Forse darò l’impressione di voler partire da troppo lontano per affrontare il tema dell’artigiano e dell’industria, ma per me le due forme che hanno rivoluzionato l’organizzazione dell’uomo sapiens a partire dagli ultimi 500 anni di evoluzione sono stati: il pensiero scientifico come metodologia di approccio alla ricerca e al significato dei dati e lo stato di diritto come organizzazione che l’uomo si è dato contro l’assolutismo del potere. Sembrano lontani dai nostri argomenti di conversazione di oggi, ma sono meno distanti di quanto non si creda.
Il metodo scientifico prevede che i dati e le relative teorie ricavate da ciascun esperimento siano posti in discussione e verificati da organismi certificati ed indipendenti prima di poter essere dichiarati. La scienza produce e certifica quello che in buona fede considera il punto più avanzato della conoscenza possibile fino a che una nuova evidenza sottoposta alla stessa metodologia non spieghi in modo completo qualche cosa in più. Questa scienza produce poi la tecnologia come applicazione pratica di quei principi.
Lo stato di diritto per conto suo, quasi coevo nella sua formulazione attuale alla nascita della scienza moderna, prevede che i poteri legislativo esecutivo e giudiziario siano indipendenti l’uno dall’altro, non esiste nessuno, nemmeno il monarca, che possa essere sottratto alla legge. Anche la legge è soggetta a cambiare come ogni teoria per l’uomo, appena le condizioni della sua applicabilità o il contesto sociale cambi fatti salvi i principi fondamentali dello Stato, quelli per intenderci da Italiani, che sono riportati nei primi dodici articoli della nostra Costituzione.
La scienza e lo stato di diritto sono diventati i punti fondanti di quella che chiamiamo “modernità” e che oggi è messa in discussione dal suo superamento.
In realtà è dalla Firenze dell’Umanesimo che i principi di questa modernità cominciano a generarsi, la scuola neoplatonica riunisce i sapienti intorno al pensiero, sono loro che costruiscono la civiltà del rinascimento che accende poi la modernità. Nascerà la scienza, la città moderna porterà l’uomo al centro della produzione industriale e l’artigiano considerato dai greci un sottoprodotto capace solo di utilizzare le mani diventa un principe intorno al quale coalizzare le menti, le azioni, l’arte che sola è in grado di parlare ai popoli diversi della terra e a trasmettere i suoi messaggi alle generazioni future. Se questo ragionamento vi sembra troppo semplicistico e schematico avete ragione, ma per raccontare degli anni in cui l’artigiano diventa un punto fondamentale dell’economia di un territorio occorre capire che questo coincide con gli anni in cui le necessità dell’uomo vengono prese in considerazione dalla società. È questo che chiamiamo modernità, il lungo processo finale di una trasformazione che dal mondo delle idee come catarsi dell’uomo diventa “caritas”, comune bisogno di procedere insieme. In questo mondo la fiducia verso gli altri acquista un significato diverso da quello che poteva avere nel nostro antenato del Pleistocene, in balia della natura e delle sue leggi, la fiducia era calcolata su un pericolo o una possibilità di ritorsione immediata e reale, ci si fidava di un aiuto alla sopravvivenza o si fuggiva un predatore mentre oggi si è costretti a fidarsi di principi totalmente astratti e di cui spesso non si conosce nemmeno il minimo indispensabile. È facile dire “non mi fido”. Io, per esempio sto scrivendo queste note battendo sulla tastiera di un computer che non ho la più pallida idea di come funzioni. Ho fiducia nel fatto che quando i miei pensieri saranno compiuti potrò inviare al direttore queste note per la pubblicazione attraverso una rete di cui ignoro le funzioni più elementari ( così non sarebbe per un piccione viaggiatore). Ieri ero in aereo tornando da Atene e leggevo tranquillo solo grazie alla fiducia che naturalmente avevo nei confronti del pilota e di tutto lo staff di ingegneri che prima del volo e a terra in quel momento stavano tenendo d’occhio l’andamento del volo. Lo stesso ciascuno di noi potrebbe dire del proprio smartphone o della bottiglia d’olio che il frantoio di fiducia ha appena incartato per noi. Senza fiducia nelle capacità degli altri saremo ancora cacciatori raccoglitori e non sapiens evoluti intorno ad una civiltà. D’altra parte non bisogna commettere l’errore di pensare che il frigorifero o la risonanza magnetica siano sempre esistiti e nemmeno pensare che siano una evoluzione naturale, sono il risultato del fatto che la scienza e le conseguenti ricadute tecnologiche hanno studiato e compreso come funzionino i meccanismi dei processi naturali e abbiano sviluppato dei saperi e delle abilità per migliorare benessere e aspettative. Vi sembrerà strano ma in un’epoca ad alto tasso di innovazione tecnologica la fiducia è diventata uno degli aspetti più importanti intorno a cui ruota tutta la vita civile. Se oggi abbiamo un farmaco che sconfigge la malattia X è solo perché qualcuno ha potuto studiare i meccanismi attraverso i quali questa si sviluppa e mettere a punto delle contromisure efficaci. Questo processo non è una evoluzione naturale, ma il risultato di una cultura che è riuscita a dominare la natura costruendo una civiltà, una cornice di regole e di leggi all’interno della quale manifestare la libertà, chiamandola così e non arbitrio, l’unica garantita da scienza e diritto che formulano le regole e i precetti con una cognizione di causa.
