Gentile Direttore,
sono un’italiana newyorkese e appassionata lettrice di Moondo.
Oggi, 14 marzo, si celebra il Pi Day, mi farebbe piacere leggere della storia e applicazione (anche in campo artistico e letterario) di questo numero così speciale.
Mi risulta che tra i vostri collaboratori ci sia l’ingegnere Raffaele Aragona, noto esperto di scienze e di giochi letterari, e mi domando se si possa leggere un suo contributo a tal proposito.
La ringrazio anticipatamente.
Cordiali saluti,
Elena Addomine
Dopo aver ricevuto questa lettera da New York, abbiamo immediatamente contattato il nostro Raffaele Aragona, che ci ha inviato il testo che segue. Ringraziamo la lettrice e l’ing. Aragona per averci fatto scoprire le suggestioni di questo numero “magico” (N.d.R).
3,141592653589793238462643383279502884197169399375105820974944 59230 è un numero con infinite cifre decimali che ha ispirato scrittori e artisti come Wislawa Symborska, Kate Bush e Darren Aronofsky, e ha dato luogo performance di vario genere.
Il giorno 15 cadono le “Idi di marzo” (anniversario dell’assassinio di Cesare), ma il giorno precedente, il 14 è dedicato a celebrazioni d’altro genere, che si riferiscono al “pi greco”, secondo un uso instaurato trentatre anni orsono negli Stati Uniti; sì, perché da quelle parti il 14 marzo è indicato con “3.14”, notazione che antepone il numero del mese a quello del giorno.
L’idea nacque nell’«Exploratorium» di San Francisco nel 1988 per iniziativa del fisico Larry Shaw e da allora, in varie università del mondo, si organizzano festeggiamenti d’ogni genere in onore del “dio” pi greco.
Matematicamente π è un numero irrazionale, che, cioè, non può essere espresso dal rapporto di due numeri interi e per secoli in tanti si sono accaniti nel tentativo di definirlo pienamente fino a provocare la singolare reazione di Albert Einstein «La matematica è il modo perfetto per prendersi in giro»; caso strano, lo scienziato era nato proprio il 14 marzo del 1879. In forma decimale, dopo la virgola, il numero ha infinite cifre che non presentano sequenze periodiche. Approssimato alla seconda cifra decimale, π è dato semplicemente da 3,14. Fermandosi alle prime 18, il numero si scrive 3,14159 26535 89793 238 e c’è chi ha composto una frase utile per memorizzarlo, associando a ciascuna parola il numero delle lettere che la compongono: «Ave, o Roma o Madre gagliarda di latine virtù che tanto luminoso splendore, prodiga, spargesti con la tua saggezza». In geometria il numero rappresenta il rapporto tra la misura della circonferenza e quella del suo diametro; la lettera greca è stata scelta proprio perché iniziale del vocabolo περιφέρεια che, appunto, rinvia alla circonferenza: alle scuole medie tutti ricordano di averlo usato anche per calcolare la superficie del cerchio (raggio al quadrato per 3,14).
Nonostante si tratti di due generi solitamente indipendenti e incommensurabili, la matematica può ben rivendicare un ruolo letterario pari a quello della poesia. A volte essi s’incontrano in maniera inaspettata: quando un poeta trova ispirazione nella matematica o un matematico ricorre alle poesie per le proprie formule. Un esempio illustre è dato dalla poetessa polacca Wislawa Szymborska che, nei versi iniziali di Liczba Pi (Pi greco), rende un singolare omaggio al numero citandone i primi 24 decimali inframmezzati nei versi iniziali di quel testo: Degno di meraviglia è il numero π, tre virgola uno quattro uno. / Le cifre seguenti sono ancora tutte iniziali, / cinque nove due perché il numero non ha mai fine (…). Szymborska prende il π come esempio di qualcosa che continua anche oltre l’eternità.
Poesia, ma anche musica. Si può far cenno alla canzone p di Kate Bush del 2005: parlando di un matematico ossessionato dalla ricerca delle cifre decimali, la Buch ne conta e canta quasi un centinaio. Daniel McDonald ha interpretato musicalmente il π associando un numero a ciascuna nota della “scala armonica minore di la” ottenendone una vera melodia. Neppure il cinema ha ignorato il π che completa il titolo del film Il teorema del delirio (1997) di Darren Aronofsky: anche qui il protagonista è un matematico alle prese con i segreti dei numeri, e in particolare del pi greco, che sarebbe in grado di far comprendere ogni cosa del nostro mondo.
Ancora in campo letterario, François Caradec, membro dell’Oulipo, è autore di Que j’aime à faire apprendre au π-éton Paris, un poema del 2002 su Parigi composto di 71 strofe nelle quali il numero dei versi segue l’ordine dei decimali di pi greco: 3 versi per la prima strofa, 1 per la seconda, 4 per la terza e così via. Senza dimenticare Italo Calvino, che nelle Cosmicomiche (1965) dice della scommessa sulla nascita dell’universo e della vincita ottenuta da Qfwfq avvalendosi del π.
Anche Carl Sagan, un astronomo-scrittore statunitense, si interessò del π; nel suo Contact (1985) la protagonista vuole convincere il mondo che all’interno dell’universo esiste qualcosa che si cela nelle cifre di quel numero. Un altro scrittore statunitense, Rudy Rucker, nel suo Pi in the sky (1983) narra del ritrovamento su di una spiaggia di un cono, sulla cui superficie laterale sono riprodotti segni corrispondenti alle cifre decimali del π e con un’enorme quantità di informazioni. Insieme a svariate opere d’arte, non mancano performance particolari come quella di Alexander Yec e Shigeru Kando che, nel 2013, con l’ausilio di un particolare computer, hanno individuato 12 mila miliardi di decimali; l’indiano Sharma Surech Kumar ha addirittura imparato a memoria le prime 70.030 cifre decimali, declamandole tutte in 10 ore e conquistando un Guinnes dei primati.
Questa è la poesia intera di Szymborska:
Degno di meraviglia è il numero pi greco
tre virgola uno quattro uno.
Le sue cifre seguenti sono ancora tutte iniziali,
cinque nove due, perché non ha mai fine.
Non si fa abbracciare sei cinque tre cinque con lo sguardo,
otto nove con il calcolo,
sette nove con l’immaginazione,
e neppure tre due tre otto per scherzo, o per paragone
quattro sei con qualsiasi cosa
due sei quattro tre al mondo.
Il più lungo serpente terrestre dopo una dozzina di metri s’interrompe.
Così pure, anche se un po’ più tardi, fanno i serpenti delle favole.
La fila delle cifre che compongono il numero Pi greco
non si ferma al margine del foglio,
riesce a proseguire sul tavolo, nell’aria,
su per il muro, il ramo, il nido, le nuvole, diritto nel cielo,
per tutto il cielo atmosferico e stratosferico.
Oh come è corta, quasi quanto quella di un topo, la coda della cometa!
Quanto è debole il raggio di una stella, che s’incurva nello spazio!
Ed ecco invece due tre quindici trecento diciannove
il mio numero di telefono il tuo numero di camicia
l’anno mille novecento settanta tre sesto piano
numero di abitanti sessanta cinque centesimi
giro dei fianchi due dita una sciarada e una cifra,
in cui vola vola e canta, mio usignolo
e si prega di mantenere la calma,
e così il cielo e la terra passeranno,
ma il Pi greco no, quello no,
lui sempre col suo bravo ancora cinque,
un non qualsiasi otto,
un non ultimo sette,
stimolando, oh sì, stimolando la pigra eternità
a durare.