martedì 5 Novembre 2024
Editoriali di Giampaolo SodanoDa che mondo è Moondo

Da che mondo è Moondo

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“Da che mondo è mondo”: l’espressione spesso ricorrente nel linguaggio comune sottolinea implicitamente il persistere di modi di essere, principi, regole non scritte presenti fra gli uomini da tempi immemorabili. A queste passate esperienze spesso si fa riferimento nei momenti di crisi della società non tanto per trovare la stessa via d’uscita di un tempo, cosa impossibile dato il mutare delle situazioni storiche, quanto per guardare alla difficoltà del momento con la saggezza dell’esperienza e così avere una spinta per ricostruire ciò che sta andando in pezzi.

Basti pensare a quante volte nel secolo scorso si è fatto riferimento al mondo (ed implicitamente alle sue in innumerevoli regole) per riedificare ciò che era andato in frantumi magari uscendo fuori dal sempre incombente provincialismo italiano.

E, sempre nel secolo scorso, il “Mondofu anche la testata di un noto giornale settimanale, di democrazia laica, fondato nel 1949 e diretto da Mario Pannunzio, che gli conferì una costante linea di impegno civile e di totale indipendenza rispetto al potere politico ed economico. Nella cultura italiana “Il Mondo” rappresentò l’unica voce importante estranea agli schematismi politici e culturali allora predominanti, come un “Mondo migliore” un altro giornale, a cui aveva rivolto lo sguardo il movimento cattolico, del gesuita padre Lombardi, e gli esempi potrebbero continuare.

Il Mondo, la prima copia in edicola, del 19 Febbraio 1949.
Il Mondo, la prima copia in edicola, del 19 Febbraio 1949.

Guardare al mondo significa uscire dal contingente, dalla notiziola spicciola, per toccare temi che interessano la società civile con un linguaggio, in particolare in un momento di passaggio dall’antico al nuovo, strettamente legato alla realtà.  “Il mondo è tutto ciò che appare” sosteneva quasi un secolo fa il filosofo austriaco Wittingstein per sollecitare l’uso di un linguaggio che rispecchiasse la realtà, fino a coincidere con essa. È un invito che, malgrado i molti problemi interpretativi che si sono dipanati negli anni intorno ad esso, ha indubbiamente una sua validità.

Rappresentare la realtà tenendo nettamente distinta la rappresentazione dall’opinione è una regola raramente seguita nel giornalismo italiano tradizionale, a differenza di quanto avviene ad esempio nel mondo anglosassone. Talvolta si giunge fino a manomettere la storia per asseverare le proprie tesi, invocando precedenti apparentemente tali, ma in realtà totalmente diversi, se visti in un contesto storico-sociale non coincidente con quello attuale. Uno dei casi più frequenti è ricercare nel pensiero politico del passato le premesse delle proprie affermazioni: affermare, per esempio, come pure talora avviene, che il movimento di “Giustizia e Libertà” sia l’antecedente storico di tesi politiche attuali significa distorcere la storia, dimenticando (o fingendo di dimenticare) che quel movimento, divenuto partito dopo il 1945, si dissolse rapidamente proprio perché legato alla esigenza degli anni ’20 e ‘30 di una evoluzione del liberalismo ottocentesco verso forme più aperte di considerazione dei fatti sociali e politici. E’ solo un esempio, ma molti altri analoghi se ne potrebbero fare.

Il nostro Moondo, un “magazine dei magazine” vuole sfuggire a questa tentazione guardando ad una rappresentazione oggettiva dei fatti quale premessa per un libero confronto di opinioni, di tesi, di progetti, nella consapevolezza della spinta che può dare lo strumento Internet allo sviluppo della democrazia in Italia. L’errore, a nostro parere, è quello di ritenere che l’uso di internet significhi il superamento della democrazia rappresentativa e l’adozione del nuovo pseudo modello della democrazia referendaria: un colossale e pericoloso equivoco.

Copertina Moondo

È indubbiamente corretto affermare che sono oggi non più attuali gli schematismi ideologici del XIXº e XXº secolo: è lo stesso concetto di partito come organizzazione politica strutturata che è entrata in crisi, come dimostra il successo, non solo in Italia, del cosiddetto “movimento” che tende all’aggregazione del consenso prescindendo da un preciso programma politico e da un contesto organizzativo per realizzarlo. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, i due partiti tradizionali, quello repubblicano e quello democratico, hanno un minimo apparato che cambia a seconda che si tratti delle elezioni al Congresso o di quelle presidenziali, con un taglio ideologico di principio minimo tra l’uno e l’altro partito: sarà il programma del candidato alla presidenza a fare la vera differenza in funzione dell’aggregazione del consenso.

