Riceviamo e pubblichiamo – di Stefano Caroli – (Presidente A.F.P.)
In qualità di Presidente dell’Associazione Frantoiani di Puglia prendo atto che gli esiti della gara per la fornitura di olio extravergine di oliva destinato agli indigenti sotto forma di aiuto alimentare ha visto vincente l’offerta formulata a 2,28 € a litro (su questo tema Moondo aveva già pubblicato 2 articoli: A caval donato non si guarda in bocca e Commenti e precisazioni sull’interrogazione al Ministro Bellanova).
Il bando è erogato da AGEA, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura è un ente statale italiano che ha compiti di svolgimento delle funzioni di Organismo di Coordinamento e di Organismo pagatore nell’ambito dell’erogazione dei fondi dell’Unione europea ai produttori agricoli, il cui statuto è promulgato e approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Più che esprimere un giudizio vorrei porre delle domande al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, poiché mi chiedo se questa operazione sia coerente con gli stessi documenti programmatici a favore del Settore olivicolo oleario che il MIPAAF ha approvato e reso pubblici, non ultimo il Piano Olivicolo.
Il Piano Olivicolo Nazionale aveva come obiettivo strategico il raggiungimento di una maggiore redditività e una più elevata competitività delle aziende olearie, con una strategia centrata su un percorso di valorizzazione del prodotto accompagnato da un parallelo processo di tutela e di salvaguardia che portasse, nel tempo, al riconoscimento del “giusto valore del prodotto olio”.
La gara, eludendo ogni criterio riferito alla qualità, ha contribuito a raggiungere questo obiettivo strategico?
In particolare, l’obiettivo “lett. C” del Piano Olivicolo Nazionale mirava a sostenere iniziative di valorizzazione del made in Italy e delle classi merceologiche di qualità superiore certificate dell’olio extravergine di oliva italiano, anche attraverso l’attivazione di interventi per la promozione del prodotto sul mercato interno e su quello internazionale.
I frantoiani che rappresento ritengono che una operazione economica di dieci milioni di euro dovesse raggiungere due obiettivi contemporaneamente:
- sostenere gli indigenti e
- sostenere le aziende italiane produttrici di olio extravergine di oliva, che presto diventeranno indigenti, trasformando questa operazione nella più grande campagna di comunicazione nazionale a favore della filiera olivicola olearia italiana.
Voglio ricordare che il Piano Olivicolo Nazionale, nella sua strategia centrata su 4 assi d’intervento prevedeva di svolgere azioni a favore:
- della “qualificazione del prodotto, per difendere e ulteriormente qualificare il prodotto italiano nelle sue diverse declinazioni” prevedendo di “intensificare l’attenzione alla qualità del prodotto ottenuto favorendo anche investimenti in innovazione e modernizzazione dei frantoi oleari anche nel maggior rispetto dell’ambiente attraverso impianti di trasformazione e ciclo chiuso con zero emissioni e autonomia energetica”. Purtroppo, le conseguenze, anche economiche di questa operazione, impediranno alle aziende italiane produttrici di olio extravergine di oliva, che non possono competere con il prezzo che si è aggiudicato la gara, investimenti indirizzati novazione e modernizzazione dei frantoi oleari anche nel maggior rispetto dell’ambiente.
- della “politica di comunicazione, realizzando specifiche campagne informative per elevare il grado di consapevolezza della qualità del prodotto “olio” nel momento del consumo”, obiettivo ormai irraggiungibile alla luce della logica qualitativa ignorata dai criteri del bando.
Lo stesso Piano Olivicolo Nazionale prevedeva:
– di intraprendere azioni di comunicazione per accrescere la cultura dell’olio extravergine soprattutto italiano per far sì che il prodotto, pur restando un condimento, entrasse nel vissuto del consumatore;
– di rafforzare l’immagine dell’olio di oliva extravergine come protagonista della “Dieta mediterranea” attraverso azioni di divulgazione delle caratteristiche salutistiche dell’olio extravergine di oliva.
– di comunicare la qualità in tutte le sue declinazioni (Dop/Igp, biologico, altri sistemi di qualità…) chiarendo senza pregiudizi la differenza tra un prodotto 100% italiano e un blend così da giustificarne anche la differenza di prezzo.
Alle porte della nuova campagna olivicola, come aziende italiane produttrici di olio extravergine di oliva, dovremo affrontare una nuova e complessa sfida: spiegare ai clienti perché il nostro olio non può essere venduto a 2,28 € a litro, e sperare di riuscire a non perdere la clientela, confusa dall’andamento dei prezzi, anche e soprattutto dalle azioni istituzionali, che hanno dimenticato cosa è scritto nel principale documento programmatico di filiera: “Il raggiungimento di tali obiettivi richiede una coesione ed unitarietà di indirizzo degli strumenti di programmazione ai diversi livelli”. In particolare, a livello nazionale sarà opportuna “l’adozione di provvedimenti di natura normativa coerenti con gli indirizzi condivisi”.
AFP auspica una gestione differente dei bandi in futuro, sempre che le aziende sopravvivano a questa ulteriore dichiarazione di valore che riduce le legittime aspettative di riconoscimento del giusto prezzo per i frantoiani italiani.