venerdì 15 Novembre 2024
Sette per cinqueDecreto semplificazioni e subappalti

Decreto semplificazioni e subappalti

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Bastava aspettare qualche giorno, era sufficiente fare qualche riflessione in più prima di decretare “l’aumento dei morti sul lavoro” causa “la scelta criminale sui subappalti” del governo Draghi, come ha fatto Paolo Ferrero, vicepresidente del Partito della Sinistra Europea nella sua intervista a Antonello Sette per l’agenzia SprayNews e infatti le cose sono andate ben diversamente con buona pace di tutto il vecchio armamentario dell’estremismo comunista. “Non dimentichiamo che il processo di semplificazione e di deregulation prospettato dal Governo è oltretutto un grande regalo cosche mafiose e criminali, che potrebbero sguazzare nei meandri della selvaggia assenza di qualsiasi procedura di controllo”. È la volta di Ezio Locatelli, segretario Regione Piemonte di Rifondazione Comunista. “Una deregulation a 360 gradi che significa non solo assenza di trasparenza, ma anche insicurezza e rischi nei luoghi di lavoro” – insiste Angelo Bonelli, coordinatore della Federazione Nazionale dei Verdi – “E poi c’è la ciliegina sulla torta. A me sembra che molte delle cose che Berlusconi aveva in mente di fare quando era premier, c’è ora qualcuno che vuole realizzarle, a partire dal Ponte sullo Stretto. La relazione che il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini ha inviato al Parlamento contiene il via libera del Governo, senza spiegare, però, il motivo per cui i tecnici del ministero dell’Ambiente non sono stati integrati, come era previsto, nel gruppo di lavoro che doveva preventivamente esprimere un parere. Hanno detto sì senza prendere in considerazione l’aspetto ambientabile, pur trovandosi notoriamente al cospetto di un’area ad alto rischio idrogeologico. Non ci siamo assolutamente. Il Governo dei migliori ha partorito non una transizione, ma quella che io chiamo una finzione ecologica. Una finzione insopportabile”. “Ci sarà sicuramente un autunno caldo – avverte Monica Cirinnà, Senatrice del Partito Democratico – perché questo governo in qualche modo si sta facendo dettare alcune regole dal padronato, chiamiamolo così, da quella che qualcuno ritiene sia la parte produttiva del Paese, la parte imprenditoriale. Io credo che andremo incontro a un ulteriore aggravio per i lavoratori”. Ma poi si corregge: “Credo che il decreto semplificazioni non passerà così come è. Per uscire dalla pandemia non c’è bisogno solo di vaccini. C’è bisogno di giustizia sociale. Altrimenti gli ultimi rimarranno sempre ultimi. Purtroppo in questo Governo nessuno se ne fa carico. Noi del Pd abbiamo una grande difficoltà a lavorare sul tema della redistribuzione. Come ha visto, anche la proposta di Enrico Letta per l’introduzione di una tassa di successione, riservata all’un per cento più ricco della popolazione, è stata ostacolata da moltissimi”.

Un poker di interviste sul banco del governo Draghi, ma sembra che le puntate non siamo andate a buon fine, anzi diciamo la verità ha vinto il banco. Il decreto sulle semplificazioni ha fatto giustizia delle peggiori previsioni e i giocatori hanno dovuto abbandonare il tavolo. Anche perché hanno le idee confuse: “Forza Italia si sta sgretolando di fronte all’assenza di prospettiva e anche all’incertezze sulla guida di Silvio Berlusconi, a cui naturalmente faccio i migliori auguri per la sua salute. C’è uno smottamento verso Giovanni Toti e altre piccole formazioni. Il Movimento Cinque Stelle è in una transizione, che assomiglia a un travaglio doloroso senza che mai si arrivi al parto, con piccole aree che si bastonano tra di loro e l’unico che potrebbe regalargli visibilità, Giuseppe Conte, mi sembra sia stato messo, per il momento, in frigorifero. E poi, c’è la totale ambiguità di una forza politica che noi ritenevamo, a questo punto forse a torto, di centrosinistra, Italia Viva, che va ben oltre le scelte sulla legge Zan. Basta guardare quello che accade in Sicilia e in Calabria, dove stanno trattando con il centrodestra, che è al Governo in quelle regioni. In questo quadro così instabile, dove un partito si scioglie come neve al sole, un altro è allo sbando e altri due non si sa dove vanno a parare, un Partito Democratico unito e il più possibile saldo è un valore per il bene dell’Italia” questo è il quadro che fa la senatrice Cirinnà.

