato su dolci acque, acque agitate, tempeste, se siete stati bravi ad affrontare le burrasche e a godervi la bonaccia.
Lui ti guarda ancora così?
Tu aspetti il suo rientro ancora con quei battiti di cuore lì?
Cerchi la sua mano quando ti senti insicura? O ormai fai da sola, tutto… Anche l’amore.
Inumidisco le mie labbra e sento il sapore del mare, non so se quello che ho davanti agli occhi o quello che ho dentro.
Mi alzo, scrollo la sabbia dalle mani, mi abbraccio, mi tengo stretta e do un ultimo sguardo al natante, che poi in fondo non contano tutti quei “Chissà” resta bello il pensiero di essere stati amati così, dolcemente… infinitamente ricordata su una barchetta di legno.
Ho fame. Vado a mangiare.