Ricordo una conversazione registrata per conto del Padiglione Italiano dell’Expò 2015 con il presidente dell’Istituto Zooprofilattico di Portici che, oltre alla istituzionale attività di laboratorio della salute pubblica svolge continuamente opera di sensibilizzazione e didattica nel territorio, Il Prof Antonio Limone con una appeal napoletano che ricordava da vicino molti del personaggi eduardiani mi disse: “noi non certifichiamo sapori, ma solo la salubrità dei prodotti che trovate sugli scaffali”. Ecco un principio etico straordinario, ecco l’oggettività di un marchio che poi troverà nel mercato e nel gusto la sua diffusione, il suo successo o il contrario rispetto alla concorrenza, ma che parte da un minimo comune denominatore sociale: la difesa della salubrità dei prodotti quando l’artigianato e l’industria entrano nel mercato alimentare. L’artigiano convive con l’industria, anzi all’inizio dell’era moderna la genera e impara a riconoscersi in determinati valori, rispettare determinate regole, accettare il controllo costante della qualità dei suoi prodotti, poi arriva il profitto che non demonizzo affatto, ma che non può stravolgere le regole e non può creare stati di coscienza collettiva che siano basati su dati scientifici falsi e manipolati.
Oggi sappiamo bene dalle scienze cognitive quale ruolo abbiano le emozioni nella formulazione di un giudizio morale, in poche parole la pancia sceglie e può influenzare la ragione, immaginate quanto questo conti in un mondo non più moderno ( post) in cui il relativismo mette sullo stesso piano discipline scientifiche e imbonitori da mercato. Medicina e omeopatia, astrofisica e astrologia, con argomentazioni a cui forse gli anziani razionali come chi scrive sono immuni ricordando “il latinorum” con cui lo scaltro Don Abbondio tentava di spiegare al povero Renzo per quale motivo “il matrimonio non s’ha da fare”. È lo stesso inganno comunicativo con il quale si combattono i vaccini, si da credito alle tesi di Vanoni su Stamina (poi arrestato per altro), si sono messi al bando gli OGM in Italia distruggendo la ricerca che vedeva il nostro paese tra i primi al mondo attraverso informazioni false, mai provate (alcune di provata malafede con espulsione dei ricercatori fedifraghi dalla comunità scientifica come avvenuta a Napoli). Un interesse economico ha costruito una campagna fatta di suggestioni, paure poggiate sul nulla. Ricordo una discussione nella quale contro gli OGM si sosteneva come il mais ogm fosse sterile e che i semi andassero acquistati ogni anno. Certo, il mais è sterile perchè ibrido non perché è ogm, ibridato affinché sia forte rispetto alle intemperie ed alle malattie, OGM o no se è ibrido è sterile. Quel mais è come il mulo, chiedetelo agli alpini che senza mulo non avrebbero mai vinto la loro guerra sul Piave, eppure questo argomento circolava nei salotti e sulle pagine dei giornali come argomentazione scientifica contro la scienza. Questo è il nostro problema, costruire persone in grado di formarsi una coscienza e saper esprimere giudizi morali attraverso forme di ragionamento o attraverso la fiducia che nella scienza e nella tecnologia si ha. La salvaguardia della modernità passa attraverso la lotta alle fake news che non è proibizione, ma condivisione di giudizi basati sulle opinioni esperte.
Perché faccio questo discorso complicato? Perchè ho paura che l’artigiano stia morendo solo perché è morta la modernità, l’artigiano scomparirà quando sarà morto del tutto l’umanesimo. La parola d’ordine non è “prima gli italiani”, ma prima la qualità, il buon gusto e l’attenzione alla “caritas”; alle persone come soggetti membri di una comunità e non agli individui monadi in grado di badare solo a se stessi.