Assistere impotenti, viverla, subirla in qualunque forma è una violenza e delle peggiori. Lascia il segno anche quando non ne muori, la paura e la diffidenza saranno sempre parte di te. Forse amerai ancora se rimarrai viva, ma chi tenterà di nuovo di aprire il tuo cuore non avrà un compito per niente facile.
Donne che subiscono per paura di perdere i figli, gli stessi che assistono impotenti a loro volta e se scampano alla morte violenta per vendetta, rivalsa o semplicemente vigliaccheria, rimarranno segnati nella mente, solo alcuni di loro riescono poi ad avere una vita migliore.
Esistono i corsi e ricorsi nelle famiglie: la sorte di una madre può toccare anche alla propria figlia ad esempio, terapia e grande volontà a volte salvano, ma quanti sono i bambini, i ragazzi che rimangono soli perché i loro genitori nel migliore dei casi, si trovano uno in prigione e l’altro al cimitero, loro fortunati però di esser stati risparmiati alla carneficina.
Come nel caso di Marianna Manduca 32 anni quando, dopo averlo già denunciato inutilmente per ben 12 volte, è uccisa dal marito Saverio Nolfo il 3 ottobre del 2007. A scontare lo scotto più alto per il suo gesto folle e per la sua scomparsa, sono stati i tre figli della coppia, che all’epoca avevano appena 3, 5 e 6 anni. Perché, come spesso accade, i bambini sono le altre vittime del femminicidio allora neanche si chiamava così, rimangono orfani e spesso non ci sono parenti come invece in questo caso sono stati adottati dai cugini e con tutte le difficoltà d’inserimento, altri invece finiscono in case famiglie, orfanotrofi, fratelli divisi, un vero calvario oltre alla perdita genitoriale.
Anche la giustizia ne esce malissimo da questo caso, nel 2019 è arrivata la doccia fredda, anzi gelata, per i bambini di Marianna: la Corte d’appello di Messina ha annullato il risarcimento di 259.200 euro, che i giudici di primo grado avevano stabilito nel giugno del 2017, dopo avere riconosciuto la responsabilità civile dei magistrati, che non avevano fatto nulla nonostante le 12 denunce della donna.
Quanti casi e quanti racconti potrei citare, io stessa ho vissuto e assistito a situazioni simili e complesse che racconterò a breve nel mio libro. Altri anni, le donne del dopoguerra come mia madre e molte altre non denunciavano, anzi la regola era non dire, far finta di nulla, raccontare bugie e mantenere fino allo stremo il matrimonio anche se la gelosia, il possesso, il tradimento e diciamolo pure il maschilismo dell’uomo era prioritario.
Oggi come ieri in forma più violenta ancora, nessuna tolleranza alla donna che si ribella, che rifiuta, che sceglie un altro, che decide di vivere e non sopportare: l’uomo la uccide! Solo di tre giorni fa un marito appena separato, un matrimonio difficile e con presunti maltrattamenti al figlio minore, un noto imprenditore della zona dell’Alto Lario, non d’accordo alla richiesta di divorzio, per vendetta stupra insieme al “branco” da lui organizzato la giovane moglie. Ora è in carcere e anche guardato a vista! Sono stata di recente alla IULM, al corso di aggiornamento sulla violenza alle donne e la Dott.ssa Alessandra Kustermann, nota non solo per essere primario alla Mangiagalli di Milano, fondatrice del centro antiviolenza, combattente di molte battaglie per la difesa della donna e dei figli, ci raccontava storie pazzesche, casistiche impressionanti e come a volte dei figli testimoniano la verità (subiscono ad esempio abusi da un padre), poi per paura ritrattano e pensate l’assurdità di un caso del genere di tre fratelli, che in seguito alla ritrattazione del bambino, li affidarono proprio al padre e allontanati dalla madre (che subiva violenza oltre a sapere cosa faceva il marito al figlio e per questo lo aveva denunciato).
La dottoressa afferma che la situazione di un tempo non e diversa da quella di oggi, è solo più chiara, che sono “tempi duri” per le donne, anche se lei è ottimista. Io la penso proprio come lei. Ci sono tante donne, dottoresse, psicologhe e responsabili di dipartimenti specifici contro la violenza che si prodigano per assistere e tutelare chi è in difficoltà, scontrandosi spesso con cavilli e leggi inadeguate per la situazione attuale.
Una dottoressa britannica Almas Ahmed ad esempio ha creato una line di make-up resistente agli attacchi con l’acido. Contengono una sostanza che funziona come una sorta di barriera contro le ustioni, permettendo dunque di evitare che sulla pelle rimangano delle cicatrici indelebili. Quando l’ho letto la prima reazione, non è stata wow che figata! No, sono rimasta sconcertata dal fatto che siamo arrivati a questo, bisogna pensare ad avere in caso un trucco per difendersi e non credo ti avvisano… prima di farlo. Una tale innovazione (da una parte) presume che ci sia un incremento di “sfiguratori” dell’acido ed è questo che mi terrorizza!
Chissà cosa ne pensa Gessica Notaro diventata non per sua scelta, il simbolo di quella essere una battaglia che purtroppo ha avuto un aumento di femminicidi: una donna ogni 72 ore di cui tre su quattro in casa, autori e vittime 80% percento italiani. Nessuna discriminazione di ceto o razza e normalmente, così confermano i dati della polizia, è un volto amico come il compagno, un ex o un conoscente.
Tantissime le manifestazioni per tenere alta l’attenzione, il 25 Novembre la giornata contro la violenza sulle donne, manifestazioni ovunque, almeno in questo, anche se non vuol essere una consolazione, qualcosa è cambiato se ne parla e si combatte e c’è la possibilità di essere aiutate. Rimane il principio secondo me che bisogna insegnare il rispetto per la donna alle nuove generazioni e alle stesse leggi a volte sorde o di parte di un passato che ancora porta la bandiera dell’uomo padrone.