Nei prossimi giorni (20 Febbraio) la Commissione Contenziosi del Senato, composta da 3 senatori e da 2 giuristi estranei al Parlamento, si riunirà per decidere sul ricorso presentato da un gruppo di ex senatori ai quali, così come agli ex deputati, con decisioni dell’Ufficio di Presidenza dell’una e dell’altra camera del parlamento è stato tolto dal 1 gennaio 2019 il vitalizio di cui erano stati fino a quel momento titolari.
L’adozione della misura era stata sollecitata dal Movimento 5 Stelle, che ne aveva fatto un suo vessillo: nessuna meraviglia quindi che quella abolizione sia stata applaudita, sbandierata, additata ad esempio della svolta che il Movimento intendeva (ed a quanto sembra intende ancora) imprimere alla vita politica italiana, probabilmente a futura memoria della sua esistenza, dopo la sua scomparsa alla fine del viale del tramonto.
Nessuno dei pentastellati si è preoccupato di spiegare agli italiani che quella decisione non era stata assunta con una legge che avrebbe dovuto seguire un lungo percorso nell’una e nell’altra camera, restando esposta ad eventuali critiche da parte di coloro che magari ritenevano che non si potesse sopprimere un diritto acquisito, ma con una deliberazione degli uffici di presidenza delle due camere in cui il Movimento 5 Stelle aveva una maggioranza insieme agli alleati della Lega.
E’ stato così possibile prendere una decisione che costituiva anche, sia pure indirettamente, una sfida alla Costituzione della Repubblica italiana, forzando l’autonomia amministrativa di cui godono le camere, anche se in assenza di precise norme a riguardo. La Corte Costituzionale si è occupata più volte della questione ed ha circoscritto entro limiti precisi quella autonomia, anche se non ne ha negato la legittimità costituzionale.
I furboni pentastellati ne hanno profittato: via i vitalizi e vediamo chi ha il coraggio di decidere diversamente è stato il loro ragionamento, nella fiducia che li attendesse un radioso futuro di una persistente maggioranza. E’ vero che quella deliberazione degli uffici di presidenza era soggetta ad impugnazione in prima e secondo grado davanti all’organo di giustizia interna delle due camere, ma chi avrebbe osato sfidare l’ira del Movimento se lo avesse fatto?
Qualcuno, molti, l’hanno fatto: la Commissione Contenzioso del Senato si accinge ad esprimere una decisione probabilmente diversa da quella che i 5 Stelle avrebbero voluto, tanto che il loro rappresentante nella Commissione si è dimesso. Ci sono tutti i presupposti per l’ennesima brutta figura: ad accorgersene è stato il Fatto Quotidiano, il cui direttore ha subito iniziato a sparare a zero contro la Commissione: dovrà faticare molto affinchè gli italiani si convincano che il Movimento ha sempre ragione, anche quando con un piccolo espediente tenta di sovvertire i principi fondamentale del nostro ordinamento giuridico.
E’ questa l’unica buona notizia: la legalità in Italia è (forse) più forte di quanto talora sembri.