Al termine di un’indagine durata otto mesi, i carabinieri hanno messo in galera cinque, tra marocchini e albanesi (tutti regolari, venuti in Italia con padri e madri che in Italia lavorano), che lo scorso luglio hanno violentato quattro ragazze poco più che quattrodicenni in un bilocale che si trova nel piano alto di un condominio in uno dei paesi intorno a Cantù, provincia di Como.
«Degli aguzzini, uno ha ammesso, con vaghezza, delle responsabilità. Gli altri tacciono, e se parlano negano. Le versioni delle vittime sono concordanti, e i fatti che una di loro ha denunciato, la settimana successiva all’agguato, sono stati confermati dalle altre. Poi ci sono le immagini contenute nel cellulare di uno dei ragazzi, e veicolate sui telefonini degli altri. Il branco aveva scelto una ragazza in particolare, una sedicenne, forse con l’idea agghiacciante e assurda di «punirla per mancate attenzioni», forse per scommessa, e aveva ordinato alle amiche di neanche pensare di urlare: sarebbero finite di sotto, lanciate dal balcone. La vittima è stata inseguita e scaraventata a terra fra il piccolo salotto, il bagno e la camera da letto; è stata circondata, denudata, insultata. Ha provato a reagire, nonostante fosse da sola a combattere. Ha supplicato, invano. L’hanno palpeggiata e intanto quello continuava a girare i video, giurando che se lei non la smetteva di far resistenza, allora di lì a pochi minuti tutti quanti avrebbero ricevuto i filmati. Alcune delle ragazze non erano lucide: sembra che prima di arrivare al bilocale, abbiano fumato delle canne, s’ignora se costrette o per scelta, e abbiano bevuto, birre e forse superalcolici» [Galli, CdS].
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