Si tratta di un’esperienza certamente non trasferibile tale e quale in altri paesi data la peculiarità delle condizioni storiche e politiche che l’hanno determinata: di essa va colta però la fattibilità di un modello politico in cui la fattualità del progetto prevale sulla schematicità dell’ideologia. Non si può dunque semplicisticamente affermare che Internet è il nuovo strumento di aggregazione del consenso perché omette completamente la fase della partecipazione dialettica alla costruzione del programma, che è fondamentale in una democrazia partecipata. Mentre può rivelarsi un pericoloso strumento nelle mani di avversari e/o nemici come dimostra la vicenda delle incursioni su Facebook e Twitter durante le ultime elezioni presidenziali in USA sia da parte russa che di organizzazioni estremiste interne.

Sul terreno culturale e politico si tratta di dimostrare che internet può essere un valido strumento per la elaborazione di un programma partecipato e per l’aggregazione su di esso ma non potrà mai sostituirsi alla dialettica e al confronto delle idee per la ricerca del consenso.

Moondo vuole partecipare alla costruzione di questo nuovo orizzonte di democrazia partecipata contestando il trend di una comunicazione fra individui fatta al solo scopo di comunicare sempre qualcosa, fatto di botte e risposte che si risolve in scambio e conflitto. Ma non possiamo fermarci, per quanto importante, al tema della democrazia (o della alienazione del linguaggio), davanti ai nostri occhi sta per compiersi ovunque la grande trasformazione per alcuni versi simile a quella della prima rivoluzione industriale per cui termini come popolo, nazione, democrazia coprono una realtà che non ha più nulla a che fare con ciò che queste parole e questi concetti hanno significato per noi occidentali fino ad oggi.

Ancora una volta nella Storia il capitalismo ha cambiato pelle distruggendo un intero patrimonio culturale e politico: pensiamo al esempio alla fascinazione delle merci di cui parlava Carlo Marx, o dello sfruttamento del lavoro per costruire il profitto, e guardiamo alla ricchezza che Zuckerberg o Larry Page hanno accumulato utilizzando un algoritmo che consente agli uomini di comunicare fra di loro senza costi e al di là di qualsiasi confine, geografico, etnico o religioso. Una trasformazione che ha determinato l’eclisse della politica perché la politica non ha “capito” che quanto stava accadendo svuotava di ogni significato categorie e idee tradizionali per cui il linguaggio, come luogo politico, ha subito una manipolazione senza precedenti.

Se questo è vero abbiamo di fronte a noi tre strade: o il silenzio di quanti (e sono la maggioranza) guardano la realtà che ci circonda come se stessero assistendo ad un brutto spettacolo, un popolo senza parole di fronte al proprio destino, oppure mettersi in coda seguendo il guru dei mediocri che in apparente distacco dal regime cerca di indirizzare la protesta affinchè non diventi eversione, ed infine proprio a partire dal terreno incerto della crisi ritrovare la via di un’altra politica, di un altro linguaggio avendo la consapevolezza del fallimento del nostro agire nella storia del XX secolo che ci ha lasciato una eredità decisiva per noi stessi chiamati alla ricostruzione di ciò che abbiamo distrutto.

Noi di “Moondo” vogliamo imboccare questa terza via per capitalizzare l’innovazione di internet e dei brevetti tecnologici che oggi sono una nuova inedita ed esclusiva forma di capitalismo costruendo, ancora una volta, una alternativa a favore dei popoli e di organizzazioni produttive ingegnose capaci di migliorare la qualità del lavoro, aumentare e diffondere il benessere e la condizione di vita degli uomini.

Su questi temi sarà necessario riflettere e discutere a lungo, all’aria aperta, fuori dalla tana dei partiti e dei movimenti, facendo di Moondo l’arena dove le idee si mettono a confronto senza nulla concedere al chiacchiericcio inconcludente e favorendo il formarsi del consenso o del dissenso dei lettori, invitati a collaborare con noi avendo la certezza che quanti lavorano nella redazione dei nostri magazine hanno rinunciato alla pigrizia intellettuale e ai vecchi automatici riflessi, perché sono consapevoli che “da che mondo è mondo” vince chi è capace di cambiare.

La presentazione del Magazine “Moondo” avverrà nel corso del Digital Day #dday, che si terrà venerdì 1 Dicembre a Viterbo (9.30 – 17.30). La partecipazione è gratuita!






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