Canasta básica, in venezuelano, è «lo scatolone venduto mensilmente dal governo a prezzi calmierati con dentro i beni essenziali calcolati per una famiglia media (quattro persone): un chilo di farina, uno di zucchero, carne in scatola, tonno in scatola, riso, cereali, spaghetti, olio di mais e maionese».
Lo scatolone viene consegnato solo a chi è iscritto al Clap (Comités Locales de Abastecimiento y Producción), metodo sicuro per tenere sotto controllo il cosiddetto popolo (chi vota per il regime mangia di più). La provvista contenuta nella Canasta básica non dura in genere più di quindici giorni ed è quindi necessario, a metà mese, ricorrere al supermercato. Qui però, a fronte di pensioni e stipendi minimi da 19 mila bolívares, un chilo di formaggio sta a 13mila bolívares, un cartone da sei uova a 5mila, un pezzo di carne, mediamente, ancora a 13mila. «Per i 13mila bolívares della carne servirebbero, nella migliore delle ipotesi, 65 banconote (il taglio più grande in giro è da 200).
Ma di banconote non ce ne sono abbastanza. Il governo dunque carica quello che può su una carta di debito, ma il Paese – in crisi di produzione, di importazione e di lavoro – non riesce più a reperire nemmeno la plastica per fare queste carte». Mancando del tutto i medicinali, le farmacie si sono ridotte a vendere patatine fritte e ricariche telefoniche. I venezuelani dichiarano di aver perso negli ultimi due anni, mediamente, 11 chili a testa [Mensurati, Rep].
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