di Giuseppe Carro
È una vita turpe quella che viviamo all’insegna di un insignificante e vacua ricerca di rientrare in uno schema, di imitare, di omologarsi, quella in cui percorriamo passaggi in rovina che portano alla disintegrazione di noi stessi, a favore di una disumanizzante e angosciosa voglia di far parte di un qualcosa, non importa cosa, quella in cui cambiamo un’opinione pur di avere un’opinione.
La mia generazione è maestra in questo, e tenta suo malgrado di imitare modelli ben precisi, di stare al passo coi tempi, a costo di sacrificare la propria personalità, pur di salvaguardare una mera posizione in una società che è ancora oggi velatamente gerarchica, pur di essere accettati da un avvilente “branco”.
Perché siamo così ciechi? Perché non riusciamo a carpire il segreto della felicità come assemblabile all’essere se stessi? Perché non siamo in grado di discernere la grandezza e la bellezza di essere diversi?
Eppure molti hanno intrapreso l’ardua missione di svegliare l’uomo dallo stato di assopimento nel quale da sempre è teso a lasciarsi andare. Ci provò Seneca, “recede in te ipse” (ovvero “ritorna in te stesso”) diceva, appellandosi alla capacità di raziocinio dell’essere umano, quando Nerone tentava di annullarla regalando “panem et circenses”.
Un’altro valido esempio è offerto dal movimento decadente, dai “Poeti Maledetti”, che posero al centro della loro esistenza la rivendicazione dell’individualità contro la massificazione proposta dall’utilitarismo e dal capitalismo, e così tanti altri ancora.
La vera lezione, quella più affascinante e lungimirante, ce la offre Svevo, che non si ferma a un aggressivo attacco alla folla, ma costruisce la figura di un uomo, Zeno Cosini, che come molti di noi ha per tutta la vita cercato di assemblarsi ad essa, confondendo la sua inadeguatezza alla massa con una malattia, per poi capire di essere in realtà il più sano di tutti, l’unico fra tanti a valorizzare la sua visione del mondo e la sua diversità, e grazie ad essa, una volta accettata, riesce ad ottenere successo.
Allora impariamo tutti da quelle pagine, impariamo da un meraviglioso “inetto guarito”: la vita non è nè bella nè brutta, la vita è originale. Difendete sempre quest’originalità, la vostra diversità, lottate a favore dell’individualità, del vostro modo di vedere le cose, lottate affinchè il mondo si accorga di voi: è questo il segreto per vivere una “vita straordinaria”.