Fuori dal coro una bella intervista a Donato Santoro, accademico del diritto e avvocato penalista de Foro di Roma a cui Antonello Sette chiede lumi sullo stato di salute della giustizia: “Ogni anno settemila cittadini italiani sono arrestati e poi prosciolti da ogni accusa. Non sono dati presi a caso. Sono quelli forniti, a un livello che più ufficiale non si può, della Direzione Generale degli Affarii Penali del Ministero della Giustizia. Bisognerebbe quantomeno rivisitare l’istituto della custodia cautelare, di cui si abusa mentre dovrebbe essere solo l’extrema ratio. Oltretutto l’arresto diventa molto spesso l’anticipazione di una sentenza di condanna. Una condanna anticipata che per settemila italiani unisce ogni anno il danno alla beffa. Pubblici ministeri e giudici per le indagini preliminari dovrebbero usare molta più cautela. Anche perché a tutto questo va aggiunto il danno per ingiusta detenzione che le varie Corti d’appello liquidano ogni volta. Costi pubblici, costi in qualche modo nostri, derivati dalla frettolosa applicazione di una misura cautelare e, a monte, dall’erronea imputazione”.

Sono numeri inaccettabili per un Paese, che si vanta di essere la prima culla del diritto, replica Antonello: mi dica, a questo punto, se ci si può fermare qui o se invece ci sono altri numeri che vanno nella stessa inquietante direzione? “Ci sono altri dati, di cui mi assumo tutta la responsabilità. Il bilancio della giustizia ammonta a centonovantasei milioni di euro all’anno. Ebbene, centotrenta milioni sono destinati a coprire solo le spese per le intercettazioni telefoniche. Alla giustizia propriamente detta vanno solo sessantasei milioni. E poi ci si lamenta cha manca il personale, la carta, i computer e tutto il resto. Le intercettazioni si devono fare, ma est modus in rebus, anche perché molte sono inficiate da vizi procedurali che ne impediscono l’utilizzazione nei processi”.

Ha letto il libro-intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara sul Sistema perverso che governa la giustizia? “Palamara ha detto la verità. Condivido in toto ogni parola. Riguardo alla sua vicenda personale, non capisco come sia stato possibile ammettere davanti al Csm solo quattro dei centoventidue testimoni a discarico che aveva chiamato a deporre. In questo modo non ci può difendere. La difesa diventa una finzione”.

A proposito dei mali della giustizia, il giudice emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese mi ha parlato di fratture interne, rapporti personali, complicità fra Pm e giornali, inanità del Csm… “Condivido anche tutto quello che ha detto Cassese. Io aggiungo una cosa che reputo di grande importanza. Il codice di procedura penale parla chiaro e non consente dubbio alcuno. Il pubblico ministero deve acquisire le prove a carico, ma ha l’obbligo di mettere agli atti anche le indagini svolte a difesa dell’indagato. Le indagini non possono essere a senso unico. Si devono cercare gli indizi e le prove favorevoli anche a chi si accusa”. Ma gli indizi favorevoli all’indagato e all’imputato non si cercano mai? si domanda Antonello. “Mai a poi mai” replica seccamente il professor Santoro.

Ma cosa si dovrebbe fare per combattere i mali della giustizia, domanda a fine intervista Antonello. “Una buona riforma, che innanzi tutto ripristini il principio di parità fra accusa e difesa. E poi una giusta amnistia. E’ necessario alleggerire i processi penali, i processi civili, soprattutto sulle sanzioni amministrative e quelli pendenti davanti ai tribunali amministrativi. Molti impiegati pubblici, destituiti a seguito di un procedimento disciplinare, potrebbero utilmente essere reintegrati, anziché attendere la conclusione di procedimenti pendenti da anni. E poi dovremmo non dimenticarci mai che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato. Dopo venti anni di carcere, il vissuto sociale del detenuto andrebbe rivisitato. Ricordando che senza il lavoro, l’istruzione e il contatto con il mondo esterno, una persona chiusa in gabbia, senza una prospettiva di reinserimento, non solo non si riabilita, ma rischia di perdersi per sempre”.






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