La pericolosa avventura l’abbiamo evitata (per ora). Malgrado una discutibile conduzione dell’iter postelettorale il Presidente della Repubblica ha il merito di aver scoperto le carte del “contratto” Salvini-Di Maio: un “contratto” da 130 miliardi di euro di spesa pubblica capace di determinare una crisi finanziaria di tali dimensioni da dare credibilità e concretezza alla sfida all’Unione Europea dell’uscita dell’Italia dall’euro.
Savona ha i diritti d’autore di questo progetto e quindi non poteva essere sostituito da nessun altro. Lo stop di Mattarella non poteva che determinare l’inizio di una nuova campagna elettorale all’insegna della sovranità nazionale tradita con il corredo della piazza urlante.
Casaleggio, che ha subito l’iniziativa del leader della Lega, cerca di rimettere il suo Movimento al centro della scena e rilancia con la richiesta di impeachment del Capo dello Stato. Il disegno è chiaro: drammatizzare quanto è più possibile una crisi politica già molto grave.
Al punto a cui siamo giunti la sola cosa che si può, e si deve fare, è un governo “di scopo” che gestisca le prossime elezioni e, nel tempo che rimane, eviti che la crisi finanziaria annunciata dalla borsa e dallo spread degeneri. La posta in gioco è la tenuta del sistema Paese, dalle Istituzioni al bilancio dello Stato; la posta in gioco è la condizione di vita dei cittadini italiani, oggi e nel prossimo futuro
Fin qui tutto chiaro. Ciò che non è chiaro è cosa faranno quelle forze politiche che si oppongono al progetto della presa del potere degli “sfascisti”. Ed è questa la vera incognita che pesa sulla situazione politica, la sensazione che non ci sia “resistenza” o ancor peggio che chi dovrebbe opporsi non abbia ancora capito chi ha di fronte e quindi non sa che pesci prendere.
Ma la domanda che rimane senza risposta è a chi giova tutto questo. Certamente non agli elettori che in preda a dolori di pancia procurati da continue campagne mediatiche contro la politica e la casta hanno votato con rancore senza interrogarsi sulle conseguenze che, nel mondo contemporaneo, hanno le elezioni non solo nelle cose di casa nostra ma in quelle di più Paesi. Tanto più se si tiene conto, come si dovrebbe, che i debiti che abbiamo ci mettono nelle condizioni di dover rispettare, anche quando non ci piacciono, gli accordi che abbiamo sottoscritto per avere i soldi che ci servivano.
Se ad esempio la crisi italiana fa scendere il valore dell’euro, cosa volete che pensino di noi i cittadini degli altri Paesi europei? E allora torna la domanda: a chi giova. Difficile convincersi che tutto questo accade per una alzata d’ingegno del giovane Di Maio o per la “coerenza” del tribuno leghista e nasce il legittimo dubbio che dietro ci sia un disegno speculativo, insomma che qualcuno ci guadagni. Ma sono soltanto cattivi pensieri di una notte d’estate.