La destra italiana ha deciso di fare harakiri. In poche settimane è riuscita a perdere il consistente vantaggio di consenso sociale ed elettorale che i sondaggi le attribuivano all’unanimità. Il bello è che lo ha fatto da sola, senza che dall’altra parte, la sinistra, avanzasse una proposta politica mozzafiato, una di quelle rispetto alle quali gli elettori non sarebbero in grado di resistere.
Il responsabile numero uno della sconfitta che si preannuncia per le imminenti elezioni amministrative è sicuramente Matteo Salvini, il leader della Lega sceso ormai al rango di arruffapopolo. Vederlo in televisione, agitarsi sull’asse di equilibrio del Covid, oscillando tra il no vax e i vaccini, ha dato l’impressione di un politico con l’acqua alla gola che cerca di mantenersi a galla attaccandosi ad un’ancora che lo porterà a fondo. Qualcuno dovrebbe convincerlo a fare un conto elementare, se circa l’80 per cento degli italiani si è già vaccinato, e che tra il restante 20 per cento vanno inclusi bambini e ragazzi, la gran parte dei quali sarà presto vaccinata, e quelli delle fasce di età superiori che sono quotidianamente in fila ai gazebo per farlo, lo spazio elettorale che resta al senatore lombardo si riduce a vista d’occhio.
Salvini è un recidivo. Dopo la sortita del Papete, “datemi tutti i poteri” , che lo ha portato a rompere l’alleanza di governo con i grillini (il Conte 1), la megalomania gli sta giocando adesso un altro brutto scherzo. Rientrato al governo per il rotto della cuffia, in virtù dell’azione renziana che ha liquidato Conte e aperto la strada al governo Draghi, Salvini ne spara una dietro l’altra mettendo in difficoltà la componente più responsabile e strutturata del suo partito, che fa capo ai governatori regionali e al ministro Giorgetti, senza rendersi conto che sta facendo il gioco della sinistra. Per fare il furbo ha finito per farsi infinocchiare da uno più furbo che, non a caso, proviene dall’antica scuola clerico democristiana, come Enrico Letta. Mentre Salvini sbraita l’altro lo irride ripetendogli ogni giorno che non è omogeneo per stare al governo della quasi unità nazionale.
Ma, i problemi che turbano e mettono in ansia il legista hanno natura più profonda, sta perdendo il ruolo di leader della coalizione di destra, sulla quale si proietta l’ombra minacciosa di Fratelli d’Italia e della loro guida, la Giorgia Meloni che, al momento, sta dimostrando di avere senso politico e capacità di aggregazione dei consensi in maniera fino a pochi mesi fa inusitata. Le manovre per portar via parlamentari e consiglieri locali a Forza Italia hanno senso precario, perché non allargano l’area elettorale e possono anzi restringerla qualora Berlusconi si svegliasse dal sogno di salire al Quirinale, verificasse le blandizie salviniane e tornasse a mettersi in proprio riportandosi al centro dello schieramento politico. Centro verso il quale inavvertitamente si sta spostando l’ala governista della stessa Lega, con in capo i presidenti di regioni determinanti e il personaggio Giorgetti che, per competenza e responsabilità, già appare come il punto vero di riferimento di una formazione destinata a collocarsi stabilmente nel campo del moderatismo europeo se vorrà continuare ad avere voce in capitolo anche in Italia.
La Meloni e Fdi urtano il limite del collegamento con la destra e il sovranismo becero dei paesi marginali nella comunità europea, l’Ungheria, la Polonia e anche l’Austria. A tirar troppo la corda finiranno per romperla, favorendo l’inevitabile tendenza che spinge l’UE a procedere a due velocità, con un gruppo di paesi coesi nel processo multilaterale vitale per l’esistenza stessa dell’Unione e per la sua capacità di stare al pari delle altre potenze mondiali. Il consenso elettorale che FdI potrà raccogliere finirà per essere sterilizzato dall’incapacità di andare oltre il sovranismo.
Forza Italia, che negli anni ’90 e per lungo tempo ha rappresentato l’alternativa ad una sinistra giustizialista e manettara è invecchiata e rinsecchita, per incapacità di rinnovamento, con un capo, Berlusconi, che continua a non rendersi conto che il suo tempo è scaduto. E’ stato indubbiamente vittima di attacchi inconsulti degli avversari politici che si sono fatti forte del supporto di una magistratura arrivata anch’essa alla resa dei conti. Occorre dirlo, Berlusconi è stato eroico a resistere e mantenere ancora una voce significativa nell’arengo politico, più per il basso livello dei suoi avversari e dei sodali che non per una forza propria che svanisce di giorno in giorno. Il passato non ritorna.
La destra italiana si sta autoaffondando, come la corazzata tedesca della seconda guerra mondiale, la Graf Speen, alla foce del Mar de la Plata. Con la differenza che non è stata inseguita né colpita dagli avversari, che sostanzialmente sono alla pari se non addirittura più deboli, ma per la sua insipienza politica, per lo strafare del capitano che, infatuato da successi elettorali passati, non sembra comprendere che i voti come vengono se ne vanno, seguendo gli umori degli elettori che, dopo la fine dei grandi partiti del secolo scorso, si muovono ondivagamente attratti da nuove comete.
Ora, da Palazzo Chigi, brilla un’altra stella che sta, con serietà e rigore, provando a rimettere in ordine non solo i conti, ma l’Italia nel suo insieme. Scambiare gli elettori per un parco buoi da illudere con i richiami della foresta, dura poco, poi anche quelli si risvegliano e danno il benservito.