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venerdì 19 Aprile 2024
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Utilizzare più etica e includere persone formate in filosofia per trattare i temi dell’intelligenza artificiale

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Nel mondo dell’industria, il crescente sviluppo di nuove tecnologie come la robotica, l’intelligenza artificiale (AI) e tutti i sistemi data-driven è stato accompagnato da una crescita di interesse in materia di etica applicata alle suddette nuove tecnologie.

Nonostante si tratti di un’ottima notizia, questo interesse per la filosofia morale ha due grandi difetti: il primo è che spesso le aziende tecnologiche la utilizzano per puri fini commerciali senza un impatto reale (vedasi la triste fine che ha fatto il dipartimento di AI Ethics di Google); il secondo sono quei settori dell’industria tecnologica che lascia prendere decisioni in materie etiche ad attori sprovvisti del bagaglio filosofico necessario.

Facciamo qui allusione agli ingegneri informatici che, confrontati a problematiche etiche nel loro lavoro quotidiano, hanno sì (a volte) la buona intenzione di riflettere alle conseguenze delle loro azioni, ma sono spesso incapaci di guardare e contestualizzare il problema al quale sono confrontati come un filosofo saprebbe.

Questa constatazione non vuole porre in concorrenza l’ingegnere ed il filosofo, ma piuttosto cercare di mettere in comune le loro forze, forma mentis e formazione affinché si possano operare scelte etiche che abbiano il loro giusto posto e valore.

Ad esempio, nella scelta di un dataset per l’allenamento di un algoritmo di Machine Learning, sarebbe appropriato chiedere il parere di un filosofo esperto in etica applicata alle nuove tecnologie per poter valutare al meglio quali potrebbero essere i fattori che rischiano di porre problemi nell’applicazione di dato algoritmo.

Il filosofo in questo modo accompagna le scelte dell’ingegnere e lo consiglia, completando così una squadra che coniuga teoria e pratica.

D’altronde l’etica è nata nel V secolo a.C. e non con le nuove tecnologie, ed abbraccia correnti di pensiero diverse e variate (etica normativa, etica descrittiva, meta-etica; e nell’etica applicata: etica del business, bioetica, etica delle relazioni internazionali, ecc.).

Nonostante possa sembrare uno strumento di pura applicazione pratica, l’etica è piuttosto uno strumento di riflessione che porta a prendere delle decisioni ponderate, frutto della sua storia e dei pensatori che hanno contribuito a renderla ciò che la contraddistingue oggi.

Coscienti di questa carenza, qualche mese fa a Parigi è stato creato il CDEN (Collectif des Éthiciens du Numérique). Un collettivo di filosofi impegnati nel promuovere e diffondere l’etica digitale e aiutare ad uno sviluppo più responsabile dell’AI.

Quello che serve oggi non sono solo le norme e gli standard, ma creare l’ambiente perché il ragionamento etico si sviluppi.  Si dovrà definire un curriculum etico che aiuti gli sviluppatori a ragionare eticamente. Si dovrà anche organizzare il lavoro perché gli attori coinvolti nello sviluppo dell’AI abbiano il tempo per riflettere.

Bisognerà identificare delle responsabilità certe. Serviranno anche norme che chiedano la formazione di comitati etici dedicati ai dati e all’AI, purché siano composti da eticisti/filosofi adeguatamente preparati.

Infine serviranno enti indipendenti che verifichino l’efficienza dell’infrastruttura etica. In breve per essere chiari, se per costruire ospedali servono medici allora per costruire le infrastrutture etiche servono i filosofi.






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