In questa vigilia del nuovo anno ho scritto un articolo sulla vicenda del leader socialista Bettino Craxi di cui ricorrono i venti anni dalla morte. Ho scritto che sarebbe utile, come cittadini democratici, cogliere questa occasione per un collettivo esame di coscienza. Il senso di questa affermazione è stato male interpretato in alcuni dei tanti commenti su Facebook: per essere chiaro volevo, partendo dalla vicenda tangentopoli e dal caso Craxi, affermare che la dilatazione incontrollata dell’ambito di azione del diritto penale nata con l’inchiesta mani pulite ha determinato un rovesciamento dei rapporti di forza fra potere giudiziario e potere politico.
Di qui l’esame di coscienza: cosa hanno detto o fatto i cittadini per ristabilire il giusto e necessario equilibrio? E cosa hanno fatto le èlite per un reciproco rispetto fra i diversi poteri? Fino ad oggi èlite e cittadini non hanno dato segni di vita. Eppure è evidente il danno che procura lo strapotere dei magistrati al normale svolgersi della vita democratica. Dai sondaggi, per esempio, è emersa recentemente il desiderio della maggioranza degli intervistati di avere un uomo forte alla guida del governo del paese, un desiderio che, grazie ad una delle tante improvvise inchieste, viene puntualmente disatteso quando si presenta sulla scena una leadership forte, si chiami Renzi o Salvini poco importa.
Serve quindi un esame di coscienza, non per ristabilire le condizioni a parti rovesciate della cosiddetta prima Repubblica, ma per determinare un effettivo equilibrio dei poteri, che vuol dire innanzitutto rispetto reciproco e quindi non interferenza della politica nel lavoro dei giudici e autolimitazione dei magistrati quando si fanno inchieste che investono gangli vitali della democrazia rappresentativa. Quanti amano la democrazia dovrebbero trarre dalle vicende della nostra storia recente, come la questione Craxi, una sana lezione per invertire la rotta avendo la consapevolezza che continuare alla cieca sulla strada intrapresa non porterà da nessuna parte.
Domandiamoci cosa c’è di malato nella nostra società, quali sono le credenziali democratiche che ci hanno portato a sostenere la Repubblica giudiziaria? Con mani pulite il valore della militanza politica è stato drasticamente deprezzato, il riscatto si è cercato in una narrazione antipolitica, operando un sistematico rovesciamento della realtà. Un malessere che viene da lontano, da quando alzando il vessillo della questione morale si è voluto affermare una declamata certezza della propria onestà-diversità, fino allo sdegnoso distacco dal teatrino della politica per finire nel fiume di parole dei masaniello televisivi.
Forse siamo diventati inaffidabili, irresponsabili, forse tra di noi ha messo le radici un pregiudizio ostile al principio di autorità, forse non crediamo ci possa essere una guida della nostra comunità e, privi di qualunque ispirazione ideale, convinti che uno vale uno, siamo portati ad affermare le nostre ragioni indipendentemente da quelle degli altri. Forse nel costume di noi italiani è intervenuta una frattura che ha modificato il nostro senso civico, che ci ha fatto rinnegare principi e valori per tollerare superficialità e maleducazione, aggressività e ignoranza. È come avessimo subito una mutazione genetica: allora è proprio necessario un esame di coscienza.