venerdì 22 Novembre 2024
La Finestra sul CortileConferenza sulle libertà di espressione e contro l’alterazione della realtà

Conferenza sulle libertà di espressione e contro l’alterazione della realtà

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Settimana prossima a Milano la conferenza di +Europa. 
Sulle libertà di espressione e contro l’alterazione della realtà


Utilizzo questa “finestra” per annunciare una conferenza che ha bisogno di comunicazione in una rete di persone sensibili e partecipative per non finire tra gli spam della campagna elettorale.

Così anticipo anche qualche argomento che, in quella occasione, cercherò di trattare introduttivamente.

Il tema è di quelli che riformulano con espressioni in parte nuove una questione costituzionale primaria mescolata con una questione ancora più antica, quella della malattia propagandistica del ‘900.

Il titolo dell’evento è: “Conferenza sulle libertà di espressione e contro l’alterazione della realtà”.  

Le comunicazioni – in senso lato – costituiscono ormai la prima economia del mondo (quindi occupazione, interessi, conflitti). Ma è fragile il dibattito pubblico attorno ai veri problemi. O vengono affrontati come se si fosse al bar o si delegano agli esperti. Mentre il controllo sociale – quindi la consapevolezza diffusa – su certe questioni è sempre più importante.

conferenza +europa

La conferenza svolgerà nel corso della prossima settimana, venerdì 17 maggio alle ore 17 (i napoletani comprenderanno) all’Auditorium dell’Umanitaria a Milano in via Santa Barnaba 48 (esattamente dietro il Palazzo di Giustizia).

Essa raccoglie una mia proposta fatta a Emma Bonino di voler iscrivere nell’agenda della campagna elettorale per le europee non solo la presentazione di candidati e candidate ma anche “temi ineludibili”, tra cui quello proposto lega i destini dell’Italia a quelli dell’Europa nella scommessa che la difesa della democrazia liberale, delle regole sui contrappesi e quindi dell’essenzialità della libertà di stampa e di espressione del pensiero è parte di un progetto politico che deve avere riferimento all’Europa che uscirà dalle urne del 26 maggio.

Pur collocata sotto le insegne di un soggetto politico in campo – per l’esattezza di Più Europa in collaborazione con Partitodiazione e con Radioradicale – che è condizione per avere un “diritto di parola” verso i cittadini, il panel che si sta costituendo per parlare dell’argomento ha un carattere largamente professionale e indipendente.

Un panel di persone preoccupate, che raccolgono segnali attorno ai rischi di un paese fondatore dell’Europa ma che – solo prendendo la piccola classifica di questi paesi che dovrebbero avere tutti tratti di civiltà e di giustizia comuni – si presenta ultimo dei sei nelle classifiche internazionali riguardanti appunto la libertà di stampa. Ha commentato Emma Bonino nei giorni scorsi e ancora lunedì 6 maggio lanciando questa conferenza in occasione di un suo passaggio ai Chiostri dell’Umanitaria a Milano per sostegno alle liste del nord-ovest in modo chiaro il senso della preoccupazione:

Quando si diffonde la preoccupazione per la libertà di stampa ovvero di espressione in un paese è brutto segno. Brutto segno per la democrazia. Abbiamo fatto fatica come Italia a uscire dalla “zona gialla” e ritornare, sia pure a bassa classifica, nella “zona verde” (classifica annuale di Freedom House, USA) ed ecco che si riproducono altri motivi di criticità. Il maggiore è rappresentato un governo che non rispetta il diritto dei media di svolgere critica. Perché non rispetta in generale la democrazia dei contrappesi. Ora, la critica dei media può essere azzeccata o imprecisa. Ci sono sempre modi per rettificare o per ottenere rettifiche. Ma quel ruolo non si tocca. Grave è concentrare dichiarazioni e misure tutte orientate a creare clima di delegittimazione per il lavoro giornalistico e per la libertà di espressione (per la carta stampata e per la rete). In aggiunta esercitando un pesante ruolo di propagandismo che è un altro veleno e che fa parte di una brutta storia italiana. Dunque serve più Europa per tutelare anche questo inalienabile diritto”.

Accanto a questo argomento – che ha una sua evidenza internazionale (nei giorni scorsi la pubblicazione del 17° rapporto di Reporter senza frontiere ha fornito i dati di un piano inclinato mondiale: “Giornalisti minacciati, rapiti, aggrediti e infine uccisi, questo è lo scenario in cui gli operatori dell’informazione sul campo devono muoversi, con oltre 700 giornalisti assassinati negli ultimi dieci anni a livello globale, 80 nel 2018 e 348 quelli detenuti”) – si registra la stizza permanente dei partiti al governo in Italia sui giudizi critici di una parte dell’informazione nei riguardi delle politiche del governo e degli esiti sociali ed economici di scelte in corso (contro “i giornaloni” e contro i commenti dei “professoroni”), ma vi è soprattutto una organizzazione super-propagandistica di quella che dovrebbe essere la comunicazione istituzionale diventata – a spese del contribuente – una costante comunicazione politica di natura elettorale.

Questa perdita di confini, questa invasione di campo rispetto alle competenze e ai ruoli delle fonti, convive con fenomeni che certamente non sono solo generati da soggetti politici, ma anche da interessi economici, da spavalderia commerciale, da aggressioni continue alla privacy, da interessi malavitosi. Così da generare un altro piano inclinato, anch’esso trasversale nel mondo, che in Italia non ha avuto uguali. Il piano della costante alterazione della realtà, delle notizie falsificate, della costruzione ad arte delle fake news. Un sistema che – lo dice un recente rapporto delle università inglesi – mai come ora ha messo le giovani generazioni di fronte alla maggiore confusione di ogni tempo nel distinguere il vero dal falso. Una conferenza in campagna elettorale – che Benedetto Della Vedova concluderà con proposte per l’Italia e per l’Europa – è cosa seria se si non limita ad agitare fantasmi. Essa deve interpretare dinamiche reali e mettere le soluzioni proposte nel paniere di ciò che l’elettore deve sapere per sentirsi partecipe di un momento storico per la questione delle libertà di base in Europa.  

Ed è un’Europa in cui, invece, le migliori energie progettuali in questo campo dovrebbero  essere  spese non solo sul pur preliminare campo delle libertà di base (pensiero, manifestazione, privacy, imprenditorialità, memoria, immagine , oblio, critica, dignità, onore, autori, minori, formazione, eccetera) ma anche nella riorganizzazione di una capacità di competere internazionalmente assicurando un ruolo ai paesi europei non solo di consumo ma anche di ricerca, innovazione, produzione e proposta culturale. Un’evidenza che è calata preoccupantemente e che non viene più nemmeno ricordata in Italia come battaglia strategica nel quadro di un’economia (e di un sistema occupazionale) diventata primaria ma con una regia sempre più extra-europea.






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