Il 19 gennaio 2000, diciannove anni fa, moriva ad Hammamet, dove oggi è sepolto, Bettino Craxi, dal 1976 segretario del PSI: uno dei partiti di governo dal 1964 fino all’inizio degli anni 90.
Su Craxi è stato scritto di tutto, una volta santo e un’altra demonio: forse il tempo consentirà di valutare in modo più pacato quale sia stata la sua incidenza nella vita politica e parlamentare italiana.
Già da ora però si possono fissare alcuni punti fermi. Si può condividere o meno la cosa, ma è certo che con la segreteria Craxi il PSI cessò di essere quel partito Marxista che era stato dal dopo guerra in poi per rivalutare l’antica radice libertaria che era all’origine del partito. Basta leggere la lettera “agli amici di Romagna” scritta nel 1879 ad Andrea Costa per trovarne la riprova.
“Il vangelo socialista” pubblicato da Craxi nel 1978 sul settimanale “Espresso” fu il nuovo manifesto del partito, essenziale per un progetto politico tendente a governare con la DC bloccando la sua alleanza (di fatto esistente in modo sotterraneo) con il PCI. Nell’idea di Craxi era compresa una revisione del sistema politico, di cui precorse largamente i tempi, come gli fu riconosciuto anche da avversari politici del calibro del Presidente della Repubblica Napolitano, in una lettera del 2010 indirizzata alla signora Craxi. Il tentativo non ebbe esito anche se talune leggi emanate successivamente, come la legge n° 400 sull’ordinamento della presidenza del consiglio, affondano le loro radici nei governi presieduti da Craxi.
Vanno messe nel conto anche le sconfitte e principalmente la rinuncia al riformismo per la contrarietà opposta dalla DC, poco propensa ad abbandonare le posizioni conseguite in tanti anni di dominio politico quale partito di maggioranza relativa: forse quanto sta accadendo oggi è anche frutto di quella sconfitta.