Cosa hanno in comune Napoleone Bonaparte, Masismo Bottura, Chesley “Sully” Sullenberger, Houdini, Greg Dyke (ex direttore generale BBC), Adriano Olivetti, Doug Conant (ex CEO di Campbell’s Soup), i pirati dei caraibi?
Sono tutte persone che non hanno (avuto) paura di infrangere le regole quando queste costituiscono un freno, gente capace di mettere in discussione anche gli <<stessi assunti e principi in cui credono fermamente, oltre alle norme ampiamente accettate, per identificare invece strategie più creative ed efficaci attraverso cui raggiungere l’eccellenza dei risultati.>> Sono tutti leader ribelli.
Da soli gli episodi che riguardano Massimo Bottura e la sua leadership ribelle, sempre in prima linea con le sue “truppe” come lo erano Napoleone, valgono l’acquisto del libro: <<le truppe di Bottura sono così devote proprio perché lo vedono sempre in prima linea e si sentono ispirate a grandi imprese.>>
Fra i tanti mi piace ricordare quello del giorno in cui Bottura, dopo aver ascoltato la canzone di Lou Reed “Walking on the wild side” in macchina chiese al suo staff di cucina di creare un piatto ciascuno ispirato a quella canzone dando piena autonomia interpretativa e realizzativa al team. Chi si era ispirato al ritmo della canzone, chi alla melodia, chi al periodo storico in cui fu scritta la canzone.
Nel corso di numerosi studi e ricerche, molte delle quali descritte nel libro, Francesca Gino è arrivata a delineare
Cinque elementi che identificano un talento ribelle
- la novità ovvero <<la ricerca di tutto ciò che comporta un superamento verso il nuovo>>;
- la curiosità ovvero il farsi e fare sempre domande su tutto;
- la prospettiva ovvero avere la capacità di ampliare sempre la propria visione del mondo;
- la diversità ovvero <<la tendenza a sfidare certi ruoli sociali predeterminati per raggiungere quanti possono apparire differenti>>;
- l’autenticità ovvero rimanere aperti e vulnerabili <<per entrare in contatto con gli altri e imparare da loro.>>
Il fil rouge che unisce tutti questi elementi è che contribuiscono tutti all’engagement ed un engagement più alto porta ad una maggiore produttività. Vi è mai capitato di essere talmente coinvolti da sentire di avere un’energia quasi inesauribile? Ecco, vi sentite engaged.
In tutte le organizzazioni esistono delle gerarchie per lo più piramidali con poche persone al vertice. Le gerarchie sono vantaggiose sotto vari aspetti, a partire dal soddisfare il bisogno psicologico comune di ordine, al semplificare la possibilità di imparare reciprocamente o quando c’è da produrre un prodotto o un servizio.
La maggior parte delle imprese richiedono di seguire le regole, non di infrangerle. Che si tratti di procedure standard attraverso cui svolgere un determinato compito, di una catena di comando dettagliata o persino del dress code da rispettare sul luogo di lavoro, non esiste organizzazione che non abbia le sue regole.
Le gerarchie possono però risultare costose e inefficaci soprattutto quando le <<persone non si sentono a proprio agio nel riportare le proprie perplessità ai loro capi>> anche perché <<i ribelli vengono tollerati malvolentieri e messi alla porta se troppo fastidiosi>> e questo manda un segnale a tutti gli altri dipendenti: questo alla fine può portare a grossi inconvenienti per le organizzazioni, per un’azienda può significare anche finire fuori mercato e chiudere o diventare comunque marginali.
<<Un ambiente lavorativo che prevedere “failure parties” produrrà molta più creatività di un luogo di lavoro che celebra l’efficienza sopra ogni altra cosa>> per non parlare di quelli dove vige la mentalità del “qui abbiamo sempre fatto così”.
Il tratto distintivo di una sana cultura creativa sono le persone che si sentono libere di condividere idee, opinioni e critiche e l’imprevedibilità può così essere usata dal management per accrescere il grado di engagement del personale.
Grazie alla curiosità determinate situazioni, potenzialmente stressanti, diventano sfide da accogliere anziché minacce e le persone possono esprimere le proprie difficoltà in maniera più aperta e provare nuovi approcci per la risoluzione dei problemi.
Il concetto di “organizzazione ribelle” esemplifica i talenti ribelli descritti nel libro e questo tipo di organizzazione riesce ad evitare <<le trappole della routine e del compiacimento>>.
Se c’è un’organizzazione ribelle c’è allora una leadership ribelle. In cosa consiste? Consiste nel <<combattere gli impulsi propri della natura umana verso tutto ciò che è comodo e familiare.>>
Francesca Gino individua 8 principi della leadership ribelle
- cercare le novità;
- incoraggiare il dissenso costruttivo;
- aprire le conversazioni, non chiuderle;
- rivelarsi e riflettere;
- imparare tutto ed essere capaci di dimenticarlo per imparare nuove cose;
- guidare dalla trincea;
- incoraggiare gli incidenti fortuiti.
Francesca Gino ci ricorda come la ribellione sia <<un tipo di approccio alla vita e al lavoro che possiamo sposare tutti. Se fatto nella giusta maniera e con le giuste dosi, infrangere le regole>> non creerà problemi e anzi potrebbe dare a chi la pratica quella spinta in più che serve.
Ogni impresa si trova ad affrontare lo stesso dilemma per rimanere redditizia e competitiva sul mercato ovvero fare <<affidamento sul lavoro del proprio personale, ma gli individui che lo compongono hanno sempre bisogno di nuove sfide e la novità funge da stimolante. La novità incrementa il grado di soddisfazione sul lavoro, la creatività e le prestazioni generali. Aiuta altresì a accrescere le nostre capacità e la fiducia>> nei propri mezzi. La novità è in sintesi più importante della stabilità.
E’ chiaro come l’essere ribelli in un’organizzazione sia scomodo, ma è importante, se lo si è, diventare consapevoli del proprio profilo di ribelle così da poter vivere più a proprio agio con il disagio. Il ribelle che è in noi sarà difficile che emerga in maniera costante, ma più ci si riesce e più sarà eccitante e soddisfacente. Anche riuscire ad apportare piccoli cambiamenti nel nostro approccio al lavoro e alla vita può produrre risultati potenti.
Avevo acquistato il libro da tempo e finalmente a cavallo fra il vecchio e il nuovo anno l’ho letto, più che letto l’ho letteralmente “divorato”. A chi lo consiglio? Praticamente a tutti: <<ognuno di noi è potenzialmente un ribelle, e questo a prescindere dalla personalità con cui è nato o dalla carriera che ha scelto di perseguire.>>
In particolare lo consiglio a chi guida gruppi di persone, anche intere organizzazioni, a chi si occupa di hr e soprattutto a chi non sopporta il mindset “qui abbiamo sempre fatto così”.
Esistono vari tipi di ribelli, ognuno con il suo modo diverso di comportarsi e che richiede un approccio diverso per sviluppare il proprio talento. Comprendere quello che può essere definito il proprio Quoziente di ribellione costituisce un primo passo importante. Se vuoi scoprirlo fai il test su https://www.rebeltalents.org/.
Vi lascio con una frase di Francesca Gino in chiusura del libro: <<non esiste momento migliore di adesso per l’azione ribelle.>>